Filosofia
Platone e la scrittura della filosofia. Analisi di struttura dei dialoghi della giovinezza e della maturità alla luce di un nuovo paradigma ermeneutico

Anno:
1992
Thomas Alexander Szlezak (1940) professore di filosofia classica nell’Università di Tubinga – già ben noto per la sua edizione (con traduzione e commentario) dei due scritti sulla dottrina delle categorie giuntici sotto il falso nome del pitagorico Archita di Taranto (1972) e per il suo libro su Plotino (1979) – con questo suo Platone (1985) presenta il contributo forse più significativo e importante venuto dalla Germania, dopo quelli pubblicati da Kramer e da Gaiser.
Szlezak prende le mosse proprio da quello che era stato il punto di partenza di Schleiermacher, che ha inaugurato il paradigma ermeneutico che ha dominato per intero l’età moderna, vale a dire il finale del Fedro con il giudizio che Platone da della scrittura, e reinterpreta i dialoghi platonici fino alla Repubblica, proprio basandosolo su di essi. Ma, proprio lavorando in questo modo, mediante rigorose, coerenti e consistenti analisi di struttura, egli capovolge il paradigma schleiermacheriano e guadagna in una maniera assai cospicua il nuovo paradigma ermeneutico, che da molte parti e per varie ragioni sta imponendosi come paradigma alternativo a quello che è stato fino a pochi anni fa predominante. L’analisi di stuttura dei dialoghi platonici dimostra che essi non sono concepiti come opere autarchiche, ma che rimandano sempre a qualcosa di ulteriore: non solo una parte di dialogo rimanda all’altra, e un dialogo, per certe sue parti o anche nel suo complesso, rimanda ad un altro, ma tutti i dialoghi rimandano, superando i loro stessi confini, alla filosofia orale di Platone. Come diceva Schleiermacher, la forma del dialogo è davvero essenziale per il suo contenuto; ma proprio questa sintesi di forma e di contenuto del dialogo platonico rimanda, strutturalmente, sempre al di là del dialogo.
Szlezak dimostra, in modo penetrante e convincente, come e perché i dialoghi non contengano tutto Platone e come e perché essi presuppongano da «la strada più lunga» dell’oralità. Ma egli dimostra altresi come Platone abbia potuto definire come insufficente ciò che è stato da lui affidato alla scrittura, proprio e solo sulla base delle concezioni da lui guadagnate appunto per quella «strada più lunga» dell’oralità.
€ 41,00
Pensare l'Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi

Anno:
1992
Werner Beierwaltes (1931) è, a livello internazionale, uno dei maggiori conoscitori ed interpreti del Platonismo e del Neoplatonismo, e in particolare della storia degli influssi che hanno avuto nel mondo antico, nel Medioevo, nel rinascimento e nell’età moderna e in quella contemporanea. Le sue opere maggiori sono state tradotte in Italiano soprattutto dal “Centro di ricerche si Metafisica” dell’Università Cattolica. Nel 1988 è stato tradotto e pubblicato Proclo, con introduzione di G.Reale (l’opera ha avuto subito un notevole successo e nel 1990 è stata pubblicata una seconda edizione). Nel 1989 è stato tradotto e pubblicato Identità e Differenza, con introduzione di A. Bausola nella collana parallela a questa. Pensare l’Uno, che ora presentiamo, è l’opera più ricca, più densa e più impegnata di Beierwaltes. Egli cerca di spiegare come il Neoplatonismo, su fondamenti platonici, abbia sviluppato tipi di concetto di unità, che, direttamente o indirettamente, sono stati determinati nella storia della teologia cristiana fino al Rinascimento, e altresi nella metafisica moderna. Beierwaltes è convinto dell’attualità del modo di pensare neoplatonico. Egli non si propone, però, di presentare e imporre quel modo di pensare, ma cerca piuttosto di dimostrare a fondo come, nonostante le differenze, esistano alcuni punti di contatto essenziali con il Neoplatonismo in tutti i momenti della storia della metafisica occidentale. Il Neoplatonismo, di conseguenza, si impone per chiunque pensi filosoficamente come punto di riferimento irrinunciabile. Quest’opera appare, oggi, come la più significativa e stimolante in tale settore.
€ 29,00
Teologia cosmica e metacosmica. Per una nuova interpretazione dei dialoghi perduti di Aristotele

