La bellezza del limite, per rimanere umani

La bellezza del limite, per rimanere umani

01.06.2023
Monaco della comunità di Bose, biblista, Luciano Manicardi è autore di un volume ricco di spunti e riflessioni sul nostro essere al mondo, un percorso interdisciplinare che inizia dall’importanza delle parole e arriva alla volontà come amore. Lo abbiamo incontrato per approfondire alcuni dei temi toccati nel libro La passione per l’umano.

Iniziamo dalle parole, in particolare da quelle che formano il titolo: la prima è passione. Una parola che ha plurimi significati a seconda del contesto. La seconda è umano, termine che lei lega alla facoltà del parlare bene. Cos’è questa passione per l’umano
Potrei rispondere con «Homo sum humani nihil a me alienum puto». La passione in questo caso è la curiositas, quella facoltà per cui appunto, come ricorda Terenzio in Il punitore di se stesso, tutto quello che riguarda l’umano mi interessa, mi sta a cuore. Con “umano” intendo sia ciò che è veramente degno dell’essere umano, sia le sue fragilità e il suo essere inumano. Il poeta Auden ha scritto «il male non è mai straordinario ed è sempre umano. Divide il letto con noi e siede alla nostra tavola».

Nel primo capitolo, intitolato proprio La parola, scrive: «La qualità del comunicare è connessa strettamente alla custodia della vita interiore». Comunicazione e vita interiore: cosa hanno a che fare l’una con l’altra?
Quando parliamo e/o comunichiamo diciamo noi stessi. Ad esempio: l’autorevolezza di una persona non è legata al ruolo gerarchico, ma al fatto che quando parla è in ciò che dice. Dire è sempre anche dirsi, per cui il parlare mostra ciò che ognuno di noi è e come si dona all’altro. Per questo credo ci sia una connessione molto forte tra ciò che siamo dentro di noi e quello che esprimiamo.

E quando la comunicazione è impropria o violenta o manipolatoria cosa succede?
Prendere coscienza dello statuto della parola e della responsabilità che essa richiede rientra nel cammino di umanizzazione che è il compito di ogni umano. Compito che comprende anche la lotta per uscire dalla volgarità e dalla superficialità, dalla banalità e dalla manipolazione. Perché quando si presentano questi elementi le relazioni umani, sociali e politiche diventano invivibili.

A proposito sull’uso improprio delle parole c’è un capitoletto dedicato al linguaggio in politica, dove ricorda quanto scriveva Eco a proposito dei talk in tv: «Il vero messaggio è il diverbio».
La parola svolge un ruolo fondamentale nell’edificazione della polis. Come scriveva la Arendt ogni volta che è in gioco il linguaggio, la situazione diviene politica, perché è il linguaggio che fa dell’uomo un essere politico. Ora, nei dibattiti politici in televisione la parola è spesso totalmente snaturata, non i contenuti e le idee sono importanti, ma i duellanti, la virulenza dell’urlo. Mentre nelle dittature la parola viene schiacciata e proibita, in una democrazia corrotta la parola prolifera fino a svuotarsi di senso e potere. Se la parola mente e manipola nascono confusione, smarrimento e sfiducia. Si rischia la rassegnazione al peggio. E naturalmente si arriva a credere anche alla menzogna… 

Anche ridurre le parole violente e razziste a burla o scherzo è una manipolazione?
Nel libro dei Proverbi (26,18-19) leggiamo: «Come un pazzo che scagli tizzoni e frecce di morte così è colui che inganna il suo prossimo e poi dice: Ma si è trattato di uno scherzo». A fronte di persone che uccidono le parole, esistono uomini che si lasciano uccidere per difendere le parole. sia Socrate sia Gesù, martiri della parola, non hanno scritto nulla, ma la loro parola ha mostrato una potenza e una forza straordinarie.

letturaCome si difendono le parole?
Difendendo la verità. Penso ad esempio a don Peppino Diana, ucciso dalla camorra perché dava lustro e luce alle parole devastate dalla mafia. Si difendendo le parole difendendo la democrazia e opponendosi alla corruzione, in ogni luogo e situazione, scoprendo la dimensione etica di ogni parola (la parola è gesto, agisce, nel bene o nel male). Dobbiamo custodire la sacralità della parola per rispettare l’altro. Ci sono stati dei martiri o eroi, certamente, ma ognuno di noi può fare molto appellandosi a un’etica minima dei comportamenti e sorvegliandosi, pensando sempre che in ascolto ci sono altri da rispettare. Il dire e ritrattare tipico della politica recente è manipolatorio.

Tra gli antidoti alla parola corrotta lei segnala la letteratura, quella che “punge e morde”, quella che racconta l’umano. «Leggere è sempre leggersi», scrive. Perché la narrazione cura?
Perché è ciò che fa conoscere meglio il cuore dell’umano, condensa un sapere che dà nome a ciò che spesso non riusciamo a capire da soli, leggendo leggiamo noi stessi, scopriamo qualcosa di noi, ci espone anche a mondi lontanissimi dal nostro punto di partenza e la fa con una potenza straordinaria. Ad esempio Annie Ernaux ha alcune pagine che definirei “abrasive” sulla vergogna. La lettura è magica.

