Google ci rende meno liberali?
Cala il sipario sull'ordine liberale?
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autori: | Sonia Lucarelli |
formato: | Libro |
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In libreria dal 20 febbraio il libro di Sonia Lucarelli, docente di Relazioni internazionali all'Università di Bologna, Cala il sipario sull'ordine liberale? Crisi di un sistema che ha cambiato il mondo (collana ASERI), un saggio dallo stile avvincente che analizza le fondamenta, l’evoluzione e la crisi dell’ordine liberale, sottolineando le sfide rappresentate dalle ricette neoliberiste all’economia globale, dalla rivoluzione digitale e dalla necessità di combinare sicurezza e diritti, rivendicazioni particolaristiche e vocazione universalista. Di seguito un'anteprima tratta dal capitolo Tutto in un bit: la rivoluzione digitale e la sfida alle fondamenta dell'ordine liberale.
di Sonia Lucarelli
«Un effetto della rivoluzione digitale sta nella trasformazione del rapporto con i tempi della progettualità politica. Il ‘qui e ora’ della rete lascia poco spazio a forze politiche che propongano progetti di medio-lungo periodo (qual è il processo di integrazione europea). Di questo risentono vari ambiti della politica, anche della politica estera, tradizionalmente ancorata ad alcuni pilastri ‘bipartisan’ che sono sopravvissuti a generazioni di colori politici diversi. Una politica estera portata avanti a colpi di messaggi estemporanei redatti dal presidente degli Stati Uniti sarebbe stata impensabile prima che Twitter avesse acquisito una diffusione come quella che ha consentito a Trump di essere ormai seguito da 64 milioni di persone.
di Sonia Lucarelli
«Un effetto della rivoluzione digitale sta nella trasformazione del rapporto con i tempi della progettualità politica. Il ‘qui e ora’ della rete lascia poco spazio a forze politiche che propongano progetti di medio-lungo periodo (qual è il processo di integrazione europea). Di questo risentono vari ambiti della politica, anche della politica estera, tradizionalmente ancorata ad alcuni pilastri ‘bipartisan’ che sono sopravvissuti a generazioni di colori politici diversi. Una politica estera portata avanti a colpi di messaggi estemporanei redatti dal presidente degli Stati Uniti sarebbe stata impensabile prima che Twitter avesse acquisito una diffusione come quella che ha consentito a Trump di essere ormai seguito da 64 milioni di persone.
Non è tema nuovo il fatto che i cicli elettorali di una democrazia riducano i tempi della progettualità politica, così come è stato da tempo studiato come l’avvento dei mass media abbia influito sui tempi della politica, ma l’era digitale li ha ristretti ulteriormente, non solo perché ha introdotto una comunicazione istantanea e diretta tra leader politici e cittadini, o tra singoli individui (che adesso sono in grado di organizzare raduni o proteste di massa nel giro di poche ore), ma anche perché ha mutato la percezione del tempo. Aoife McLoughlin (2015), ad esempio, ha studiato come la vita online accelera la nostra percezione del tempo che passa. La percezione di tempi più stretti, unita alla tendenza narcisistica che sposta l’attenzione dall’individuo cittadino-nella-società all’individuo/il gruppo social, riducono la possibilità di progettualità politica di medio-lungo periodo.
L’attenzione per il me/noi, qui e ora, cavalcata abilmente dalle forze populiste di destra (‘America first’, ‘l’Italia agli italiani’, ‘Choisir la France’, ‘Our country back’) riduce l’orizzonte della politica e la possibilità di chiedere impegno oggi per la realizzazione di una società ‘migliore’ domani. La capacità di interessarsi a un progetto di domani si sta prosciugando assieme alla crisi delle ideologie (che poi altro non erano che visioni diverse dell’ordine da costruire) e alla capacità di sentirsi responsabili per le generazioni future. Il presentismo ci costringe in un eterno presente con poca consapevolezza del passato e scarso interesse per il futuro altrui. Non è a caso che a rilanciare con forza la questione della gestione globale del cambiamento climatico siano state soprattutto le giovani generazioni che per quel cambiamento certamente pagheranno costi maggiori. Il presentismo non è solo figlio dell’era digitale, naturalmente, ma da questa è stato accelerato, contribuendo a ridurre sia l’interesse nel futuro, sia la fiducia nel progresso – anch’essi elementi fondamentali dell’ordine liberale. […]
L’attenzione per il me/noi, qui e ora, cavalcata abilmente dalle forze populiste di destra (‘America first’, ‘l’Italia agli italiani’, ‘Choisir la France’, ‘Our country back’) riduce l’orizzonte della politica e la possibilità di chiedere impegno oggi per la realizzazione di una società ‘migliore’ domani. La capacità di interessarsi a un progetto di domani si sta prosciugando assieme alla crisi delle ideologie (che poi altro non erano che visioni diverse dell’ordine da costruire) e alla capacità di sentirsi responsabili per le generazioni future. Il presentismo ci costringe in un eterno presente con poca consapevolezza del passato e scarso interesse per il futuro altrui. Non è a caso che a rilanciare con forza la questione della gestione globale del cambiamento climatico siano state soprattutto le giovani generazioni che per quel cambiamento certamente pagheranno costi maggiori. Il presentismo non è solo figlio dell’era digitale, naturalmente, ma da questa è stato accelerato, contribuendo a ridurre sia l’interesse nel futuro, sia la fiducia nel progresso – anch’essi elementi fondamentali dell’ordine liberale. […]
Parafrasando Nicholas Carr, possiamo allora dire che ‘Google ci rende meno liberali’? L’impatto negativo non è affatto scontato e appunto di ‘sfide’ (e non di minacce o sconfitte) abbiamo parlato. Ciò che occorrerebbe è la capacità di una classe politica lungimirante di non cedere alle sirene del narcisismo politico e impegnarsi in tre direzioni fondamentali: una seria riflessione sulla regolamentazione globale della rete e delle trasformazioni tecnologiche ad essa collegate; un’educazione digitale che non si limiti all’apprendimento di programmi e navigazione sicura, ma educhi alla socialità in un contesto di società plurime; la capacità di non venire meno ai pochi principi fondamentali della democrazia liberale lavorando alla rilegittimazione del principio di rappresentanza. Naturalmente, a monte di tutto, occorre che queste élite illuminate vadano alla radice di quello scontento di fondo che ha prodotto la rabbia liberata dalle forze del web che ormai travalica i confini tra on-life e off-life. Il vero dilemma è se una società che funziona nei modi che abbiamo brevemente tratteggiato sia in grado di produrre élite con queste capacità.»
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