Click: guardarsi nell’epoca della “bellezza complice”
![]() La bellezza complice
|
|
autori: | Giuliano Zanchi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
ancora più che del piacere […].
È davanti al tribunale del nostro sguardo
che viene chiamato a comparire
il nostro essere apparente,
mentre sul banco della giuria sfilano
tutti i fantasmi delle nostre idealizzazioni.
Giuliano Zanchi
Guardare qualcosa che ci emoziona senza immortalarlo con il cellulare è ormai una rarità. È un bene? Un male? È un neutro dato di fatto su uno stile di vita che ha ormai un'appendice tecnologica ineludibile?
Se è un tema che vi intriga e cercate un testo che sappia aprire sguardi inediti su cose che vediamo e viviamo tutti i giorni, senza giudicare, senza prendersi troppo sul serio, ma avendo a cuore il futuro della nostra umanità, La bellezza complice di Giuliano Zanchi è il libro che state cercando. Già spiegano il titolo, l'autore avverte il lettore: «è importante non attribuire a questo aggettivo precipitose connotazioni moralistiche. La complicità qui non indica un principio attivo passibile di giudizio morale. Si tratta di una funzione sociale.»
Un ruolo, che spiega sempre l’autore, «le viene assegnato dalle particolari alchimie strutturali che questa civiltà ha assunto dopo il declino sociale delle narrative religiose e l’insediamento nelle sue cabine di pilotaggio del conducente tecno-scientifico. La bellezza non è cattiva, la disegnano così.»
Tra i tanti spunti di un libro che reinterpreta con sagace originalità quadri, pubblicità, film – come The Truman Show o Il diavolo veste Prada -, serie tv e tutto quanto abbellisce «quella rumorosa scena su cui si svolge la pièce della nostra esistenza», vogliamo soffermarci qui su quello sguardo che - come dicevamo nelle righe iniziali - costantemente filtra molte delle nostre esperienze attraverso la fotocamera del cellulare.
«Guardiamo un panorama e ci viene spontaneo far scorrere il pollice. Siamo anche diventati tutti fotografi. La formattazione delle vite individuali nel ‘profilo’ del social, che a pensarci bene sembra la nobilitazione ludica della schedatura tramite foto segnaletiche, ha indotto il costante impulso a filtrare la somma delle esperienze reali in un catalogo di rappresentazioni» scrive Zanchi, che riflette su come produciamo continuamente materiale destinato agli algoritmi di un sistema che è sempre più legato, alla fine, alla vendita, al consumo.
Si può fare molta retorica su questi temi, avverte sempre l’autore, ma è indubbio che molta parte della vita dell’individuo tecnologizzato si è oggi trasferita sui dispositivi tecnologici. Eppure non per questo smettiamo di emozionarci davanti a un tramonto: «non abbiamo smesso di provare meraviglia, stupore, incanto, attrazione, e molti altri stati dell’essere simili a questi e senza dei quali si spiegherebbe ben poco di quello che viviamo». Ma cambiano il senso, le dinamiche e i riverberi interiori. «Si sta di fronte ai tramonti di una volta, ma li si osserva attraverso la fotocamera per poi farne un post sui social. Non si è meno colpiti. Ma le emozioni in gioco vibrano certamente in modo diverso. Siamo abbruttiti o diversamente contemplativi?»
È una domanda a cui Zanchi prova a rispondere e che riecheggia in queste righe: «Dallo storytelling siamo ormai passati allo storyliving: anziché fare della propria esperienza oggetto di racconto, si va in cerca di esperienze in modo da poterle raccontare o, meglio, esporre pubblicamente, mettere in mostra».
Parole di Alessandro Zaccuri, pubblicate su Avvenire, che continua: «Il fenomeno è notorio solo in apparenza. Innovativo, e ricco di conseguenze per la comunità cristiana, è senza dubbio il modo in cui Zanchi invita a considerarlo. Senza preconcetti, senza proclami di scandalo e, più che altro, senza alcun rimpianto per un passato che, se anche fosse veramente così come insistiamo a immaginarlo, rimarrebbe comunque inattingibile. Il punto, sottolinea, l'autore è che la contemporaneità, dopo aver “disincantato il cielo, ha reincantato la terra”. Ed è da qui, dal principio di realtà che la terra sempre rappresenta, che occorre partire, cristianamente non meno che razionalmente».
Articolo letto 793 volte.
Inserisci un commento