Il rischio di voltarsi

«Si tratta di perdere la misura, di aprire il grandangolo. Fare un voltafaccia e affrontare il passato in maniera inedita. Ci si accorge che la luce viene spesso da dietro, da quel punto che si dice cieco. O ancora da una voce che sussurra, voltati. Voltarsi è un vero rischio. Tutto in apparenza indica qui la rinuncia, il ritorno indietro».
Voltarsi, tornare indietro sui propri passi, sulle proprie decisioni: questo è il fil rouge che collega Elogio del rischio della psicanalista Anne Dufourmantelle e la storia di Orfeo ed Euridice, nelle Metamorfosi di Ovidio.
Il primo è un saggio sull'importanza del rischio e della libertà di decidere, per aprire una linea d’orizzonte nuova e trovare una dimensione del tempo e della relazione non più schiava del controllo e della dipendenza. Un elogio al rischio che ci conduce verso l'ignoto, permettendoci di riconqusitare la vita vera. Il secondo è un classico della letteratura latina, che con i suoi miti ha attraversato i secoli fino ad arrivare a noi sul lettino dello psicanalista, in uno dei brevi racconti all'interno del volume di Dufourmantelle.
Come Orfeo si volta indietro per assicurarsi che Euridice lo stia seguendo verso la luce, verso l’uscita dagli Inferi, così l’Euridice raccontata da Dufourmantelle, convinta che sarebbe morta giovane, rassegnata quasi a questo suo destino, d’un tratto torna sui suoi passi, sulla lieta accettazione del suo futuro: ha paura di morire. «Forse lei ha voglia di vivere, ancora un po’?» chiede lo psicanalista che la cura, la cui voce alla radio l’aveva colpita, un po’ come Orfeo con la sua lira, lo stesso analista che poi effettivamente morirà giovane, dando simbolicamente una seconda opportunità alla ragazza, una seconda vita «non tanto restituita quanto bruscamente donata. Questa vita giunta con quella paura, con le parole dette da lui, e con la sua morte».
Questa Euridice dunque viene salvata, non viene risucchiata nel buio dell'Averno, Anne Dufourmantelle le dà una seconda possibilità che questa volta non viene sprecata, anche se «la paura restava comunque, come un piccolo animale, un gattino posto sotto la sua protezione». La paura non se ne va mai, sta a noi cercare di addomesticarla, di correre il rischio.
«Prendere il rischio di non morire pone la questione di sapere cosa fa di noi dei viventi, ma più ancora degli esseri capaci, come Euridice, di richiamare».
Nel mito non si parla mai del richiamo di Euridice, ma il richiamo e il rispondere ad esso, secondo l’autrice, è l’essenza del legame umano. È un legame che ci attraversa e ci costituisce «come esseri capaci di quest’evento sbalorditivo: amare», un legame che ci farebbe attraversare anche l'Inferno, se fosse necessario, pur di non perdere la persona amata.
(di Chiara Ascoli)
|
||||||||||||
€ 16,00
|
Articolo letto 325 volte.
Inserisci un commento