La «bella apparenza» e la verità

«La posizione di Platone dovrebbe essere considerata anzitutto come un caso esemplare in cui, a mio parere, si possono ravvisare alcuni elementi che riguardano direttamente la nostra situazione oggi. Vi sono buone ragioni per ritenere che Platone abbia riconosciuto, citato e combattuto, nella sofistica a lui contemporanea, un pericolo e una minaccia che accompagnano da sempre la vita dello spirito e la vita della società».
Così inizia Abuso di parola, Abuso di potere di Josef Pieper, che in questo saggio denuncia la corruzione della parola, a cui corrisponde una corruzione della società e di chi la governa, sostenendo l’importanza di prendersi cura delle parole, del loro significato che rende riconoscibile la verità, perché «l’habitat naturale della verità è lo scambio dialogico tra gli esseri umani […] e pertanto l’ordine dell’esistenza, in particolare della vita sociale, è essenzialmente fondato sull’ordine del linguaggio».
Josef Pieper chiama appunto in aiuto Platone, che nei suoi scritti si scagliava contro i sofisti, i quali utilizzavano la retorica per ottenere consensi politici, anche a costo della verità. Questo abuso della parola è un rischio storico permanente, tanto che anche Hegel, ci ricorda Pieper, scriveva che «la sofistica non è così lontana da noi come si pensa». Un abuso che nel corso dei secoli, perfezionandosi, è diventato strumento di tirannie e totalitarismi, portando ad un tipo di violenza che non si è limitata più a quella verbale.
Pieper si chiede: «Ma cosa significa corruzione della parola? È chiaro che non si può rispondere a questa domanda se non si ha un’idea precisa di ciò che costituisce la dignità e la “funzione” della parola stessa nel complesso dell’esistenza. La conquista della parola umana e del linguaggio – così indubbiamente risponderebbe Platone, in accordo con la grande tradizione del pensiero occidentale – è sempre duplice, motivo per cui si deve presumere fin da principio che la parola può ugualmente corrompere o essere corrotta in due diversi modi. Il primo riguarda il fatto che, nella parola, la realtà emerge nella sua chiarezza. Si parla per rendere conoscibile qualcosa di reale attraverso la sua designazione. Conoscibile per qualcuno, ovviamente; e questo rappresenta il secondo aspetto, il carattere comunicativo del linguaggio. Questi due aspetti del linguaggio e della parola, sebbene distinguibili, sono tuttavia inseparabili».
E sui sofisti vale la pena rileggere ancora Platone, che nell’Eutidemo fa dire a Socrate: «Questi stanno a mezza strada tra un uomo filosofo e un uomo politico. Essi credono di essere i più sapienti di tutti gli uomini, e, oltre a esserlo, di venire anche considerati molto sapienti dai più, tanto che, alla buona reputazione che hanno dalla parte di tutti, solo i filosofi e non altri sono a loro di ostacolo» ma «si tratta di bella apparenza, ben più che di verità».
(di Chiara Ascoli)
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