La pandemia nei media
![]() L'altro virus
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autori: | Massimo Scaglioni, Marianna Sala |
formato: | Ebook |
prezzo: |
Gratis
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L’altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19, a cura di Massimo Scaglioni e Mariana Sala, è un instant book ideato nei giorni terribili della “Fase 1”, quando l’Italia è stata travolta dalla pandemia. Distribuito come e-book gratuito a partire dal Maggio 2020 il volume ha fotografato “a caldo” come la comunicazione e i media venivano investiti di nuovi problemi e nuove responsabilità.
A un anno da quei drammatici giorni l’ebook è stato aggiornato con una appendice che traccia un quadro di questo prolungato periodo di “convivenza col virus”. In particolari gli studiosi si sono concentrati in quattro ambiti: le caratteristiche prevalenti della comunicazione sulla pandemia; lo scenario mediale e l’evoluzione dei consumi di televisione e streaming; il ruolo giocato dai social media; la difficile e mai vinta lotta contro una mole crescente di fake news.
La ricerca è stata presentata online il 15 aprile alle 18.00 nel corso dell'evento UN ANNO DOPO. La pandemia nei media, il virus della comunicazione con, tra gli altri, il massmediologo Carlo Freccero e il direttore di Rete4 Sebastiano Lombardi. In anteprima ecco l’incipit dell’Appendice del marzo 2021 che trovate completa scaricando l’ebook a questo link (qui per la versione pub).
ANTEPRIMA
È stato detto molte volte: la pandemia ci ha colti impreparati, perché inaspettata, misteriosa, devastante. Un virus che si è insinuato nella società globale ben prima di essere scoperto, mutandone rapidamente apparati, abitudini, idee, valori. L’anno 2020 è ormai considerato il grande spartiacque tra una vita prima, ormai perduta, e quella dopo, tutta ancora da definire. Il presente vive ancora nello stretto orizzonte disegnato dal confronto quotidiano dei dati epidemiologici con quelli del giorno precedente, nel tentativo di capire quanto durerà l’attraversamento di questa terra di mezzo. […]
La comunicazione si è imposta come elemento centrale e inevitabile mimando proprio l’andamento biologico della malattia: si è insinuata nel dibattito pubblico prima lentamente, con affermazioni che tendevano a sottovalutare la portata dell’emergenza, poi esplodendo in narrazioni differenti. Ogni spazio mediatico è stato invaso da una sovrabbondanza di dati, voci di esperti, testimonianze di medici, malati e guariti, vip e persone comuni con una dinamica di circolazione su scala globale senza precedenti.
Specularmente, il Coronavirus stesso si è comportato come medium, modificando profondamente ritmo, forme, relazioni della nostra vita quotidiana, e come messaggio, monopolizzando l’informazione mediatica intorno a se stesso con un effetto di annullamento di tutte le altre tematiche inedito alle logiche del sistema mediale. Al centro della scena mediatica si erige un caos comunicativo refrattario alla necessità di una gestione organizzata delle informazioni legate alla crisi sanitaria come richiederebbe il momento. […]
È un caos che svela la fragilità della comunicazione rivolta al pubblico di cittadini, ossia la crisi della dimensione dell’azione che sarebbe propria della comunicazione, per cui le dichiarazioni degli attori istituzionali non riescono a rendere comprensibile ai loro destinatari ciò che accade, a incidere sull’ambiente.
Il rafforzamento nel corso dei mesi di emergenza di una comunicazione bicefala idealmente fondata sul “sapere” della scienza e il “fare” della politica, fa emergere nuove strategie espressive che nascono dall’ibridazione tra le rispettive retoriche:
- da un lato, una medicina politicizzata espressa dai vari Crisanti, Galli, Bassetti che grazie all’assidua frequentazione televisiva e radiofonica si specializzano nell’esercizio della parola, del commento, della difesa del proprio credo sul virus e non solo;
- dall’altro lato, una politica medicalizzata che ha governato per un anno attraverso lo strumento della pandemia affidandosi a slogan di matrice sanitaria, come la volontà di medicare le ferite degli italiani attuando il decreto “Cura Italia”.
L’arrivo del mese di maggio 2020 sancisce il passaggio alla fase della sospensione del virus, persino dato per clinicamente morto, nell’ottica di risolvere con un passaggio semantico dalla fase 1 alla fase 2 la sostanziale incertezza della comunicazione sul virus. L’allora ministro dell’istruzione Lucia Azzolina diventa la figura-chiave per rappresentare in televisione la voce estiva del Governo con cui promuovere la nuova retorica per il Paese: bisogna imparare a “convivere con il virus”.
Nel corso dell’estate 2020, dopo mesi di didattica a distanza, la scuola, ormai chiusa per ferie, ottiene finalmente la visibilità dovuta trasformandosi addirittura in quella priorità che serve all‘Italia per fare ripartire gli italiani. La maratona estiva dedicata a illustrare il complesso sistema di regole e accorgimenti, dai banchi a rotelle alla misurazione della temperatura, si compie con una vera e propria strategia di presenza mediatica, fra interviste a quotidiani e partecipazione a programmi televisivi.
Ma la ripresa lavorativa e scolastica di settembre scioglie presto l’incertezza su cosa significhi “fase della convivenza” con l’assunzione del protocollo, altrettanto fragile e controverso, di un’Italia divisa in zone rosse, gialle, verdi a seconda di una serie di parametri in mano al comitato tecnico-scientifico di Palazzo Chigi. Questa volta gli studenti escono dall’invisibilità della fase 1 attraverso scioperi, manifestazioni e assemblee organizzati in prossimità dei loro edifici scolastici: la scuola diventa un terreno di scontro, se non la cartina al tornasole di una crisi che da sanitaria ed economica sta divenendo anche sociale, politica e istituzionale…
Download:
Invito_La pandemia nei media.pdf
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