Dostoevskij e la bellezza che salverà il mondo (forse)
![]() La bellezza complice
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autori: | Giuliano Zanchi |
formato: | Libro |
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Il 2021 è indubbiamente un anno dostoevskiano, ricorrono infatti i 140 anni dalla morte del romanziere russo (avvenuta nel 1881) e i 200 anni dalla nascita (11 novembre 1821). Noi celebriamo questo doppio anniversario con un brano tratto dal libro La bellezza complice (disponibile anche in pdf e epub) di Giuliano Zanchi che ci invita alla rilettura di uno dei passi più citati (e insieme di uno dei più decontestualizzati) de L’idiota.
«Quando Fëdor Dostoevskij, forse il solo cristiano stimato da Friedrich Nietzsche, nel 1869 portava a termine L’idiota, non poteva immaginare quali sorti attendevano un dialogo, peraltro fugace, che, estratto da un romanzo non necessariamente letto, avrebbe finito per rimbalzare ovunque come cifra obbligata di uno spiritualese che abbraccia tanto i cattolici tradizionalisti impegnati nel revival della vecchia arte sacra quanto gli agnostici pellegrini di quei santuari moderni che sono i grandi musei. Merita almeno riportare il luogo da cui sgorga la grande eco di quel suono così ecumenico.
A rivolgere queste parole al principe Miškin, protagonista del romanzo, è il giovane tormentato Ippolit. Formulate peraltro nei termini di un interrogativo, esse chiamano in


La bellezza su cui il romanzo profetizza, tanto quanto ironizza, è quella che emana dall’aura tangibile dell’«uomo veramente buono» che attraversa i tumulti della storia con sovrana semplicità d’animo e inscalfibile bontà di cuore, ritratto evangelico del mite che sfida il sorriso dei cinici e la scaltrezza dei prepotenti, nel guscio di un’innocenza dal destino sempre incerto. Magnetismo irradiante di un profilo umano dai caratteri tipicamente cristologici che Dostoevskij, come il Padre creatore del suo mondo letterario, invia nel mondo oscuro di una tetra borghesia russa a rinnovare il gesto di redenzione che il cristianesimo pone a fondamento della storia.
Il principe è un povero Cristo nuovamente mandato sulla terra. La mitezza ancora una volta di fronte alle potenze del male. Di lui non si smette mai di dire che è bello. Questa bellezza potrebbe salvare il mondo. Questo tipo di bellezza, non il suo stereotipo occidentalizzante. Potrebbe salvare il mondo, ma non è detto che ci riesca. Nel romanzo l’esito non è prestabilito. Tutto viene fatto ribollire come un enigma messo alla prova dai fatti. Il primo fra tutti è che il principe Miškin appare come una replica sbiadita del ‘Cristo’ che dovrebbe impersonare, un replicante inadeguato alla resurrezione del suo modello, una reincarnazione scadente che resta prigioniera dei cinici e degli scaltri che vorrebbe confondere. Oppure, che renderebbe tutto ancora più tragico, la rivelazione dell’estrema debolezza di ogni ‘messia’ del passato, del presente e dell’avvenire (la tesi di Nietzsche). Più che semplice, il principe di Dostoevskij si rivela incapace.
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