Francesco, il papa americano

Francesco, il papa americano

Il brano che riportiamo è tratto dal libro Francesco il papa americano, dal capitolo scritto da Silvina Pérez che racconta la storia di Jorge Maria Bergoglio in Argentina, dall'infanzia alla predicazione da vescovo nella città labirintica di Buenos Aires. 

Nella poetica di Jorge Luis Borges, l’immagine del labirinto costituisce un’allegoria della complessità del mondo, la cui intelligibilità non è afferrabile attraverso la sola ragione. Borges sembra quasi ossessionato dalle situazioni labirintiche, ossia difficili, complicate e apparentemente prive di logica. Il labirinto è un luogo letterario, un mito 

La Buenos Aires di Bergoglio è un labirinto, ma anche il centro metafisico di una nuova rilettura della pietà. Nelle viscere di questa capitale a forma di ragnatela ci sono le gallerie della metropolitana, grazie alle quali tutti i punti della città diventano raggiungibili; in superficie, invece, la metropoli appare sempre più un labirinto inestricabile d’immagini, un magma che cancella dell’antichità, è la metafora della condizione umana e dell’inferno, ma nell’epoca delle megalopoli postmoderne è anche una palestra per allenarsi a camminare nelle nuove città, divenute, letteralmente, deserti di contraddizioni.

A Bergoglio non sfuggono le moltitudini invisibili che abitano il disagio urbano, i movimenti silenziosi dell’esercito dei cartoneros (donne, bambini e uomini) che escono all’imbrunire per raccogliere cartone e altri avanzi riciclabili nelle avenidas dell’opulenza. Per decenni ha visto mescolarsi nelle villas miseria le cabecitas negras – definizione nata negli anni Quaranta, con l’arrivo del peronismo al potere e la migrazione di massa dei lavoratori del Nord ai margini della capitale – ossia gli argentini delle province povere del Nord oppure i boliviani o i paraguaiani.identità e tracce, un insieme di situazioni eterogenee e di punti distanti tra loro che non riescono ad aggregarsi. Nella città ci si perde.

Bergoglio non ha mai guardato la realtà dalla prospettiva di Plaza de Mayo, sede della cattedrale e del palazzo di governo, ma sempre e solo dai luoghi quotidiani che rappresentano un segno dei tempi; è da lì che secondo padre Jorge i cristiani devono partire, specialmente da quel luogo particolare che è il volto del prossimo. Per ritrovare il filo della misericordia ha maturato qui la sua idea di Chiesa come «ospedale da campo», prendendo la croce per districarsi nel labirinto della città e capovolgendo lo sguardo per ridisegnarne i profili.

Da vescovo va a celebrare messa nelle piazze delle stazioni. Conosce i quartieri, le parrocchie, le linee del subte (la metropolitana) e gli itinerari dei bus. Ogni anno Bergoglio celebra una messa per tutte le vittime del traffico di esseri umani nella Plaza de la Constitución, a pochi passi dalla stazione ferroviaria dove ogni giorno migliaia di persone arrivano dagli agglomerati urbani periferici per poi tornare a casa a sera tarda, spesso dopo una giornata di duro lavoro mal retribuito. È l’anello di congiunzione tra l’infinita città e la provincia. […] Plaza Constitución è la porta obbligata per chi viene dal Sud e dal Sudovest. Ma c’è anche chi là ci vive. È la gente de la calle, il ‘popolo della strada’: senzatetto, disoccupati, tossicodipendenti, migranti in attesa di essere reclutati da un ‘caporale schiavista’. E, soprattutto, prostitute: una folla di ragazze, spesso minorenni, si vende fin dal primo mattino. Impossibile non vederle.

Dal 2009, Bergoglio sceglie di celebrare proprio su questa emblematica piazza la messa dedicata alle vittime di tratta e traffico di esseri umani. […] Racconta Federico Wals, portavoce del cardinale Bergoglio: «è la piazza dove le prostitute schiave si vendono a ogni ora del giorno e della notte. Tutta la città le vede, nessuno le guarda. Il cardinale voleva lanciare un messaggio forte a tutti i cittadini, cattolici e non cattolici».

