Per il tempo di Quaresima: quale pane è spirito per l’uomo?

Quale pane è spirito per l’uomo?

19.02.2018
Pane e Spirito
Pane e Spirito
autori: Silvano Petrosino
formato: Libro
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La Quaresima è un tempo prezioso per nutrirsi della Parola di Dio. Il brano che segue, sulla prima delle tentazioni del diavolo a Gesù nel deserto, è tratto dal libro Pane e Spirito di Silvano Petrosino.

La scena delle tentazioni di Gesù nel deserto è nota. In essa si descrive il drammatico scontro tra due ‘maestri’ che si sfidano a colpi di citazioni: si tratta in effetti di due diversi modi di interpretare i segni, nello specifico di leggere le Sacre Scritture al fine di svelarne il senso. Come tentare un uomo come Gesù? Satana non ha dubbi: lo si può tentare solo con la Parola di Dio, attraverso la Parola di Dio e in particolare con il richiamo al bene che questa Parola non si stanca di proclamare. Da questo punto di vista le tre tentazioni narrate nel brano evangelico non stanno affatto sullo stesso piano; le prime due sono le più insidiose e potenti, mentre la terza – «adorami e possiederai tutti i regni del mondo» – è una sorta di carta disperata che il tentatore, sentendosi ormai sconfitto, gioca non sapendo più che fare: infatti, come si può pensare che un uomo come Gesù si lasci convincere dal potere e dalla ricchezza di questo mondo? Satana, dunque, tenta Gesù non tanto spingendolo verso il male quanto  piuttosto sollecitandolo a non esitare un istante a compiere il bene; ed è proprio in tale sollecitudine che si nasconde la trappola. 

Dopo quaranta giorni di digiuno Gesù ha fame; lo ‘spirito del mondo’, che conosce la forza del bisogno e la densità ontologica del ‘mio’, ma che al tempo stesso sa anche che l’uomo non è mai riducibile ai suoi bisogni, sfrutta la circostanza e propone al ‘Figlio dell’uomo’ di non perdere tempo facendo del pane il solo spirito dell’uomo. In effetti la vera posta in gioco in una simile proposta non è rappresentata tanto dalla particolare fame di Gesù, dal suo bisogno, quanto piuttosto, attraverso di essa, dalla fame di tutti gli uomini; Satana non sta parlando del pane per Gesù ma del bene per tutti gli uomini; è come se dicesse: «trasformando le pietre in pane Tu farai del bene, ma non solo e non soprattutto a Te, ma a tutti gli uomini». L’astuzia diabolica sta precisamente in questo: per fare del pane il solo spirito dell’uomo è necessario ‘rivestirlo’ del bene per tutti gli uomini. Il pane viene così interpretato/presentato, diabolicamente, come la garanzia stessa della ‘felicità umana’. A questa interpretazione Gesù ne oppone un’altra: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Non si finirà mai di interrogarsi su queste poche parole; nei limiti del ragionamento fin qui sviluppato, è forse sufficiente osservare che la risposta di Gesù rinvia a Dio, a tutto ciò che proviene da Lui, per la precisione: a tutte le Sue parole, come all’unico nutrimento all’altezza del modo d’essere dell’uomo. Allo ‘spirito del mondo’ che vuole fare del pane il tutto dell’uomo, il ‘Figlio dell’uomo’ risponde facendo dello Spirito di Dio il vero ‘pane’ dell’uomo: qualsiasi altro nutrimento che non provenga da Dio magari aiuterà momentaneamente l’uomo, gli darà una qualche soddisfazione, lo farà persino per un po’ sopravvivere, ma infine lo farà ammalare e morire (è il destino dell’idolo: non cade subito, per un po’ regge e sostiene, ma alla fine crolla).

