Identità e padri di sabbia

«Gli uomini — pensa Chantal — si sono “papaizzati”. Non sono più dei padri, ma solamente dei papà, ossia dei padri cui manca l’autorità di un padre».
Chantal, la protagonista de L’identità, romanzo di Milan Kundera, fa questa riflessione in un momento in cui si sente molto vulnerabile a causa dei grossi problemi che ha con la sua immagine, nel momento in cui si accorge che gli uomini non si girano più a guardarla. Il romanzo di Kundera esamina, con infinita maestria, ciò che da un istante di smarrimento, il momento in cui la protagonista si rende conto di «non essere più la stessa», porterà a una vicenda labirintica in cui la donna assiste allo sgretolamento delle proprie certezze, dell'immagine che aveva di sé e del suo innnamorato. Come dice fin dal titolo, il tema dell'identità è di centrale importanza nel libro, è qualcosa che conferisce senso all'intera esistenza ma che è allo stesso tempo estremamente fragile e mutevole.
Catherine Ternynck, psicanalista e scrittrice francese, esplora proprio il concetto di identità nel suo libro L’uomo di sabbia, osservando come il suolo umano si sia impoverito, svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità, diventando friabile, inconsistente. «Su questo terreno incerto l’uomo stesso diventa “di sabbia”. Una figura inafferrabile e impastata di contraddizioni». Citando il romanzo di Kundera e la cinica osservazione di Chantal, l'autrice nota come la figura del padre non sfugga da questa trasformazione: l’uomo papaizzato per alcuni costituisce un progresso. Inaugura il passaggio dal padre simbolico al padre incarnato, più vicino, più accessibile, senza alcun dubbio più umano. Per altri, al contrario, è considerata un’insopportabile regressione, segno inconfutabile di una decadenza culturale.
Va ripensato il ruolo di un uomo che non può essere più un’autorità esterna e lontana, il “padre” delle parole di Kundera?
La questione non è semplice, e molte sono le ragioni, le problematiche e le prospettive possibili. Ternynck, con professionalità e rigore scientifico, esplora una trama di esperienze che tesse con una scrittura avvincente, limpida ed emozionante al tempo stesso, di grande empatia verso tutte le sfumature dell’umano e insieme lucida nel denunciarne le derive. Il pensiero individualista e libertario che dagli anni Settanta disegna l’uomo come artefice di sé stesso, guidato solo dalle proprie scelte e dai propri desideri, si rivela oggi più pericoloso di quanto potevamo immaginare. Conquiste importanti, come la fine dell’autoritarismo, il venir meno della distanza incolmabile tra le generazioni o l’affrancamento delle donne da un destino gregario, hanno finito per scorrere lungo una deriva che, da acquisizioni di civiltà, le ha trasformate in gabbie di solitudine e fragilità. Basti leggere La porta dell'autorità dei sociologi Mauro Magatti e Monica Martinelli che scrivono: «Un mondo senza autorità non si regge, se non a costo di perdere la libertà e, con essa, il senso. Semmai il problema – rimosso dall’onda lunga di cui adesso vediamo i risvolti negativi – è quello di pensare diversamente l’autorità. Riconoscendone il ruolo essenziale di connettore tra chi viene prima e chi viene dopo (e non solo in senso temporale): mediazione necessaria tra ciò che già c’è e ciò che ancora può nascere e prendere forma.»
Il concetto di "identità", dunque, è in continua evoluzione, ed è difficile da categorizzare. I tempi moderni però, ci chiedono di non dare per scontato questo interrogativo, poichè «siamo in un momento fragile della storia degli uomini», scrive ancora la Ternynck, ed «è urgente prendersi cura di questa terra impoverita. A ognuno di noi spetta deporvi un po’ di senso e di legge, un po’ di mancanza, di respiro e di differenza. A ognuno spetta nutrire l’humus dell’umano».
Catherine Ternynck è psicanalista ed esperta di etica della famiglia, e oltre a L’uomo di sabbia, ha recentemente pubblicato con Vita e Pensiero La possibilità dell’anima, una sorta di “poema in prosa”, una meditazione finissima sull’anima che intreccia le storie che per anni ha ascoltato nel suo studio di psicanalista, e narrazione personale.
(di Francesco Bombini)
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