Romano Guardini, il teologo che si oppose al nazismo

Romano Guardini, il teologo che si oppose al nazismo

06.08.2020

«Forse possiamo applicare le riflessioni di Guardini al nostro tempo, cercando di scoprire la mano di Dio negli eventi attuali. Così potremmo forse riconoscere che Dio, nella Sua sapienza, ha inviato a noi, nell’Europa ricca, l’affamato perché gli diamo da mangiare, l’assetato perché gli diamo da bere, il forestiero perché lo accogliamo, e l’ignudo perché lo vestiamo. La storia poi lo dimostrerà: se siamo un popolo, certamente lo accoglieremo come un nostro fratello; se siamo solamente un gruppo di individui, saremo tentati di salvare innanzitutto la nostra pelle, ma non avremo continuità» Così scrive Papa Francesco leggendo Romano Guardini, convinto che il pensatore e teologo tedesco abbia ancora molto da dire all’uomo contemporaneo (Romano Guardini maestro di Papa Francesco di Stefano Zucal, in Vita e Pensiero 2016-6).

Nato a Verona il 17 febbraio 1885, Romano Guardini visse tutta la vita in Germania: già nel 1886 infatti la famiglia si trasferì a Magonza a causa del lavoro del padre, commerciante e console italiano. Dopo un’infanzia solitaria passata tra le mura domestiche - in cui soffrì l’assenza del padre per lavoro e la chiusura della madre ad ogni aspetto della vita tedesca - l’università rappresenterà per lui il primo stacco effettivo dalla famiglia.

Insicuro e molto indeciso sul suo futuro inizia a frequentare la facoltà di chimica a Tubinga per poi orientarsi su scienze politiche a Monaco ma lentamente comprende che la sua strada non è in quel genere di studi e, dopo una crisi religiosa, riconosce nel sacerdozio la sua vocazione. Nel 1910 viene ordinato prete a Magonza e decide di completare gli studi di teologia con un dottorato a Friburgo. In questa occasione, nel salotto di Heinrich Rickert, conosce Heidegger che, «abbandonati gli studi teologici e dopo una laurea in filosofia, aspirava (ancora) a una cattedra nella facoltà cattolica» (vedi Guardini e Heidegger: un dialogo inespresso di Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, Vita e Pensiero 2019).

Si laurea nel 1915 con una tesi sulla dottrina della redenzione in san Bonaventura e per cinque anni si dedica all’apostolato parrocchiale. Il 1920 è un anno importante per Guardini: inizia infatti ad insegnare all’Università di Bonn e incontra il gruppo dei giovani del Quickborn. Sorto per iniziativa e ad opera della Chiesa, il movimento cattolico, che aveva sede nel suggestivo Castello di Rothenfels sul Meno, si proponeva di favorire la graduale maturazione nei giovani di un’etica della responsabilità. Era un’associazione di laici aperta anche ai sacerdoti, che potevano partecipare alla vita della comunità non in veste di capi, bensì come semplici aderenti al pari dei laici.

Racconta lo stesso Guardini: «Nel 1919 alcuni di noi avevano fatto un giro e dopo il loro ritorno ci raccontarono di una vecchia rocca sul Meno chiamata Rothenfels, dove succedevano fatti molto insoliti. Infatti nessuno vi comandava, dicevano essi, eppure l’ordine era perfetto. Vi si lavorava e vi si celebrava, ma tutto veniva dalle persone stesse che ne facevano parte; i giovani e le ragazze erano insieme, nella serietà e nella letizia. […] Così a Pasqua del 1920 vi sono salito io stesso e questo ha avuto per me conseguenze come pochi altri fatti»

Guardini rimase molto impressionato dalla volontà di rinnovamento spirituale e culturale dei giovani di Rothenfels: «non ho mai trovato un simile atteggiamento di serietà nel considerare le verità di fede, la realtà ecclesiale e lo spirito di Cristo da parte di una grande massa». Da quel momento in poi la vita di Guardini sarà strettamente legata a quella del movimento di cui divenne dapprima la guida spirituale e successivamente il direttore unico, «in virtù dell’opinione unanime che quella fosse l’unica candidatura in grado di garantire l’unità del Movimento giovanile e la sua riorganizzazione su nuove basi» (per approfondire: Lo spirito dell’educazione. Saggio sulla pedagogia di Romano Guardini).

