Papa Benedetto XVI: la passione per l'uomo
di Benedetto XVI
Il nostro tempo è tempo di grandi e rapide trasformazioni, che si riflettono anche sulla vita universitaria: la cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette “produttive”, di ambito tecnologico ed economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso.
La cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato. In questo contesto, le motivazioni e le caratteristiche stesse della istituzione universitaria vengono poste radicalmente in questione. A novant’anni dalla sua fondazione, l’Università Cattolica del Sacro Cuore si trova a vivere in questo tornante storico, in cui è importante consolidare e incrementare le ragioni per le quali è nata, recando quella connotazione ecclesiale che è evidenziata dall’aggettivo “cattolica”; la Chiesa, infatti, “esperta in umanità”, è promotrice di umanesimo autentico.
Emerge, in questa prospettiva, la vocazione originaria dell’Università, nata dalla ricerca della verità, di tutta la verità, di tutta la verità del nostro essere. E con la sua obbedienza alla verità e alle esigenze della sua conoscenza essa diventa scuola di humanitas nella quale si coltiva un sapere vitale, si forgiano alte personalità e si trasmettono conoscenze e competenze di valore. La prospettiva cristiana, come quadro del lavoro intellettuale dell’Università, non si contrappone al sapere scientifico e alle conquiste dell’ingegno umano, ma, al contrario, la fede allarga l’orizzonte del nostro pensiero, è via alla verità piena, guida di autentico sviluppo. Senza orientamento alla verità, senza un atteggiamento di ricerca umile e ardita, ogni cultura si sfalda, decade nel relativismo e si perde nell’effimero. Sottratta invece alla morsa di un riduzionismo che la mortifica e la circoscrive può aprirsi a un’interpretazione veramente illuminata del reale, svolgendo così un autentico servizio alla vita. Fede e cultura sono grandezze indissolubilmente connesse, manifestazione di quel desiderium naturale videndi Deum che è presente in ogni uomo. Quando questo connubio si infrange, l’umanità tende a ripiegarsi e a rinchiudersi nelle sue stesse capacità creative.
È necessario, allora, che in Università abiti un’autentica passione per la questione dell’assoluto, la verità stessa, e quindi anche per il sapere teologico, che nel vostro Ateneo è parte integrante del dispositivo curricolare. Unendo in sé l’audacia della ricerca e la pazienza della maturazione, l’orizzonte teologico può e deve valorizzare tutte le risorse della ragione. La questione della Verità e dell’Assoluto – la questione di Dio – non è un’investigazione astratta, avulsa dalla realtà del quotidiano, ma è la domanda cruciale, da cui dipende radicalmente la scoperta del senso del mondo e della vita. Nel Vangelo si fonda una concezione del mondo e dell’uomo che non cessa di sprigionare valenze culturali, umanistiche ed etiche. Il sapere della fede quindi illumina la ricerca dell’uomo, la interpreta umanizzandola, la integra in progetti di bene, strappandola alla tentazione del pensiero calcolatore, che strumentalizza il sapere e fa delle scoperte scientifiche mezzi di potere e di asservimento dell’uomo.
L’orizzonte che anima il lavoro universitario può e deve essere la passione autentica per l’uomo. Solo nel servizio all’uomo la scienza si svolge come vera coltivazione e custodia dell’universo (cfr. Gen 2,15). E servire l’uomo è fare la verità nella carità, è amare la vita, rispettarla sempre, a cominciare dalle situazioni in cui essa è più fragile e indifesa.
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