Anno:
1991
Da alcuni lustri, ormai, la celebre interpretazione che Werner Jaeger aveva dato di Aristotele – la quale adottava come canone ermeneutico la sua evoluzione spirituale, che sarebbe partita dalla teologia, sarebbe passata attraverso la metafisica dell’essere per giungere alla fine al modello della scienza empirica di stampo quasi positivistico –, non solo è caduta in crisi, ma viene oggi giudicata (pur avendo avuto in passato un grande successo) decettiva e errata sotto molti aspetti, soprattutto perché è risultata essee priva di adeguati fondamenti storici.
Tuttavia la convinzione che le opere pubblicate da Aristotele fossero giovanili, ha resistito e continua ad essere ripetuta.
Nella grande edizione dei frammenti delle opere perdute di Aristotele pubblicata da O.Gigon nel 1987 si rompe, finalmente, questo schema. Gigon sostiene, infatti, che, in ogni caso, posto anche che queste opere pubblicate fossero giovanili (cosa che peraltro non è né dimostrabile, né verosimile), resterebbe pur sempre vero che fino alla sua morte Aristotele ha considerato i suoi dialoghi espressione adeguata del suo pensiero.
Bos si era avviato su questa linea già prima di Gigon, in una serie di articoli, e in questo libro, basandosi soprattutto su un dialogo centrale, l’Eudemo o sull’anima, mostra come le opere pubblicate contenessero un aspetto del pensiero di Aristotele, senza il quale non si comprendono, se non parzialmente, le opere di scuola non pubblicate, che ci sono pervenute e sulle quali esclusivamente ci siamo sempre basati.
Nelle opere di scuola Aristotele non ripudiava affatto le cose che aveva scritto in quelle pubblicate, ma seguiva un diverso metodo, complementare a quello seguito nelle altre.
Egli distingueva due livelli di discorso: quello che ha le sue radici nell’antica tradizione dei teologi, che fa uso del mito ed esprime anche convinzioni di fede metarazionali, e quello fondato sull’esperienza e sulla pura ragione. Ma, come Platone, Aristotele ha proposto una corrispondenza fra ciò che può essere detto muovendosi su questi due piani: la filosofia dovrebbe intendersi come una dimostrazione razionale di quella prospettiva trascendente in cui il filosofo pone la sua fede. Come i dialoghi platonici non si intendono perfettamente senza le sue dottrine non scritte tramandateci dalla tradizione indiretta, così, analogamente, sia pure in differente misura e in differente rapporto, le opere di scuola di Aristotele pervenuteci non si intendono appieno senza ricuperare il senso di fondo di ciò che egli ha detto in quelle pubblicate, che noi oggi possiamo ricuperare solo per frammenti, ma che vengono ad avere una importanza essenziale.
Questa di Bos è un’opera nuova, alla quale dovrà fare necessario riferimento ogni studioso di Aristotele, e apre molte prospettive che promettono di essere assai feconde.
€ 28,00
Ripensando Platone e il Platonismo

Anno:
1990
La posizione della de Vogel è fra le più interessanti nel quadro generale del mutamento del...
€ 22,00
Proclo. I fondamenti della sua metafisica

Anno:
1990
Werner Beierwaltes (1931), professore di filosofia presso l'Università di Monaco di Baviera, è oggi uno degli interpreti più significativi e più profondi del pensiero neoplatonico e della storia dei suoi influssi nell'ambito del pensiero occidentale. Il suo Proclo che presentiamo (1965; 1979), si è imposto fin dal suo primo apparire come un punto di riferimento irrinunciabile non solo per la profonda e ampia conoscenza dei testi su cui è basato, ma altresì per l'intelligente ricostruzione delle linee teoretiche e per l'incisiva e chiara delineazione di una nuova immagine globale del pensiero procliano. In modo particolare, Beierwaltes smantella tutta una serie di pregiudizi empiristici, positivistici e razionalistici, che nel secolo scorso e nella prima metà del nostro hanno provocato un vero e proprio «rigetto» e quindi hanno prodotto una «dimenticanza» storica e teoretica di un capitolo essenziale del pensiero filosofico occidentale. Il pensiero procliano, che Beierwaltes definisce sinteticamente come «sistema ontologico dell'identità» e analizza nella sua complessa articolazione relazionale e dinamica (incentrata in una struttura generale e particolare rigorosamente triodica), viene così ad imporsi nella sua autentica statura teoretica e nella sua cospicua dimensione metafisica. Il lettore, meditando le pagine di questo libro, potrà comprendere bene anche le ragioni della grande ammirazione di Hegel per Proclo e le corrispondenze formali fra la triade dialettica hegeliana e la triade metafisica procliana. Beierwaltes ha studiato e approfondito gli sviluppi storici degli influssi del Platonismo in due altri suoi capolavori, già tradotti in italiano: Identità e differenza (1980), già pubblicato nella collana «Metafisica e storia della metafisica» del «Centro di Ricerche di Metafisica», parallela a questa (1989). Pensare l'Uno (Denken des Einen, 1985), che verrà pubblicato in questa stessa collana. Ricordiamo che in italiano è stato tradotto anche Platonismo e Idealismo, Il Mulino, Bologna 1987.
€ 27,00
L' Uno e i molti