Nel frattempo prosegue la sua attività accademica: Guardini si rende conto di non potersi considerare propriamente un teologo ma di avere sviluppato una riflessione a cavallo tra diverse discipline. Nel 1923 gli viene offerta una grande opportunità: la cattedra di Weltanschauung all’Università di Berlino. Giuliano Riva scrive di quel periodo sulla rivista Vita e Pensiero: «Quando salì in cattedra a Berlino, dovette chiarire a se stesso che cosa fosse questa christliche Weltanschauung, perché non si davano esempi precedenti di tale disciplina. […] Ora Romano Guardini, già nelle sue prime lezioni, prese posizione contro la pretesa relatività o unilateralità di qualsiasi Weltanschauung: “non è apologetica, defensio fidei, ma vero e proprio studio del mondo, della cultura, dell'uomo, però muovendo dalla fede. È una vera scienza, non generica mistura di filosofia e teologia. È un preciso modo di conoscere, volto alla totalità delle cose. È visione d'insieme del mondo”». 

Da quel momento Guardini si avventurò da teologo nella letteratura, alla scoperta dell’anima del mondo moderno «impegnandosi in quel confronto tra fede cattolica e mentalità moderna che contrassegna tutta la sua opera». Alla ricerca di un’antropologia cristiana, i suoi corsi hanno per argomento di volta in volta Buddha, Nietzsche, Platone, Aristotele, Holderlin, Rilke, Pascal, Dostoevskij, Bonaventura, l’amato Dante, Kierkegaard, Socrate e altri pensatori credenti o non credenti che «presentavano stimolanti aspetti religiosi» (Romano Guardini di Giuliano Riva, Vita e Pensiero 1969-2). La preparazione della lezione era molto accurata e si radicava nello studio del testo: «È una gioia tutta particolare introdursi in un grande testo, renderlo comprensibile, frase per frase, e spiegarla nel suo particolare contenuto così come nella sua connessione col tutto; infine, da ciò che l’autore dice, istituire il collegamento col problema in sé e con la questione attuale. […] Stendevo giorno per giorno il testo della lezione. Poiché aveva luogo alle sette, avevo cura di venire in città alle tre ed ero alle quattro nella Biblioteca di Stato, la cui gran sala di lettura io prediligevo. In essa non c’era troppa tranquillità, la gente camminava intorno, e parlavano anche più di quanto non fosse necessario; nondimeno si era sempre concentrati e soli con i propri pensieri. Dalle quattro alle sette in base agli schemi e ai testi raccolti scrivevo stenograficamente l’intera lezione. Pronunziavo la lezione stessa con in mano il mio scritto, il dito sempre sulla parola. Era così possibile, se si dava l’opportunità, scostarsi dal testo e di nuovo riprenderlo» (La cattedra e il pulpito. La lezione di Romano Guardini di Daniele Vinci).

