Lo sguardo contemplativo

Senza la quiete l’uomo
non è in grado di vedere
ciò che è acquietato
Byung Chul-Han
C'è un tempo del lavoro e un tempo diverso, che raramente riusciamo a gustare anche quando non lavoriamo. L’accelerazione generale della vita priva infatti l’uomo della capacità contemplativa, come spiega Byung-Chul Han nel Profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose. Per questa ragione ci restano precluse quelle cose visibili solo a uno sguardo contemplativo, uno sguardo che pratica la cordialità e una distanza dalle cose che diventa prossimità. Di seguito un breve estratto dal libro.
«Vi sono eventi, forme o vibrazioni accessibili soltanto a uno sguardo lungo e contemplativo, e che restano invece nascosti a uno sguardo operativo: si sottrae alla presa violenta tutto ciò che è fine, fugace, inapparente, insignificante, fluttuante o retrocedente.
Heidegger è in cammino verso un altro tempo che non sia un tempo del lavoro, verso il tempo di ciò che permane ed è lento, che rende possibile l’indugiare. Se il lavoro mira, in fondo, al dominio e all’incorporazione, annullando la distanza dalle cose, lo sguardo contemplativo, invece, le risparmia, lasciandole nel loro spazio e nel loro splendore. Esso è una pratica di «cordialità».
Le seguenti parole heideggeriane esprimono allora ben più di una saggezza popolare: “La rinuncia non toglie: dona. Essa dona l’inesauribile forza della semplicità”.
Lo sguardo contemplativo è ascetico nella sua rinuncia a rimuovere la distanza, a incorporare. E su questo punto anche Adorno è vicino a Heidegger: “Lo sguardo lungo e contemplativo [...] è sempre quello in cui l’impulso verso l’oggetto è spezzato, riflesso. La contemplazione senza violenza, da cui viene tutta la felicità della verità, impone all’osservatore di non incorporarsi l’oggetto.”
Lo sguardo lungo e contemplativo si esercita nella salvaguardia della distanza dalle cose, senza tuttavia perdere la prossimità a queste. La sua formula spaziale è "prossimità nella distanza"».
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