Anno:
1990
Il volume nasce da una ricerca promossa, fra il 1987 e il 1989, dal Dipartimento di Filosofia e dal Centro di Metafisica dell'Università Cattolica. Può essere considerato come seguito naturale di una precedente ricerca sul tema dell'identità e della differenza, i cui risultati furono raccolti in questa stessa collana col titolo La differenza e l'origine. Si trattava allora di ripercorrere la via metafisica del fondamento, senza tuttavia perdersi nell'asserto di una indifferenziata identità dell'origine: se è vero, infatti, che il molteplice della differenza non può costituirsi senza una radicale e ricorrente identità, è anche vero che l'identità dell'ultimo fondamento non può essere pensata senza un suo differire. In questa prospettiva, la tematica dell'identità?differenza si traduce dunque anche in quella dell'Uno e dei molti. Il cammino iniziato in tal senso da Platone è stato al riguardo quanto mai decisivo per l'anima dell'Occidente. «Tutta quanta la filosofia - diceva Hegel - non è altro che lo studio delle determinazioni dell'unità». Si pensi in particolare al percorso teoretico che da Plotino sale sino al pensiero contemporaneo: da Proclo ad Agostino, da Dionigi Areopagita ad Eriugena, Meister Eckhart, Cusano, Giordano Bruno, Leibniz, Spinoza, Schelling, per giungere infine a Martin Heidegger. Senza voler esaurire il vasto campo di questa tradizione, i saggi qui raccolti sono volti a valutarne gli aspetti più significativi, sia sul piano storico, sia sul piano più strettamente teoretico.
€ 26,00
Essere e persona. Verso una fondazione fenomenologica di una metafisica classica e personalista

Anno:
1989
J. Seifert (1945) è fondatore e direttore della «Internationale Akademie fur Philosophie» nel Principato del Liechtenstein. In questo libro (che è il suo più ampio e sistematico, composto su invito del «Centro di Ricerche di Metafisica») egli propone ai lettori tre tesi fondamentali che vorrebbero introdurre ad una nuova fase del dramma della filosofia occidentale.
Per la prima di esse il metodo fenomenologico deve essere ripensato e rifondato in modo radicale per poter diventare metodo della metafisica. Il «principio dei principi» della fenomenologia secondo Husserl, il ritorno alle cose stesse, il rivolgersi verso ogni dato diretto o indiretto (purché accessibile alla conoscenza speculativa) viene liberato, nella prima parte di questo lavoro, dalla idea (husserliana) di epoché. Tale idea, oltre ad essere solo parzialmente accettabile dal punto di vista metodologico, esclude la metafisica, poiché non può tenere conto né dell'esistenza reale né di strutture essenziali oggettive e necessarie della realtà. Un ripensamento fenomenologico del cogito agostiniano-cartesiano, che unisce il pensiero dell'esistenza con l'intuizione essenziale e contiene in sé già il nocciolo di una metafisica personalistica, cerca dunque di superare criticamente sia la teoria della conoscenza idealistica che quella empirico-positivistica ed anche la fenomenologia dell'ultimo Husserl, per aprire in tal modo la strada ad un accesso fenomenologico verso una comprensiva metafisica classica.
Una seconda intenzione fondamentale del presente lavoro è quella di offrire una nuova e penetrante riflessione fenomenologica sulla questione dell'essere in senso proprio e dell'essere per eccellenza. Queste ricerche, che costituiscono la seconda parte e culminano nella terza, cercano di superare, da un punto di vista puramente filosofico, i limiti della impostazione aristotelica, che hanno continuato a dominare la metafisica fino al presente, impedendole di riconoscere la persona come l'autenticamente essente, anzi come l'essere stesso. Di conseguenza, concetti di sostanza e di forma non personale hanno continuato a svolgere una funzione paradigmatica per la metafisica, e quindi anche per l'etica e per la filosofia sociale e politica. La tesi che la persona deve venire riconosciuta - anche indipendentemente dalla religione cristiana - come l'autenticamente essente e come transentelechia viene, di conseguenza, ampiamente dimostrata. L'ontologia della persona rimarrebbe però al livello di una pura antropologia filosofica e non raggiungerebbe il piano della metafisica in senso proprio, senza un superamento della filosofia analitica contemporanea e del pensiero di Sartre e di Heidegger, con la loro identificazione di essere e tempo, essere ed immanenza storica, essere e nulla. A questo fine l'autore dedica le sue ricerche sugli attributi universali dell'essere e soprattutto sulle perfezioni pure, cioè su quelle proprietà il cui possesso è sempre in senso. assoluto preferibile al loro non?possesso. Egli prova, inoltre, che la persona (nella sua autoattualizzazione libera, nella sua realizzazione etica, trascendente e comunitaria) è una categoria metafisica (e non solo antropologica) ed una perfezione pura. Non meno decisiva per la realizzazione di questa terza finalità del lavoro è la fenomenologia della temporalità e della eternità, della contingenza e dell'imperfezione nella quarta parte e la rifondazione della metafisica classica e medievale per mezzo di una filosofia del tempo orientata alle cose stesse, che conduce al di là del tempo verso l'eterno. La nullità dell'essere temporale viene riconosciuta insieme con Heidegger, tuttavia al tempo stesso viene rifiutata l'identificazione dell'essere con 1'essere temporale. Al contrario si mostra l'esistenza di un essere personale eterno che unifica tutte le perfezioni pure, che è «I'essere stesso» necessario, «I'ente (personale) stesso» e pertanto anche l'unico compiuto «essere autentico».
Infine nella quinta parte - partendo, sulle orme di Cartesio e di Agostino, dalla certezza indubitabile del cogito - si rifonda la prova ontologica anselmiana della esistenza di Dio e la si rivaluta come culmine della metafisica, ed in particolare di una metafisica personalistica e di una fenomenologia della essenza divina necessaria ed ininventabile, difendendola contro le obiezioni di Kant e di Brentano.
€ 38,00
Simbolo e conoscenza