Fu proprio in quegli anni di grande fermento culturale e spirituale che Padre Gemelli ebbe l’opportunità di ascoltare una delle sue lezioni. Così racconta in un articolo pubblicato su Vita e Pensiero qualche anno più tardi, nel 1949: «Anni or sono, e, se il ricordo non si è deformato, nell'inverno del 1924, un mattino, insieme con un amico e collega universitario, avevo compiuto inutilmente una esperienza scientifica alla Charité, il complesso delle grandi cliniche delle quali si gloriava l'Università di Berlino. Disilluso stavo svestendo il camice e lavandomi le mani, quando il collega mi disse: “Senti, manca un quarto d'ora; facciamo in tempo ad andare ad ascoltare Romano Guardini”. Fu così che appresi che un sacerdote era stato nominato professore nella Università berlinese e vi attirava con le sue lezioni grande folla di ascoltatori, insegnando da una cattedra che aveva un titolo per noi Italiani poco chiaro: Katholische Weltanschauung (concezione cattolica dell'Universo). […] Mi trovai in un'aula affollatissima, nella quale notai che tra gli uditori di Romano Guardini erano numerosi coloro che, come me e come il mio collega ed amico, non erano regolarmente iscritti. […] Aveva Guardini un modo piano di esporre, come di uomo che ragiona con sè stesso e con i suoi uditori; era privo del tono cattedratico proprio dei professori tedeschi; non usava alcuna enfasi; egli si teneva anche lontano dalle astrazioni care ad altri pur insigni maestri tedeschi e non solo docenti di filosofia. All'uscita dell'Università, dopo la lezione si raccoglievano sotto gli ombrosi alberi numerosi gruppi di uditori a discutere animatamente. Entrati noi due in un caffè, vi trovammo gruppi di uditori che vi erano giunti prima di noi e potemmo udire le loro accese discussioni. Guardini portava i suoi uditori a vivere in un mondo di pensieri in cui non erano soliti ad essere condotti e li abituava a un modo di ragionare che piaceva molto, specie ai più giovani, privi di pregiudizi di scuola. Di qui il vivo interesse che egli destava» (Il Signore di Romano Guardini Agostino Gemelli, Vita e Pensiero 1949).

Non c’è da stupirsi se il Nazismo vide ben presto in Romano Guardini un pericoloso nemico: nel 1939 venne allontanato dall’Università e fu costretto a ritirarsi a Mooshausen, ospitato a casa di un amico parroco, Josef Weiger (a lui sono destinate le lettere scritte negli ultimi anni della sua vita e raccolte nel volumetto Sul limite della vita. Lettere teologiche ad un amico). Joseph Ratzinger, che come Gemelli fu suo “uditore” e che considera il teologo italo-tedesco un maestro, così ricorda «Guardini ha preso posizione all’epoca, con un trasporto implorante che di solito sembrava essergli del tutto estraneo, contro la politicizzazione dell’Università e la sua penetrazione da parte della regia dei partiti, delle chiacchiere delle assemblee, del chiasso della strada e ha gridato ai suoi ascoltatori: “Signore e Signori: non permettetelo! Si tratta di qualcosa che riguarda ciò che è comune a tutti noi, la storia futura”» (Ratzinger e Guardini, un incontro decisivo di Silvano Zucal in Vita e Pensiero 2008).
La stessa sorte toccherà al Quickborn. Dal 1934 funzionari della Gestapo cominciarono a presenziare ai raduni del movimento, fino a quando il 7 agosto 1939 il Castello fu improvvisamente occupato e requisito, con l’accusa di comportamento sovversivo da parte del gruppo dirigente e dei membri dell’organizzazione cattolica. Il Nazismo non riuscì tuttavia a cancellare i valori su cui si fondava. Dalle ceneri del Quickborn trassero la loro ideologia i cinque giovani che diedero vita alla Rosa Bianca, movimento non violento di matrice cristiana che fece resistenza a Hitler. La lettura delle opere di Guardini fornì loro la spinta morale per coniugare spiritualità con azione sociale e politica, quella “visione cristiana del mondo” che aveva dato il titolo alla sua cattedra “Christliche Weltanschauung”.

