Calvino l'invisibile e il suo dove

Calvino l'invisibile e il suo dove

03.08.2021
Italo Calvino
Italo Calvino
autori: Carlo Ossola
formato: Libro
prezzo:
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Le città invisibili e Palomar inverano il ‘viaggio dello sguardo’: l’infinitamente piccolo è altrettanto complesso che l’immenso contemplato dal signor Palomar; il visibile e l’invisibile si contendono lo spazio della nostra coscienza che, più si allena allo sguardo, più sente l’urgere di ciò che si sottrae.

Italo Calvino. L'invisibile e il suo dove è il titolo del saggio che Carlo Ossola dedica a Italo Calvino, ripercorrendo la vita dello scrittore e al tempo stesso esplorando, nelle sue opere, la centralità dello sguardo, dell'orientamento, del punto di vista. Il libro, sostiene Stefano Salis all’incontro di presentazione al Salone del Libro di Torino, non è tanto «un’introduzione» all'autore quanto «un distillato di tutto ciò che Calvino ha percorso». Dal ritratto di Ossola emerge la figura di «uno scrutatore perspicace dell’universo» capace di cogliere anche la «singolarità più nascosta di ciascuno di noi».

«Il merito maggiore del saggio» scrive Alessandro Zaccuri su Avvenire «sta nella contestazione dell'immagine convenzionale di un Calvino talmente padrone dei propri mezzi da saper ricondurre qualsiasi variazione accidentale all'interno di uno schema preesistente. Per Ossola il vero Calvino è «l'osservatore ammirato di una realtà inafferrabile e cangiante simile al Re in ascolto dell'apologo» (leggi l'articolo completo in rassegna). Solo dall'osservazione e dalla meditazione, quella del signor Palomar, può nascere una buona narrazione. Altrimenti è solo esercizio di stile. Per questo, secondo Calvino, la narrazione non è possibile se prima non c'è una buona descrizione, una buona percezione dell'oggetto.

È necessario allora uscire dal nostro personale punto di vista e, direbbe Palomar, «guardarci essere guardati». Uscire dal primato della prospettiva, dal «io guardo, ordino e sono il centro quidam deus di un mondo a mia misura», diventare destinatari della reversibilità e trovare una Consistency compatibile con la pluralità molteplice dei punti di vista, la discontinuità del vissuto. 

Così Calvino, ci ricorda Ossola nel suo saggio, «ha saputo dar forma a una lingua capace dell’universo, precisa, esatta e tuttavia senza confini, classica nel conferire il primato alle idee, il posto giusto agli oggetti, alle forme, ai tempi, allo sguardo che li mette in prospettiva». Come la sua lingua, egli «è il nostro classico del Novecento, nella sua capacità di cancellare tutto l’inessenziale, per ottenere il dono supremo dell’arte».



 

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