Pinocchio e la fuga impossibile dal «legno storto dell’umanità»
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Le avventure di Pinocchio, famosa opera letteraria di Carlo Collodi, è analizzata da una prospettiva giusletteraria, mettendone in risalto gli aspetti di maggior rilevanza da un punto di vista giuridico. Oltre a contenere accurate descrizioni di numerosi reati e forme di vittimizzazione, il libro può essere letto come un’ampia metafora della relazione che ogni essere umano intrattiene col proprio corpo e più in generale con tutte le limitazioni proprie della condizione umana. Il protagonista del romanzo (appunto un burattino ‘di legno’) è dunque analizzato nella sua costante fuga da questa condizione e nella conseguente negazione di tali limitazioni. Dalla storia del burattino si può trarre l’insegnamento che gli individui dovrebbero imparare ad accettare i limiti intrinseci alla loro natura, così come quelli propri della vita associata e, specularmente, che governi e istituzioni statuali non dovrebbero perseguire politiche e regolamentazioni eccessivamente paternalistiche o ‘perfezionistiche’, che ignorino il connaturato «legno storto dell’umanità»: le leggi dovrebbero, cioè, essere configurate in modo tale da adeguarsi in una certa misura a questa realtà e, in conseguenza, ai rischi sempre impliciti nella libertà. Biografia dell'autoreGabrio Forti, professore ordinario di Diritto penale e Criminologia, è preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del S.C. di Milano e Direttore del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale della stessa Università. |
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