Imparare dallo sguardo delle vacche di Nietzsche

Imparare dallo sguardo delle vacche di Nietzsche

28.08.2023
Oggi, come forse mai prima d’ora ricordiamo troppo: abbiamo troppi supporti per conservare e tenere traccia dei nostri ricordi, per immagazzinarli, non smettiamo mai di ricordare i momenti belli, ma anche e soprattutto le cose che ci fanno paura o che ci causano tristezza e sofferenza, non ci stupiamo più di niente, sentiamo di avere già visto tutto (o di poterlo fare ogni volta che vogliamo).

Il filosofo catalano Josep Maria Esquirol in La penultima bontà. Saggio sulla vita umana prova a darci qualche suggerimento con una originalissima analisi di Così parlò Zarathustra, dove si concentra sullo sguardo della vacche: «Le vacche piacciono molto a Nietzsche che, anche se non elogia mai la mandria o l’addomesticamento, ne esalta in certe occasioni la capacità di ruminare. L’uomo moderno, ansioso e inquieto, dovrebbe imparare a masticare meglio, vale a dire ripetere di più e con più calma. Ruminare significa alimentarsi pacificamente e pazientemente, semisdraiati, un po’ assonnati e con fare imbambolato e pensieroso. Però, visto che i gesti possono essere ambivalenti, in altre occasioni al filosofo di Sils-Maria l’azione di ruminare non piace affatto, perché suggerisce l’idea di cose troppo masticate, amorfe: una cultura delle pappette.»

E continua: «Sempre a proposito di vacche, Nietzsche evidenzia quella che secondo lui è la differenza fondamentale tra queste e l’uomo. Prova a immaginarti appoggiato alla recinzione del prato dove pascola la mandria di vacche. C’è un esemplare a pochi metri di distanza che, notando la tua presenza, solleva il muso e ti guarda con un’espressione impassibile. Dopo poco, alza ancora il muso e torna a guardarti. E lo fa come se fosse la prima volta, non la seconda. Com’è possibile? Be’, proprio qui risiede – pensa Nietzsche – il segreto della sua felicità. Sembra che la vacca rimanga tutto il tempo assorta nel presente e non conservi memoria del passato, nemmeno del passato recente. Questo ancorarsi al qui e ora le dà la felicità che a noi manca perché non smettiamo mai di ricordare». 

Cerchiamo quindi la felicità delle vacche?
Ecco come risponde Esquirol: «No di certo. Però è vero che gran parte del nostro soffrire dipende dal fatto di sentire la vita in quanto vita personale, e di ricordare e avere ben presenti le sofferenze e le paure disseminate lungo il cammino proprio e quello altrui».

Ma possiamo comunque imparare qualcosa dallo sguardo di una vacca?
«Certo che sì: il saper ripetere; ripetere come se in qualche modo fosse la prima volta».

Esquirol continua la storia conducendoci verso un inatteso e curioso incontro tra Zarathustra e san Francesco d’Assisi; per scoprirlo vi consigliamo la lettura del libro.
Con o senza lo sguardo delle vacche.

(di Chiara Ascoli)
 
La penultima bontà
La penultima bontà
Autore: Josep Maria Esquirol
Collana: Transizioni
Formato: Libro | Editore: Vita e Pensiero | Anno: 2019 | Pagine: 172
Il mistero della vita non risiede in un paradiso impossibile da cui siamo stati cacciati né nell’ultimità della morte, ma nella penultimità della vita che vive e si sente vivere.
€ 16,00

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