Anno:
1989
I saggi raccolti in questo volume nascono da una lunga ricerca seminariale sul tema della coscienza simbolica, un tema che senza dubbio può essere annoverato fra gli aspetti più rilevanti della riflessione contemporanea. Ripreso in modo decisivo già nell'opera di Baumgarten e in quella di Kant, sottoposto poi ad un'analisi sistematica con la Filosofia delle forme simboliche di Cassirer, il tema della simbolicità torna oggi ad essere un punto centrale nella riflessione sulle strutture trascendentali della coscienza e nei nuovi percorsi del pensiero epistemologico. Lo stesso rinnovamento della ricerca metafisica ed una più approfondita istituzione del metodo ermeneutico cercano una linea di fondazione anche nell'area della coscienza simbolica: ci si volge così a quella complessità espressiva, che, nell'immediatezza di un primo significato, lascia intravedere un'ulteriorità di senso e di significati, in sé mai del tutto guadagnabili. Gli studi che ora pubblichiamo riflettono, sotto diversi profili, questi tipi di interesse. Si doveva prima di tutto tener conto che, per il suo carattere trascendentale, l'espressione simbolica trova i suoi modi d'essere nella molteplice diversità della vita coscienziale. Nella prima parte del volume, «Spazi e percorsi», vengono cosi individuate tre aree fondamentali di ricerca fra le più rilevanti per la nostra tematica: quella dell'ermeneutica biblica, quella dell'epistemologia postempirista e infine quella della psicanalisi «postfreudiana». Sullo sfondo di questa ricognizione ad ampio respiro, vanno poi considerati i saggi della seconda parte del volume, indicata col titolo adorniano «Cifre della riconciliazione»: ricerca che dunque, senza voler essere esaustiva, si è piuttosto piegata alle voci fra le più emblematiche del mondo contemporaneo, diverse e talora molto distanti l'una dall'altra ma tutte segnate dal riscontro di una dilacerazione dialettica. Si voleva cogliere cosi, da lati diversi, tutta la complessità della coscienza simbolica, che, mentre riunisce, pur avverte l'enigma del proprio rinvio: coscienza di un'insondabile profondità che si dà più nella forma dell'assenza e meno in quella del sicuro possesso, più nella forma della nostalgia o dell'attesa e meno in quella della compiuta riconciliazione. Le voci che in tal senso sono sembrate di maggior rilievo sono quelle di Jung, di Adorno, di Benjamin, di Heidegger. Ma si è voluto riflettere, al di fuori di ogni cronologia empirica, anche sul pensiero di Vico: una forte analogia doveva infatti ricondurre alle sorgenti stesse della nostra tradizione filosofica. La riflessione contemporanea sul simbolico può considerarsi, nel suo insieme, come una forte reazione all'intellettualismo di marca illuministica: si pensi in particolare alla grande lezione di Adorno e di Horkheimer. Ma in tal senso, e in tutta la sua ampiezza, può essere riletta l'opera del Vico: la teoria vichiana della «mente ingegnosa» costituisce - com'è noto - una presa di posizione sia a riguardo dell'intellettualismo scettico dei libertini, sia a riguardo di quello cartesiano. E proprio dalla critica del Vico ci ritorna inquietante una domanda decisiva: cosa può significare che, per risorgere dalla «barbarie della riflessione», occorre rivolgersi ancora all'invenzione dell'ingegno simbolico?
€ 35,00
Metacritica dell'eros

Anno:
1987
Forse mai, come nella nostra età, l'uomo ha posto in questione se stesso tentando una critica radicale delle proprie convinzio
€ 15,00
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