Quel mezzo milione di esseri umani (secondo la stima più cauta), donne, uomini e bambini, vengono sfruttati nei laboratori costruiti negli scantinati che producono a bassissimo costo abiti per le grandi marche, nei postriboli illegali, nella raccolta di fragole, nella coltivazione di soia. Dice Gustavo Vera, che durante la crisi del 2001 aveva creato la fondazione Alameda per la lotta alle moderne schiavitù: «[…] Solo a Buenos Aires ci sono tremilacinquecento laboratori tessili clandestini che sfruttano trentamila persone. Il punto è che se ne parla poco. Perché dietro la tratta, il traffico, la schiavitù moderna si nascondono grandi mafie. Solo il cardinale aveva il coraggio di denunciarlo pubblicamente. […] Gli scrivemmo una lettera, a mano, tanto non pensavamo ci rispondesse. E invece...»

E invece il cardinale Bergoglio fissa subito un incontro. Spiega Vera: «Appena entrammo, ci domandò: “Ditemi come posso aiutarvi”. Gli dicemmo che non eravamo un’organizzazione cattolica, che il nostro obiettivo era lottare contro lo schiavismo e la tratta di essere umani e che volevamo il supporto della Chiesa. “Cosa devo fare?” ci chiese Bergoglio. Nulla lo stupiva, era al corrente di ogni cosa e proprio in quel periodo stava cominciando a familiarizzare con il tema dello schiavismo. E così organizzammo una serie di sette messe. Da quel giorno ci ha sostenuti in ogni modo possibile. Quando gli segnalavamo il caso di un ex schiavo riscattato, lo incontrava e non si limitava a dirgli qualche bella parola. Si preoccupava per la sua sicurezza, gli cercava un posto dove stare, lo chiamava per sapere se aveva bisogno di qualcosa».

[…] Una messa del 2009 segna un punto di svolta, poiché viene celebrata in occasione dell’anniversario della Convenzione internazionale dei diritti dei lavoratori migranti, organizzata dalle suore Oblate del Santissimo Redentore, dalle parrocchie del decanato Boca-Barracas-Constitución e dal Dipartimento per le migrazioni dell’arcivescovado di Buenos Aires. Aderiscono anche la Fondazione Alameda e il Movimento dei lavoratori esclusi, organizzazioni che avevano denunciato casi di sfruttamento e tratta di persone in laboratori tessili clandestini e postriboli. Il momento culminante della celebrazione eucaristica è quando un raccoglitore di cartoni si avvicina con il suo carretto all’altare eretto in Plaza Constitución per ricevere la benedizione del cardinale. Un gruppo di donne consegna come offerta una borsa confezionata dalle sarte riscattate dai laboratori clandestini e una rete con fotografie di donne scomparse, finite in mano a organizzazioni che controllano la prostituzione. «Continuiamo a cercarle, vogliamo trovarle vive» dicono. […]

Francesco è il primo papa che viene da una megalopoli dell’emisfero sud. Le altre megalopoli sono difficilmente paragonabili alla Buenos Aires dove Jorge Bergoglio è cresciuto, caratterizzata innanzitutto dalla cultura europea e considerata nell’Ottocento la Parigi dell’America Latina. La città dove poi ha operato come vescovo invece è l’altra Buenos Aires, quella che a partire dagli anni Settanta è stata scenario di fondamentali processi di mutamento economico e culturale. Il passaggio da città a megalopoli ha rappresentato un cambiamento di passo anche pastorale, rafforzando convinzioni maturate in una società investita in profondità dalla globalizzazione.

Consapevole dei drammi dell’esclusione degli invisibili tra gli invisibili, Bergoglio comincia col denunciare la tratta e lo sfruttamento del lavoro, poi associa a questi fenomeni la corruzione, le tangenti, il riciclaggio, introducendo osservazioni su come si connettano queste reti perverse tra di loro; infine parla di mafia. È come se lui stesso avesse acquisito conoscenze e consapevolezze nuove grazie agli incontri personali con le vittime. […] È dall’omelia del 4 settembre 2009 che questo aspetto pastorale di Bergoglio si rafforza e acquista forma. Le sue messe, le omelie e le processioni di Plaza Constitución su un altare improvvisato, all’aperto, in un luogo di passaggio, da quel momento in poi faranno storia.

Ecco di seguito il testo dell’omelia per le donne salvate dalle reti della prostituzione, le vittime dello sfruttamento sul lavoro, i cartoneros e le sarte uscite da laboratori clandestini.


La parola di Dio è forte. È Dio che ci dice: «Grida a squarciagola, non aver riguardo. Come una tromba alza la voce; dichiara al mio popolo i suoi delitti». Non aver paura. Non aver paura di dire la verità anche se la verità fa male. Benché ci vergogniamo, oggi ci uniamo per riconoscerci gli uni gli altri. Per guardarci in faccia e dirci: «Tu hai dignità, e te la vogliono togliere». E gridare. Oggi ci riuniamo per sentirci più forti perché in questa città in cui viviamo ci vogliono indebolire, ci vogliono togliere la forza, ci vogliono rubare la dignità[…].

