Camminare con gli altri in fraternità

Camminare con gli altri in fraternità

07.09.2021
Oasi di fraternità
Oasi di fraternità
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formato: Libro
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Riflettere sul tema dei giovani e sulla vita comunitaria: questo lo scopo di Oasi di fraternità. Nuove esperienze di vita comune giovanile, opera curata da Paola Bignardi, Fabio Introini, Cristina Pasqualini. L’analisi del rapporto tra giovani e Chiesa si basa sui risultati dell’indagine empirica che l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo ha condotto tra settembre 2019 e novembre 2020 sul territorio lombardo. L’opera divisa in tre parti racconta esperienze di vita comune e letture della vita comunitaria per poi concludere, in piena aderenza al messaggio di papa Francesco, con una riflessione su come il desiderio di camminare insieme e dentro la Chiesa aspiri a cambiare l’istituzione ecclesiale e a formare un nuovo “Noi”, che possa prendersi cura del nostro Pianeta.
Di seguito un breve estratto tratto dal capitolo
La vita comune palestra di relazioni fraterne (sfoglia l'indice del volume).

di Elena Marta 

Nell’esperienza di vita comune vissuta dai partecipanti a questa ricerca sono presenti non solo tutti i tratti della fratellanza sperimentati nelle famiglie, ma c’è anche qualcos’altro: il passaggio dalla fratellanza alle relazioni di fraternità nella comunità. […] Uno dei temi maggiormente emersi dalle loro parole è il fondamento etico delle relazioni fraterne, connotate non dalla ricerca dell’esclusiva soddisfazione dei propri bisogni ma dall’oblatività, dal dono, dal riconoscimento dell’altro e del suo valore nonché dal rispetto per ognuno, nella sua unicità. L’oblatività, il dono, la gratitudine fanno sì che il supporto e la condivisione non vengano piegati a strumenti di soddisfazione narcisistica o, peggio ancora, di subdola prevaricazione sull’altro, ma che diventino il fondamento di autentiche relazioni fraterne. Si sviluppano così relazioni fraterne in cui è rispettato e valorizzato non solo ciò che l’altro fa per noi ma anche ciò che l’altro è. […] Riconoscere l’altro significa vederlo per quel che è con occhi empatici […].

L’azione del riconoscere passa attraverso il vedere l’altro per quello che è: vedere è più che guardare, racchiude in sé la capacità di cogliere l’altro nelle sue parti più nascoste e «riuscire a sintonizzarsi con quei movimenti profondi che ancora non trovano parola [….]», stabilire un dialogo «tra le profondità silenti dell’altro e il cuore di chi guarda» (Punzi, 2018, p. 146), posare sull’altro uno sguardo di sano interesse per lui/lei e la sua vita, accompagnato dal desiderio di comprendere il suo punto di vista e condividere le sue emozioni. Si tratta di uno sguardo rispettoso, benevolo, ma anche attento e capace di tollerare, svelare e valorizzare differenze e criticità. Come ci ricorda il Piccolo principe: «Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi» (De Saint-Exupéry, 2015): il legame può instaurarsi solo attraverso il riconoscimento dell’altro – della sua esistenza e della sua dignità – e l’essenziale del legame è rappresentato dall’investimento affettivo. Da un punto di vista affettivo, il riconoscimento è un movimento di apertura verso l’altro che può dar luogo alla gratitudine, alla sorpresa, alla riconoscenza: ri-conoscere significa vedere l’altro nella sua unicità, con i suoi limiti e i suoi pregi, implica rivisitare e comprendere (cioè prendere dentro di sé) la sua storia come non estranea e, attraverso questo, rivisitare la propria e farne una nuova e più matura conoscenza.

Come afferma Theobald (2016, cit. in Punzi, 2018, p. 153): «È l’uscita da sé verso il fratello che costituisce la fraternità e definisce essenzialmente il nucleo di ogni umanità». Nella scelta di vita comune i giovani hanno trovato una risposta al loro desiderio di vita fraterna, che implicava non solo la condivisione di spazi, ma della vita stessa. La vita comune aiuta a uscire da sé, ad aprirsi all’altro e riconoscersi mancanti e bisognosi dell’altro, ad amare nel quotidiano e nella concretezza della vita. […] Il desiderio è il motore che sorregge il processo di costruzione della fraternità, che, al pari di tutti i processi identitari, si configura come dinamico e dall’esito incerto, caratterizzato da momenti di gioia e di rapida evoluzione, ma anche da momenti di criticità e stallo talvolta frustrante, da finestre di conflitto e di riconciliazione.

Come in tutte le situazioni della vita anche in queste esperienze non mancano occasioni e momenti di conflitto, poiché esso è un dato ineluttabile della vita individuale e collettiva: compone la trama strutturante della dinamica sociale, entra in tutti gli interstizi dell’avventura umana. Il conflitto è un potente motore di cambiamento in quanto offre la possibilità di prendere in considerazione punti di vista differenti, di trovare inattese e inedite soluzioni alla sua gestione o risoluzione. Allenarsi a leggere e gestire i conflitti è estremamente importante oggi, in un periodo storico in cui le persone faticano a valorizzare le differenze, a tollerare il conflitto e subito trasformano la percezione di diversità in aggressività (che è altro rispetto al conflitto). La vita in comune ha offerto a questi giovani, quindi, un luogo protetto in cui hanno potuto non solo riconoscersi come portatori di desideri uguali, ma anche di desideri diversi e hanno trovato uno spazio – fisico e mentale – in cui imparare a gestire la situazione conflittuale, esito della consapevolezza di questa diversità.

 

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