Per la Quaresima: Petrosino e le tentazioni di Gesù
![]() Pane e Spirito
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autori: | Silvano Petrosino |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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La quaresima non dovrebbe essere solo momento di rinuncia e sacrificio, ma anche tempo per nutrirsi della Parola di Dio. Il brano che segue, sulla prima delle tentazioni del diavolo nel deserto, è tratto da Pane e Spirito di Silvano Petrosino.
La scena delle tentazioni di Gesù nel deserto è nota. In essa si descrive il drammatico scontro tra due ‘maestri’ che si sfidano a colpi di citazioni: si tratta in effetti – ritorna la grande questione della libertà/responsabilità – di due diversi modi di interpretare i segni, nello specifico di leggere le Sacre Scritture al fine di svelarne il senso. Come tentare un uomo come Gesù? Satana non ha dubbi: lo si può tentare solo con la Parola di Dio, attraverso la Parola di Dio e in particolare con il richiamo al bene che questa Parola non si stanca di proclamare.
La scena delle tentazioni di Gesù nel deserto è nota. In essa si descrive il drammatico scontro tra due ‘maestri’ che si sfidano a colpi di citazioni: si tratta in effetti – ritorna la grande questione della libertà/responsabilità – di due diversi modi di interpretare i segni, nello specifico di leggere le Sacre Scritture al fine di svelarne il senso. Come tentare un uomo come Gesù? Satana non ha dubbi: lo si può tentare solo con la Parola di Dio, attraverso la Parola di Dio e in particolare con il richiamo al bene che questa Parola non si stanca di proclamare.

Da questo punto di vista le tre tentazioni narrate nel brano evangelico non stanno affatto sullo
stesso piano; le prime due sono le più insidiose e potenti, mentre la terza – «adorami e possiederai tutti i regni del mondo» – è una sorta di carta disperata che il tentatore, sentendosi ormai sconfitto, gioca non sapendo più che fare: infatti, come si può pensare che un uomo come Gesù si lasci convincere dal potere e dalla ricchezza di questo mondo? Satana, dunque, tenta Gesù non tanto spingendolo verso il male quanto piuttosto sollecitandolo a non esitare un istante a compiere il bene; ed è proprio in tale sollecitudine che si nasconde la trappola.
Dopo quaranta giorni di digiuno Gesù ha fame; lo ‘spirito del mondo’, che conosce la forza del bisogno e la densità ontologica del ‘mio’, ma che al tempo stesso sa anche che l’uomo non è mai riducibile ai suoi bisogni, sfrutta la circostanza e propone al ‘Figlio dell’uomo’ di non perdere tempo facendo del pane il solo spirito dell’uomo. In effetti la vera posta in gioco in una simile proposta non è rappresentata tanto dalla particolare fame di Gesù, dal suo bisogno, quanto piuttosto, attraverso di essa, dalla fame di tutti gli uomini; Satana non sta parlando del pane per Gesù ma del bene per tutti gli uomini; è come se dicesse: «trasformando le pietre in pane Tu farai del bene, ma non solo e non soprattutto a Te, ma a tutti gli uomini». L’astuzia diabolica sta precisamente in questo: per fare del pane il solo spirito dell’uomo è necessario ‘rivestirlo’ del bene per tutti gli uomini. Il pane viene così interpretato/presentato, diabolicamente, come la garanzia stessa della ‘felicità umana’. A questa interpretazione Gesù ne oppone un’altra: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Non si finirà mai di interrogarsi su queste poche parole; nei limiti del ragionamento fin qui sviluppato, è forse sufficiente osservare che la risposta di Gesù rinvia a Dio, a tutto ciò che proviene da Lui, per la precisione: a tutte le Sue parole, come all’unico nutrimento all’altezza del modo d’essere dell’uomo. Allo ‘spirito del mondo’ che vuole fare del pane il tutto dell’uomo, il ‘Figlio dell’uomo’ risponde facendo dello Spirito di Dio il vero ‘pane’ dell’uomo: qualsiasi altro nutrimento che non provenga da Dio magari aiuterà momentaneamente l’uomo, gli darà una qualche soddisfazione, lo farà persino per un po’ sopravvivere, ma infine lo farà ammalare e morire (è il destino dell’idolo: non cade subito, per un po’ regge e sostiene, ma alla fine crolla). Nonostante tutto, nonostante l’innegabile debolezza e bisogno di pane, nonostante la desolazione del deserto, Gesù dunque non indietreggia e non esita un istante a rendere testimonianza all’uomo, a onorare il suo esclusivo modo d’essere: neppure un uomo affamato e stanco (gli «infimi mendicanti» di Shakespeare) vive di solo pane. Solo ciò che esce dalla bocca di Dio coltiva-e custodisce quell’essere spirituale che è l’uomo: solo Dio è il ‘pane’ dell’uomo.
Satana, dicevo, ha fretta; egli, che conosce la natura dell’uomo e la forza del bisogno, sa che la fame di pane è un alleato formidabile; è come se dicesse: «Non ci vuole nulla; per te, che ti dici Figlio di Dio, è una sciocchezza, fai immediatamente il bene, trasforma queste pietre in pane e non solo potrai subito sfamarti, ma soprattutto renderai subito tutti gli uomini felici». Gesù gli risponde non cadendo nella trappola del miracolismo, di quell’immediatezza magica il cui fascino principale sta esattamente nel far credere che la fede e la libertà, con i loro tempi sempre drammatici e giocoforza lunghi (il coltivare- e-custodire impone un tempo lungo, irriducibile all’istante della magia), siano del tutto inutili. In questo confronto con il tentatore non si tratta dunque di una sorta di elogio dello spirituale contro il materiale, dell’interiorità contro l’esteriorità, di una difesa della superiorità dello spirito contro le bassezze del pane, quanto piuttosto dell’opposizione tra due modi di interpretare (come si addice a un autentico scontro tra due ‘maestri’ delle Scritture) sia il pane che lo spirito: il tentatore vuole trasformare lo spirito in cosa, Gesù insiste nel leggere nel pane un segno. In fondo è proprio questo il cuore del tesissimo confronto che si svolge nel deserto, quando non a caso Gesù ha fame, certamente anche di pane: quale pane nutre quell’essere spirituale che è l’uomo, quale pane è spirito per l’uomo?

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