Gli insegnanti in Italia: radiografia di una professione

Gli insegnanti in Italia: radiografia di una professione

26.04.2018
Gli insegnanti in Italia
Gli insegnanti in Italia
autori: Maddalena Colombo
formato: Libro
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Maddalena Colombo insegna Sociologia dell’educazione e Sociologia delle disuguaglianze e delle differenze presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica, è direttrice del CIRMiB (Centro di Iniziative e Ricerche sulle migrazioni - Brescia) e del master in Competenze interculturali. Membro del comitato scientifico del Research Network Sociology of Education dell’European Sociological Association, da anni si occupa di processi migratori, sistemi scolastici e formazione degli insegnanti, anche collaborando con il MIUR, la Fondazione ISMU e l’Associazione OPPI. Un lungo curriculum che associa studio ed esperienza sul campo. L’abbiamo incontrata per farci raccontare il suo ultimo libro Gli insegnanti in Italia. Radiografia di una professione.

Anche gli insegnanti vanno studiati? Certamente, e non da ora. Il nostro Dipartimento di Sociologia ha una lunga tradizione di studi su questo argomento che negli anni ha messo a fuoco, tra ricerca empirica e riflessione teorica, il rapporto tra insegnanti e mutamento sociale. Il mio libro nasce dalla volontà di riassumere per un pubblico non solo specialistico i dati più salienti e di fare una “radiografia” di questa professione, che purtroppo segue solo e non anticipa mai il mutamento sociale.

Quali sono le maggiori difficoltà di questa professione oggi? L’insegante lavora con un gruppo, con una classe, non con un individuo. In una società che ha messo l’individualismo al primo posto non è scontato questo primo punto, perché significa che l’insegnante di oggi deve partire da zero nel costruire alcune dinamiche che sembravano scontate. Inoltre il blocco degli stipendi che dura da molti anni ha provocato un impoverimento economico degli insegnati che non incoraggia la professione, anche se la situazione è in linea con la generale crisi economica di tutta la società.

Nel libro parla di “parabola del prestigio dell’insegnante”: è vero che è un mestiere che ha perso credito nella società? Sicuramente l’insegnante non è più sul piedistallo e non ha la stessa autorevolezza di un tempo, non è più espressione di una élite che istruiva la massa, perché la massa oggi si istruisce da sola. Il concetto stesso di massa è tramontato. C’è una crisi generalizzata delle professioni: medici, avvocati, magistrati, deputati… il professionismo in sé è messo in discussione. In questo contesto c’è da dire però che l’insegnante è oggetto di un “discredito particolare” perché è una categoria più sotto attacco di altre, un fatto che provoca un’insicurezza in tutta la categoria e un ripiegamento su se stessi non salutare.

Cosa sbagliano, se sbagliano i professori a scuola e cosa è più difficile: coinvolgere i ragazzi o districarsi nelle riforme e nella burocrazia? Le dico due parole: autoreferenzialità e arroccamento. Essere al di sopra o al di fuori dal gruppo significa che solo i ragazzi comandano e che l’insegnante si isola. Gli insegnanti e gli studenti sono invece un tutt’uno, ma è un insieme che oggi funziona se si attivano processi di apprendimento creativo. Lo schema “preparo un argomento, lo spiego e poi ho finito” non funziona più, perché spesso gli studenti sanno già cosa si sta per dire o lo trovano online. Allora è il modo in cui si spiega, in cui li si coinvolge, in cui li si ascolta che fa la differenza.
Riguardo la burocrazia è vero che i compiti organizzativi per l’istituto sono gravosi per chi li porta avanti, ma il problema è che spesso non è un processo condiviso e quindi l’onere ricade su pochi e spesso sui soliti, acuendo i dissidi e penalizzando le sinergie tra docenti.

Lei si occupa anche di immigrazione da vicino (si vedano ad es. gli annuari CIRMIB) e spesso si sentono varie polemiche sui giornali per classi multietniche difficili da gestire, cosa ne pensa? Penso che gli studenti immigrati siano una risorsa. Hanno tenuto aperti presidi scolastici che con il calo della natalità sarebbero già chiusi da tempo. Sono inoltre gli studenti più rispettosi del ruolo dell’insegnante. Apparentemente frenano il ritmo della classe nell’apprendimento, ma in realtà “aprono” nuove strade, formule, pensieri, valori fondamentali come quello dell’integrazione.

Cosa ne pensa del percorso formativo e della varie riforme per diventare insegnanti? Penso che la cosa più assurda è che non siano mai stati consultati. Questo accade perché sono poco rappresentati nelle varie agency e loro stessi fanno fatica a fare gruppo perdendo così molte occasioni di contare nelle decisioni importanti.

La scuola italiana è al tramonto così come l’abbiamo conosciuta? No, affatto. Pensi che gli asiatici ci invidiano proprio la scuola. Abbiamo molta credibilità all’estero, anche se facciamo fatica a percepirla, ma la nostra scuola regge anche se può fare un balzo in avanti per migliorare utilizzando alcune leve fondamentali, come il controllo della qualità degli insegnanti o il puntare sulla credibilità che va di pari passo con l’autorevolezza.

Su questo punto vengono in mente i vari episodi di bullismo sugli insegnanti riportati dai giornali… gli insegnanti sono ancora in grado di difendere la loro autorità in classe? In presenza di segnali che indicano la distanza psicologica, il disinteresse o il comportamento provocatorio degli allievi, viene messo alla prova il carisma del docente: nell’impatto con altri valori, altri modelli, aspettative non congruenti, molti docenti rischiano di apparire non autorevoli. All’insegnante tocca quindi rendersi credibile, cioè confermare tutti i giorni che possiede una conoscenza utile per gli allievi, oltre a un rigore morale e a un attaccamento autentico al suo mestiere e a loro.

Gli studenti seguono i propri insegnanti non perché provano una soggezione reverenziale o ne temono le reazioni punitive, ma se il professore è ritenuto una persona su cui poter contare e a cui poter credere, un punto fermo nel mezzo di un turbine di messaggi contraddittori e ridondanti che arrivano dalle più svariate fonti. La credibilità è alla base dell’autorevolezza, ed è un punto delicato, che richiede uno sforzo quotidiano e una capacità di “cura del prossimo” tra colleghi nei casi in cui ci siano difficoltà personali.

Un consiglio agli eroici che vogliono diventare degli insegnanti? Allenate lo sguardo lungo e rimanete idealisti. La scuola ha bisogno di chi sogna. Come ho scritto è un mestiere delicato per persone ispirate, dal loro lavoro dipende molto del futuro della società.

a cura di Velania La Mendola
 

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