«Più vasto del cielo»: il cervello in versi

«Più vasto del cielo»: il cervello in versi

07.08.2022

«È più vasto del cielo – il cervello – 
prova a metterli accanto – 
e l’uno l’altro conterrà sicuro – 
ed inoltre – anche te – 

È più profondo del mare – il cervello – 
se tieni fisso l’uno all’altro azzurro – 
l’uno dall’altro sarà assorbito – 
come spugna in un secchio – 

Pesa il cervello proprio quanto Dio – 
tu sollevali insieme –  
libbra a libbra –Al massimo sarà la differenza  
del suono dalla sillaba–» 

Che cos’hanno in comune Maryanne Wolf, neuroscienziata e cognitivista, ed Emily Dickinson, poetessa dell’800, oltre alla cittadinanza statunitense? E cosa abbiamo noi in comune con loro? Un cervello che legge, che ha creato un circuito cerebrale ad hoc per questa funzione, come spiega Maryanne Wolf nel suo Lettore, vieni a casa: «perché leggere non è un processo naturale e neppure innato; in realtà è un’invenzione culturale innaturale che esiste da appena seimila anni».  

La scienza, che indaga l’evoluzione del nostro cervello e il modo in cui abbiamo negli anni imparato a leggere, negli ultimi anni si è concentrata sui cambiamenti dovuti all'impatto degli strumenti digitali sui circuiti neuronali. Secondo la Wolf con la perdita della lettura profonda - l'unica esercitabile attraverso la lettura lenta, su carta – corriamo il rischio di perdere alcune capacità come l'empatia, l'introspezione, la capacità critica e l'immaginazione creativa: «Che cosa accadrà ai lettori più maturi che cominciano a perdere contatto con quel sentimento di empatia nei confronti di persone al di fuori dei loro legami familiari o della loro comprensione?», e ancora: «l’atto di assumere la prospettiva e le emozioni degli altri è uno dei contributi più intensi e meno riconosciuti dei processi della lettura profonda».  

Immaginazione creativa che di certo non mancava a Emily Dickinson, che, sebbene ad un certo punto della sua vita decise di ritarasi senza uscire quasi più dalla casa paterna, continuò a viaggare attraverso la letttura, grazie alla capacità unica dei libri «di comunicare con un altro essere e di ‘sentirne’ le emozioni senza spostarsi di un centimetro al di fuori del proprio mondo privato. Questa capacità che la lettura ci dà – lasciare la propria sfera senza davvero lasciarla – dava alla reclusa Emily quello che lei chiamava la sua «fregata» personale per viaggiare verso altre vite e altre terre fuori del suo "posatoio", che dava sulla Main Street di Amherst, nel Massachusetts».

Realizzò
 così una
vastissima produzione poetica legata alla vita quotidiana, ai moti dell’anima e ai grandi temi dell'umano: amore, morte, solitudine. «Emily Dickinson è la mia preferita tra i poeti americani del XIX secolo», scrive la Wolf, «lo era già prima di rendermi conto di quanto avesse scritto sul cervello, e da uno dei più improbabili e circoscritti posti di osservazione: la finestra al secondo piano della sua casa [...]. Quando scrisse "Di’ tutta la verità ma dilla obliqua – il successo sta in un circuito", non poteva sapere dei molti circuiti cerebrali esistenti. Ma come i grandi neurologi del XIX secolo, aveva una comprensione intuitiva delle capacità proteiformi del cervello». 

Quel cervello «più vasto del cielo», come lo ha definito la poetessa, cogliendone la quasi miracolosa abilità di uscire dai propri confini per sviluppare nuove funzioni.

All'interno della sua vasta produzione poetica, troviamo anche un componimento in cui è anche capace di mettere in versi 
il suo attacco epilettico 

«Sentivo un Funerale, nel Cervello, 
E i Dolenti avanti e indietro 
Andavano – andavano – finché sembrò 
Che il Senso fosse frantumato – 

E quando tutti furono seduti, 
Una Funzione, come un Tamburo – 
Batteva – batteva – finché pensai 
Che la Mente si fosse intorpidita – 

E poi li udii sollevare una Cassa 
E cigolare di traverso all’Anima 
Con quegli stessi Stivali di Piombo, ancora, 
Poi lo Spazio – iniziò a rintoccare, 

Come se tutti i Cieli fossero una Campana, 
E l’Esistenza, solo un Orecchio, 
Ed io, e il Silenzio, una Razza estranea 
Naufragata, solitaria, qui – 

E poi un’Asse nella Ragione, si spezzò, 
E caddi giù, e giù – 
E urtai contro un Mondo, a ogni tuffo, 
E Finii di sapere – allora –».   

Questo mettere su carta la propria malattia, dare un nome a quello che succede nel corpo e nella testa di chi sta male, pratica chiamata "medicina narrativa", è uno dei tanti vantaggi della scrittura, e quindi della lettura, che trasforma il non detto in detto, che aiuta e dà conforto. 

(di Chiara Ascoli) 

 
Lettore, vieni a casa
Lettore, vieni a casa
Autore: Maryanne Wolf
Collana: Varia. Saggistica
Formato: Libro | Editore: Vita e Pensiero | Anno: 2018 | Pagine: 224
Alle soglie di una transizione senza precedenti, Maryanne Wolf si rivolge al ‘Lettore’ come a un amico, raccontandogli in una serie di lettere i cambiamenti del cervello che legge in un mondo digitale.
€ 20,00

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