Allora fa ancora bene leggere le favole ai bambini?
Calvino diceva che le favole sono vere. Sono d’accordissimo e consentono ai bambini di scoprire il mondo, la realtà e il prossimo in maniera semplice e arricchente. Si usa anche in psicoterapia il far scrivere favole ai pazienti, perché curano, insegnano che può esserci un lieto fine anche in mezzo alle difficoltà.

Al cuore del libro insieme alla parola e alla narrazione ci sono tre enigmi dell’umano: la menzogna, l’invidia, la vergogna. Nel raccontare il primo lei cita la vicenda di Jean-Claude Romand, un uomo che ha finto per anni di essere qualcun altro per poi trucidare la sua famiglia (moglie, genitori e figli); una storia che è diventata protagonista del romanzo L’Avversario di Carrère. La domanda di fronte a questi casi complessi di cronaca nera è spesso una: come è stato possibile?
La potenza della menzogna non si manifesta solo nell’atto verbale, ma anche nei gesti, nei comportamenti, negli atti quotidiani, in una vita. E tocca abissi di oscurità che vanno ben oltre ciò che intendeva Agostino parlandone come di questione oscura. Evoca qualcosa di infero che è in noi, nell’uomo. Romand ha nutrito un’illusione a cui ha finito per credere lui stesso e le menzogne hanno sempre bisogno di altre bugie e camuffamenti, all’infinito. Lui esibiva agli altri un’immagine straordinaria di sé – medico di successo, padre e marito esemplare, amico fedele, figlio impeccabile – costruita su niente, nascondendo solo meschinità e una piccolezza banale che è esplosa nella violenza nel momento in cui la menzogna era arrivata al capolinea.

Nella Bibbia, in particolare nel quarto Vangelo, Satana, l’Avversario, il Diavolo, riceve il nome di Menzognero: «Il diavolo […] quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna»
(Gv 8,44). La metafora diabolica appare a Carrère come la più adatta per esprimere la potenza della menzogna, che si manifesta come forza irresistibile a cui J.-C. non è riuscito a opporre resistenza.

Guido Reni, Carità
Nel capitolo dedicato all’invidia ci sono molti paralleli con il mondo dell’arte, una correlazione legata al significato della parola stessa, uno sguardo distorto verso l’altro che lotta tra limite personale e desiderio. C’è un equilibrio positivo tra questi due estremi?
Invidēre significa guardare ‘con sguardo bieco, di traverso’. Si tratta di un ‘non vedere’, o meglio, di un ‘vedere contro’. L’emulazione è invece positiva perché è dinamismo di sviluppo, di crescita, guardiamo a chi è migliore di noi per migliorarci. Per fare un esempio nel mondo dell’arte penso a Guido Reni e Caravaggio. Di fronte a un genio cosa puoi fare? Reni era assillato dalla crocifissione di san Pietro che Caravaggio aveva dipinto per la chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma: confrontandolo con lo stesso soggetto che egli stesso aveva dipinto per la chiesa di San Paolo alle Tre Fontane, capì di non potersi illudere… di non poter fare meglio. Decise però di imparare: emulò lo stile, cercò un maggior realismo e non a caso il risultato fu quella Carità (che, tra l’altro, è l’esatto contraltare all’invidia) che ora è al Metropolitan Museum di New York.

Non è arrendersi?
È un sano confronto con la realtà. Chiaro che questa accettazione di sé e dell’altro, che porta a qualcosa di molto positivo, comporta l’elaborazione di un lutto. Si tratta di acconsentire alla propria mancanza e accettare la propria limitatezza. L’equilibrio viene dall’esame della realtà: si tratta di imparare a desiderare il possibile, non l’impossibile come dicono le pubblicità, perché allora si rischia l’infelicità perenne. Il limite è salutare, ci dà una forma, ci aiuta a vivere meglio.

Arriviamo alla vergogna, un sentimento oggi forse in crisi nell’epoca di trasparenze ed esibizionismi tra social e reality?
Ricordo un bell’articolo di Galimberti nel quale commentava le parole di un personaggio del mondo dello spettacolo che continuava a ripetere “non ho niente da nascondere”. Il mito della trasparenza, già criticato da Byung-Chul Han, è un’idea di libertà perniciosa, perché non libera un bel niente. Oggi la vergogna ha cambiato statuto, come il pudore; intendiamoci, non è questione di centimetri di pelle scoperta, ma del pudore dell'animo, che è custode della libertà, come spiega Monique Selz. Abbiamo bisogno di pause, abbiamo bisogno di un nascondimento; non è doppiezza, serve a preservare l’intimità. Non possiamo essere sempre estroversi, altrimenti svendiamo la dignità.

Perché questo libro termina con un capitolo dedicato alla volontà?
Perché è una risorsa umana forse oggi sottovalutata, eppure è la possibilità di decidersi, di fare qualcosa di sé, di indirzzare il desiderio sapendo che abbiamo delle risorse da mettere in gioco, non sognando o illudendoci, ma trovando il nostro modo cosciente di stare al mondo. E magari ricordarci di avere anche la possibilità di dire dei no.

(a cura di Velania La Mendola)
 
La passione per l'umano
La passione per l'umano
Autore: Luciano Manicardi
Collana: Transizioni
Formato: Libro | Editore: Vita e Pensiero | Anno: 2023 | Pagine: 304
Manicardi esplora sentimenti e vissuti quotidiani in un approccio interdisciplinare, seguendo il filo conduttore delle grandi domande della nostra esistenza: chi è l’uomo e che cos’è la condizione umana.
€ 18,00

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