E oggi siamo venuti a guardarci in faccia per dirci l’un l’altro: «Se tu lotti, se io lotto con te, se ci guardiamo e lottiamo insieme, ci saranno meno schiavi». Lo scorso anno vi ho detto che in questa città di Buenos Aires, e lo dico con grande dolore, ci sono quelli che in questo sistema che è stato creato “ci entrano”, e quelli che “avanzano”, quelli che “non ci entrano”, per i quali non c’è lavoro, né pane né dignità. E quelli che “avanzano” sono il materiale di scarto perché anche in questa città di Buenos Aires si “scartano” le persone e siamo pieni di “buchi esistenziali”, di uomini e donne che sono disprezzati…

«Non ha da dire nient’altro, padre?». Sì. Una cosa ancora più brutta: questi uomini e donne, bambini e bambine, che “non ci entrano”, che sono materiale di scarto, che sono disprezzati, vengono trattati come merce. Sono oggetto di tratta. E oggi possiamo dire che in questa città, con i laboratori clandestini, con i cartoneros, il mondo della droga, il mondo della prostituzione, esiste la tratta delle persone. Per questo la parola di Dio ci dice: «Grida a squarciagola, non aver riguardo», e io oggi dico: «Gridiamo a squarciagola, non abbiamo riguardo». No alla schiavitù. No a quelli che “avanzano”. No ai bambini, agli uomini e alle donne come materiale di scarto. È la nostra carne a essere in gioco! È la nostra carne a essere venduta! È la stessa carne che ho io, che hai tu, a essere in vendita! E non ti commuovi per la carne di tuo fratello? «No, perché non è uguale a me…». È tuo fratello, è la tua carne.

Oggi Dio ci dice la stessa cosa che ha detto a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Lo aveva ucciso. E Caino, con grande cinismo, gli risponde: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». Questa grande città di Buenos Aires molte volte risponde così! «Che m’importa, devo forse occuparmi di tutto? ». È tuo fratello, è la tua carne, è il tuo sangue! Siamo diventati duri, abbiamo perso il cuore.

Buenos Aires si è dimenticata di piangere perché vende i suoi figli. Buenos Aires si è dimenticata di piangere perché esclude i suoi figli, Buenos Aires si è dimenticata di piangere perché schiavizza i suoi figli… E oggi ci guardiamo in faccia. Qualcuno potrà dire: ora il prete ci dirà di pregare. L’unica cosa che vi dico oggi è: guardiamoci in faccia, riconosciamo nel nostro fratello la dignità e lottiamo perché questa dignità sopravviva. E apriamo il cuore al pianto, a quel pianto che chiede perdono per il crimine della tratta delle persone. E non sto inventando cose, perché ho ascoltato quello che mi hanno raccontato: laboratori clandestini, minori costretti alla prostituzione, traffico di droga… Tutto quel mondo delle mazzette che copre e permette che ciò sia possibile. Allora, fratelli e sorelle, stiamo vicini gli uni agli altri. Tutti abbiamo qualcosa da dare gli uni agli altri. Lottiamo insieme perché questa città riconosca dov’è caduta… e pianga, e si corregga… e ci sia giustizia. Insieme diciamo che vale la pena lottare perché a Buenos Aires non ci sia più schiavitù... […].

Perché questo è ciò che Dio ci chiede oggi: «Grida a squarciagola, non aver riguardo. Come una tromba alza la voce». E rimproveriamo chi inventa questa infernale macchina di esclusione, questa infernale macchina di scarto della gente, rinfacciamogli la sua condotta, e chiediamo a Dio di cambiare il suo cuore. E a noi che desideriamo lottare per questo, Dio continui a dare la forza e il coraggio affinché Buenos Aires pianga per la sua ingiustizia, pianga per la sua mondanità, pianga perché è diventata madre di schiavi.

Che Dio ci conceda la grazia di questa coscienza e della luce. Così sia.

 
Francesco, il papa americano Francesco, il papa americano
Anno: 2017
La sera del 13 marzo 2013 si capì subito che il nuovo papa era davvero un papa nuovo. Jorge Mario Bergoglio era infatti quasi uno sconosciuto, ma in pochi minuti i media d’ogni parte del mondo sottolinearono che per la prima volta il pontefice era un americano, per la prima volta era un gesuita, per la prima volta aveva preso il nome di Francesco.
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