Le omelie pronunciate a partire dal 1932 nella Cappella di San Benedetto in Schlüterstraße a Berlino - una cappella ricavata abbattendo pareti di alcune stanze e nella quale si scendeva, a dire dello stesso Guardini, come in una catacomba – così come quelle nel Castello di Rothenfels sono state raccolte in un libro Der Herr pubblicato in Germania nel 1937. In Italia venne pubblicato nel 1949 con il titolo Il Signore ancora oggi una delle sue opere più lette e quella che lui stesso amava di più. Queste le parole di Agostino Gemelli pubblicate nel 1949 su Vita e Pensiero «È bene notarlo, non tutti i giovani furono avvelenati dai metodi educativi del Nazismo; anzi molti amavano coloro che cercavano di aiutarli a sottrarsi a quei metodi. Ritengo perciò che questo acceso interesse dei giovani tedeschi ha la sua ragion d'essere nel fatto che il Guardini con i suoi scritti è andato incontro ai bisogni della gioventù che, uscita dalla tragedia, ha sete di abbeverarsi a fonti pure che forniscono loro il modo di considerare e di risolvere i problemi del mondo moderno, soprattutto di vedere perché e come un uomo moderno può accettare e fare propria una visione religiosa del mondo». Nel 1950 viene tradotto anche Il testamento di Gesù e nel 1951 I Novissimi a formare un trittico, come spiega il traduttore Raffaele Forni: «questi tre lavori si sarebbero anche potuti presentare così: Il Signore, Il Signore con noi, Il nostro ritorno al Signore. [Queste opere] sono state scelte, tra le sue molte, per offrire donde veniamo, dove siamo e dove andiamo». Tra le altre opere di Guardini pubblicate in Italia ricordiamo anche Le età della vita, Gesù Cristo. La sua figura negli scritti di Paolo e di Giovanni, Le cose ultime. La dottrina cristiana sulla morte, la purificazione dopo la morte, la resurrezione, il giudizio e l'eternità e Religione e rivelazione.

Alla fine della guerra pubblica un saggio intitolato Der Heilsbringer ein Mythos in cui mette in evidenza i caratteri fondamentali del nazismo, la loro perversità, e suggerisce poi quella che per lui è l'unica soluzione possibile per la Germania e l'Europa: ritrovare le proprie origini. Scrive Guardini: «Se il nazismo avesse trionfato, l'Europa sarebbe scomparsa; l'Europa non come realtà geografica ma spirituale, la quale è essenzialmente determinata dalla figura di Cristo. L'insegnamento di Cristo è la vera fonte della cultura europea» (Romano Guardini di Giuliano Riva). Leggendo le pagine di Guardini sull'Europa Massimo Cacciari, in un articolo su Vita e Pensiero aggiunge: «Non basta dire che l’Europa ha radici cristiane – occorre che essa le riscopra ancora. E riscoprendole le rinnovi di fronte a nuovi impedimenti, scandali, sfide» (L’aut-aut sull’Europa di Romano Guardini di Massimo Cacciari, Vita e Pensiero 2018-2)

Nel 1945 L’Università di Tubinga istituì una cattedra “ad personam” invitando Guardini a continuare l’insegnamento avviato a Berlino. Tre anni dopo anche l'Università di Monaco lo chiamò ad insegnare Weltanschauung, e qui rimase fino al 1962, quando lascerà l'insegnamento per assumere la posizione di emerito. Nasce allora il problema di una successione ad una cattedra così legata alla figura di Guardini. Circolano nomi come Karl Rahner, Alfons Auer o Hans Urs von Balthasar, ma alla fine si opterà per il primo. Negli ultimi anni ottenne molti riconoscimenti tra cui il premio della pace dagli editori tedeschi (1952), la laurea in filosofia honoris causa dall'università di Friburgo (1954) e il premio Erasmo (1962). Sotto il pontificato di Paolo VI gli viene offerta la nomina cardinalizia: Guardini rifiuta per vari motivi che vanno dall’abbigliamento collegato al titolo a un’immagine di Chiesa lontana da quella del movimento che aveva guidato. Muore il 2 ottobre 1968 a Monaco di Baviera.

(a cura di Erica Crespi)

 
"Il Signore" di Romano Guardini
Autore: Agostino Gemelli
Formato: Articolo
€ 4,00

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