Nonostante tutto, nonostante l’innegabile debolezza e bisogno di pane, nonostante la desolazione del deserto, Gesù dunque non indietreggia e non esita un istante a rendere testimonianza all’uomo, a onorare il suo esclusivo modo d’essere: neppure un uomo affamato e stanco vive di solo pane. Solo ciò che esce dalla bocca di Dio coltiva e custodisce quell’essere spirituale che è l’uomo: solo Dio è il ‘pane’ dell’uomo. Satana, dicevo, ha fretta; egli, che conosce la natura dell’uomo e la forza del bisogno, sa che la fame di pane è un alleato formidabile; è come se dicesse: «Non ci vuole nulla; per te, che ti dici Figlio di Dio, è una sciocchezza, fai immediatamente il bene, trasforma queste pietre in pane e non solo potrai subito sfamarti, ma soprattutto renderai subito tutti gli uomini felici». Gesù gli risponde non cadendo nella trappola del miracolismo, di quell’immediatezza magica il cui fascino principale sta esattamente nel far credere che la fede e la libertà, con i loro tempi sempre drammatici e giocoforza lunghi (il coltivare- e-custodire impone un tempo lungo, irriducibile all’istante della magia), siano del tutto inutili. In questo confronto con il tentatore non si tratta dunque di una sorta di elogio dello spirituale contro il materiale, dell’interiorità contro l’esteriorità, di una difesa della superiorità dello spirito contro le bassezze del pane, quanto piuttosto dell’opposizione tra due modi di interpretare (come si addice a un autentico scontro tra due ‘maestri’ delle Scritture) sia il pane che lo spirito: il tentatore vuole trasformare lo spirito in cosa, Gesù insiste nel leggere nel pane un segno. In fondo è proprio questo il cuore del tesissimo confronto che si svolge nel deserto, quando non a caso Gesù ha fame, certamente anche di pane: quale pane nutre quell’essere spirituale che è l’uomo, quale pane è spirito per l’uomo? 

Gesù non cade nella tentazione di trasformare il segno in cosa; Egli insiste nel rendere testimonianza all’aperto che contraddistingue il modo d’essere dell’uomo; Egli non si fa imprigionare nel ‘mondo’ della sua fame e dei suoi bisogni, che tuttavia, come per ogni uomo, lo assillano e attendono di essere soddisfatti. Ma allora, di che cosa è segno il pane? O meglio: di che cosa parlano le parole che escono dalla bocca di Dio e che nutrono l’uomo? Il logos biblico non fa che ripeterlo: esse parlano essenzialmente di giustizia e carità, è cioè, più che di spirito, ancora una volta di pane, ma del pane da offrire all’orfano e alla vedova, al povero e allo straniero. Ecco un capovolgimento che può sorprendere solo coloro che hanno occhi per non vedere e orecchi per non sentire: il Dio biblico, infatti, parla senza dubbio più di pane che di spirito, anche se ogni volta [...] si tratta di quel pane che diventa spirito proprio perché viene offerto e condiviso: pane spirituale in quanto segno di giustizia e carità. Le parole che escono dalla bocca di Dio, le uniche che a parere di Gesù coltivano-e-custodiscono quell’essere spirituale che è l’uomo, le uniche che lo lasciano aperto e non lo chiudono, non hanno dunque a che fare con le rarefatte atmosfere del sublime o con l’apertura nel cielo di intense visioni mistiche, ma con il pane, più precisamente con il pane offerto al povero e all’abbandonato. Questa è infatti la chiara risposta che smaschera il tentatore: egli, come ogni sedicente realista, si concentra sul pane, dichiara di volersi concentrare sul pane sempre e solo per il bene di tutti gli uomini, ma se di pane si tratta, se proprio del pane si vuole discutere – così gli obietta la sapienza che Satana cita al solo scopo di pervertirla e trasformarla in una tentazione – allora si deve parlare del pane offerto e condiviso; ecco il punto essenziale: trasformare magicamente le pietre in pane non significa di per sé offrire e condividere, non significa accogliere il dono come dono, non significa coltivare-e-custodire la giustizia e la carità.
 

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