La porta dell’autorità

I padri, l'autorità perduta e quella che serve

06.05.2021
La porta dell'autorità
La porta dell'autorità
autori: Mauro Magatti, Monica Martinelli
formato: Libro
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Di seguito un breve estratto dall’introduzione del libro dei sociologi Mauro Magatti e Monica Martinelli, La porta dell’autorità, dedicato ai padri, alle madri, ai maestri, ai testimoni che hanno aperto lo sguardo sull’orizzonte dell’infinito.

Nella confluenza di istanze culturali molto diverse tra loro – dalla sinistra libertaria sbocciata col ’68 al neoliberismo di destra affermatosi negli anni Ottanta –, tutti i pilastri su cui l’ordine morale e sociale si fondava – la tradizione, la patria, la famiglia, la Chiesa, la scuola – con le relative figure dell’autorità – l’anziano, lo statista, il genitore, il sacerdote, il maestro – sono stati attaccati nella prospettiva di entrare in un mondo di pari finalmente liberato dall’autorità, vista come freno alla libera espressione del sé.

Un mutamento profondo che in Italia venne accuratamente registrato da una celebre ricerca sociologica pubblicata nel 1980 – Senza padri né maestri – riguardante gli orientamenti culturali dei giovani di quel tempo. Da allora, quel disegno si è rafforzato e, almeno nella sua parte destruens, in buona parte realizzato. Non c’è posizione sociale oggi che possa dare per scontato il fondamento su cui poggia. Non c’è patrimonio di conoscenza o di saggezza che possa avvertirsi come inespugnabile.
In un mondo a là carte, tutto deve essere a disposizione del singolo individuo a cui piace muoversi in uno spazio aperto nel quale vagare alla ricerca di quella autenticità a cui anela. Eppure, le cose non sono così semplici: è davvero possibile una società senza autorità? […]

Osservare il mondo attorno a noi ci può dare qualche indicazione utile. Se è vero, infatti, che oggi è difficile trovare porti sicuri dove ancorarla, è pur vero che – come l’araba fenice – l’autorità risorge in continuazione dalle sue ceneri, sebbene cambiando continuamente sembianza. Ricostituendosi in forme e con modalità inedite, più fuggevoli e indeterminate, ma non per questo meno rilevanti.

Si pensi alle spinte potenti che in tutto il mondo si vedono nel ritorno impetuoso del ‘padre’ nella forma più dura e stringente dell’uomo forte – da più parti invocato come colui che può mettere ordine al caos di una eguaglianza eccessiva – o del fondamentalismo religioso che cerca di ripristinare il modello del monoteismo inteso come unica legge. In questa prospettiva possiamo forse comprendere qual è il senso di confusione che caratterizza la nostra comune condizione contemporanea. A chi dunque dobbiamo guardare? E come non farsi circuire dalle tante proposte che pretendono di spiegarci il mondo?

In realtà, l’autorità, uscita dalla porta, rientra dalla finestra
. Senza più una sua costituzione, però. In modo disordinato e, per certi versi, informe, nel quale i ‘padri’ – e, tra di essi, anche quelli che, dopo essersi accaniti sul padre rivoltandosi, nella contestazione, contro la sua autorità, ne hanno occupato il posto – consegnano ai figli le loro irresponsabilità: un modello economico entropico, un pianeta pensato come giacimento da cui estrarre sempre di più senza alcuna cura, dei corpi in preda al godimento mortifero.

Un mondo in cui i padri oscillano tra l’essere, da un lato, i gaudenti compagni di gioco dei figli, illudendoli attorno a una libertà senza legami e all’inattualità dell’autorità; o, dall’altro lato, gli occupanti ‘eterni’ di posizioni di potere, di rendita, di prestigio che derubano i figli della possibilità di credere che c’è dell’altro e così di appassionarsi alla vita che deve ancora venire. Incapaci di autorizzare i giovani a iniziare il loro viaggio in mare. Tutto ciò finisce per produrre esiti sorprendenti, molto diversi, di fatto, da quelli attesi dai contestatori degli anni Sessanta. […]

Di fronte a una tale situazione non si tratta di tornare indietro, come pure qualcuno immagina alimentando nostalgie di modelli disciplinari e autoritari. Non si tratta di pensare che sia possibile restaurare un ordine delle cose, fondato sulla riaffermazione di ciò che è stato sconfessato. Si tratta, piuttosto, di andare avanti, tornando a riflettere, ancora una volta, su un termine che rimane essenziale e, insieme, ‘impossibile’: autorità.

Un mondo senza autorità non si regge, se non a costo di perdere la libertà e, con essa, il senso
.

Semmai il problema – rimosso dall’onda lunga di cui adesso vediamo i risvolti negativi – è quello di pensare diversamente l’autorità. Riconoscendone il ruolo essenziale di connettore tra chi viene prima e chi viene dopo (e non solo in senso temporale): mediazione necessaria tra ciò che già c’è e ciò che ancora può nascere e prendere forma.

Quando viene tenuta distinta dal potere, l’autorità può essere vista come una struttura – una ‘porta’ – che, mentre inquadra – definendo così una prospettiva, una direzione –, al tempo stesso apre a un avvenire che ancora non c’è ma che pure non inizia dal nulla.

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