Abbiamo perso l'anima?
La possibilità dell'anima
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autori: | Catherine Ternynck |
formato: | Libro |
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di Catherine Ternynck
«L’anima è come la parola che cerca di dirla. Un soffio, un respiro fugace, un pensiero familiare eppure inafferrabile, vicino e lontano, intimo e universale. È difficile parlare dell’anima, non la conosciamo, non la vediamo. Se la cerchiamo, non la troviamo. E se la incrociamo per caso, non riusciamo a trattenerla. Sembra che esista unicamente per scivolare via, che non possa essere altro che una fi gura di assenza, un movimento di vuoto in un mondo troppo pieno.
Eppure, capita di coglierne la presenza. Ognuno di noi ha avvertito questa vicinanza impalpabile ai margini della realtà, questo sfondo inaccessibile. Ognuno di noi ha sentito che l’esistenza non si riduce a quanto sappiamo o vediamo. Qualcosa transita altrove. Qualcosa, ma cosa? Altrove, ma dove? Simili domande stimolano il presentimento di un mistero. Tuttavia per la maggior parte del tempo le teniamo ben nascoste sotto le altre, concrete e numerose, che costellano la vita adulta: come non perdere il lavoro, crescere dei figli, stringere legami utili? Come amare? Come essere felici o, almeno, non troppo infelici? Come vivere? […]
Nell’Occidente odierno il soffio vitale è caduto, scivola verso il basso. Di certo viviamo più liberamente, a una maggiore velocità, più a lungo, però respiriamo male. La materia soffoca, il vuoto schiaccia. Rifiutando la dimensione spirituale, la vita non diviene forse ancora di più un’incombenza faticosa, una vana inquietudine, una spossante ricerca di senso? Il tempo umano non diviene forse una corsa, la vecchiaia la peggiore delle ingiustizie e la morte lo sgomento più terribile?
«Cosa tenere del mondo per aprirsi alla trascendenza?», si chiedeva Gaston Bachelard. Esistono gesti, sguardi per riconoscere l’invisibile? Dove sono le parole, le immagini che potrebbero guidarci verso la sua scoperta? Chi veglia ancora sulla mancanza di senso? Chi si prende cura del sacro? Chi trae piacere dal mistero? L’anima può ancora dire qualcosa in questo eccessivo materialismo? E parlarne non è forse una scommessa persa in partenza? Il nostro mondo contemporaneo dà l’impressione di aver perso l’anima, eppure la parola che la indica non è caduta in disuso. Corre a fior di lingua, passa di bocca in bocca. Non è più un termine di chiesa, è una parola di strada. È nello spirito del tempo, persiste come se ancora avesse qualcosa da dire e volesse farsi comprendere. Chi mai si stupirà nel sentir parlare di un’anima buona, dell’anima di una casa o di un giardino? Chi non ha mai provato la sensazione di agire in anima e coscienza? Chi non ha mai provato un tuffo nell’anima, non è stato mai ferito nell’anima o non si è mai sentito morire nell’anima?
Ecco il paradosso: in un mondo che non crede più all’anima e che non vuole più saperne, la parola che la designa è onnipresente, pregna di un’ambiguità che accettiamo senza pensarci. A volte ci aspettiamo che quasi si spieghi da sola. Cosa significa questa parola banale e sibillina? Vuol forse indicare che non tutto può essere detto o enunciato, che a volte la parola deve tacere? O solo ricordare che certe verità devono rimanere un mistero, ed essere comprese solo attraverso la metafora e la poesia? […]
Ciò che non comprendiamo, possiamo sognarlo.
Non si può dimostrare l’esistenza dell’anima, e tantomeno spiegarla, ma si può raccontarla. Mi accingo perciò a narrare storie di anime. Le ho immaginate a partire da quelle che mi sono state confidate nel tempo, e in loro la narrazione si spinge oltre il semplice svolgimento dei fatti, la conclusione è incerta e a volte oscura. Chi le leggerà avrà forse voglia d’immaginarne il seguito, di esserne l’autore assieme a me. Mi piacerebbe che fosse così, che il lettore si mettesse alla prova anche come narratore – o perfino attore – delle varie scene, che si sentisse ben disposto, preso, oserei dire coinvolto, nell’anima.
Nel momento in cui mi appresto a raccontare l’anima, mi preme però sottolineare che ignoro cosa sia. Mi accingo a scrivere su ciò che mi sfugge, a parlare dal cuore della mia ignoranza. E proprio la mia ignoranza sarà l’argomento del libro. Cercherò parole, immagini per dire il niente; e da questo niente proverò a comporre, come un girotondo attorno a un vuoto, una musica attorno a un silenzio, un quadro attorno a un punto di fuga.
Se, caro lettore, hai un po’ di tempo, prova a seguirmi... Se sei un amante della teoria, abbandonala per qualche istante. Se sei preso dalle preoccupazioni del mondo esterno, trascurale giusto il tempo della lettura. Se sei un credente, liberati da dogmi e da credenze. Nel terreno in cui ci avventureremo non c’è bisogno di sapere, volere o credere. Cammineremo attraverso la poesia del mondo, sfioreremo la tragedia umana e, se i soffi ci condurranno abbastanza lontano, arriveremo forse fi no all’amore. Perché l’anima e l’amore tendono incessantemente l’una verso l’altro. Non esiste anima che non cerchi l’amore, non esiste amore che non sussurri l’anima.»
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