Premio Paolo Borsellino ad Antonio Balsamo

Magistrato, Antonio Balsamo è Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione e ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia, una lotta che passa da testimone a testimone come racconta in Mafia: fare memoria per combatterla.
Il 28 ottobre ha ricevuto il Premio Nazionale Paolo Borsellino durante la cerimonia che si è tenuta a L'Aquila, con questa motivazione: «Antonio Balsamo, in magistratura dal 1991, Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. E' stato Sostituto Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione, dove ha trattato numerosi procedimenti in materia di criminalità organizzata, corruzione, terrorismo, tratta di esseri umani e traffico internazionale di stupefacenti. Dal 2011 al 2018 è stato Presidente della Corte di Assise di Caltanissetta, dove ha trattato, e definito in primo grado, i nuovi processi sulla strage di "Capaci" e sulla strage di "Via D’Amelio" (c.d. processi “Capaci bis” e “Borsellino quater”), nei quali sono state ricostruite la deliberazione e l’attuazione della strategia del “terrorismo mafioso”, le motivazioni degli attentati contro i Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche con riferimento alle collusioni tra “Cosa Nostra” e centri di potere esterni, la successiva attività di depistaggio posta in essere da soggetti inseriti in apparati dello Stato. Di recente in un "meeting" internazionale ha dichiarato di aver iniziato la sua brillante carriera, ispirato da due figure che sono nel cuore e nelle radici del Premio: Don Puglisi e Rocco Chinnici.»
Nel libro Mafia racconta come il 24 maggio 1992 fu chiamato a indossare per la prima volta la toga per vegliare i corpi straziati di Falcone, la moglie, la scorta e sulla morte di Borsellino scrive: «Su Paolo Borsellino, sulla sua intransigente difesa della Legge, sul suo straordinario coraggio, sulla sua eccezionale capacità di investigativa, in quel momento storico si concentravano le speranze di un Paese duramente colpito dall’aggressione mafiosa. Non a caso, quindi, il piano omicidiario di Cosa nostra contro di lui assunse i caratteri di un attacco terroristico, finalizzato a piegare alla volontà dell’organizzazione mafiosa un Paese che, invece, a seguito delle stragi del 1992, in uno dei momenti più drammatici della sua storia, riuscì a ricostruire una propria forte identità attorno alle idee e all’esempio personale e professionale di quei magistrati che avevano scelto di compiere il proprio dovere fino in fondo, pienamente coscienti dei gravissimi rischi che ciò avrebbe comportato per la propria vita.»
Nel video un estratto dell'intervista su Radio Radicale.
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