Miguel Benasayag: il tempo di esistere
![]() Funzionare o esistere?
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autori: | Miguel Benasayag |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Funzionare o esistere? È l'interrogativo a cui risponde il filosofo e psicanalista argentino Miguel Benasayag, che si sofferma sulle incrinature della vita e su come queste danno forma alla nostra vita, da giovani e da anziani, con tutte le fragilità. Di seguito un brano in anteprima dal libro Funzionare o esistere? tratto dal paragrafo Il tempo come sinonimo dell'esistenza.
In prigione facevo un sogno ricorrente, che si presentava come un enigma che cercavo di interpretare. In quel sogno, una lunghissima fila di uomini avanzava lentamente verso una scena – in realtà si trattava di un patibolo. Man mano che si avvicinavano, gli uomini potevano ascoltare un pezzo di una storia che un anziano leggeva da un grande libro. Dapprima ne potevano udire dei frammenti, poi la intendevano più chiaramente e infine venivano giustiziati. In quello stesso momento, nel mondo reale, fuori dal sogno, si assisteva all’assassinio di una gran quantità di donne e di uomini: venivano a cercarvi, e tutto finiva. Il sogno voleva dirmi qualcosa. Ora lo so: non era possibile leggere più velocemente il libro che l’anziano leggeva, bisognava semplicemente esistere.
In prigione facevo un sogno ricorrente, che si presentava come un enigma che cercavo di interpretare. In quel sogno, una lunghissima fila di uomini avanzava lentamente verso una scena – in realtà si trattava di un patibolo. Man mano che si avvicinavano, gli uomini potevano ascoltare un pezzo di una storia che un anziano leggeva da un grande libro. Dapprima ne potevano udire dei frammenti, poi la intendevano più chiaramente e infine venivano giustiziati. In quello stesso momento, nel mondo reale, fuori dal sogno, si assisteva all’assassinio di una gran quantità di donne e di uomini: venivano a cercarvi, e tutto finiva. Il sogno voleva dirmi qualcosa. Ora lo so: non era possibile leggere più velocemente il libro che l’anziano leggeva, bisognava semplicemente esistere.
Prendo un altro esempio personale per illustrare questo concetto del tempo e dell’esistenza.
Quando ero un giovane adolescente a Buenos Aires, durante una delle molteplici dittature che si sono succedute nel Paese, c’era un cinema che si arrabattava a proiettare, nonostante la forte censura, film d’arte e d’essai. Un giorno assistetti alla proiezione di un’opera dell’avanguardia giapponese esistenzialista, una trilogia che durava più o meno dodici ore. Quella trilogia, intitolata La condizione dell’uomo (almeno così era stato tradotto il titolo), raccontava la storia di un uomo che nella sua vita attraversa tre situazioni molto diverse tra loro. In un primo momento, lavorando come tecnico, ha a che fare con dei prigionieri cinesi; successivamente, impegnato come combattente, deve affrontare quella nuova situazione; infine, viene fatto lui stesso prigioniero. In ogni situazione, il personaggio cercava di non agire in modo meccanico – seguendo l’etichetta, il ruolo assegnato –, ma di assumere la situazione, di prenderne coscienza. Si può qui riconoscere la tematica esistenzialista: un secondino non è un secondino, non più di quanto un combattente sia un combattente e così via. Nessuna situazione può ridursi all’enunciazione delle parti che la compongono, il tutto si ridefinisce ogni volta nella, attraverso e per la situazione in cui e attraverso cui le persone esistono. Sentivo di avere molte cose da dire, nelle pause avrei voluto discuterne con gli altri spettatori, ma nessuno prestava attenzione a un adolescente di 14 anni. Avevo in ogni caso la fortissima sensazione che quel film, al di là di qualunque identificazione psicologica con il personaggio, delineasse ciò che certamente mi sarebbe toccato di vivere nella mia stessa vita.
Il tempo è trascorso, anch’io sono stato un combattente, un prigioniero, un esule. Arrivando in Francia, ho cercato quel film che mi aveva accompagnato come un amico, come un punto di riferimento in tutti gli anni di lotta, di prigione, di tortura. Nessuno lo conosceva, e tutti mi parlavano di Malraux – era d’obbligo, visto il titolo. Mi ci sono voluti quarant’anni per mettere le mani sul dvd del film e poter infine rivederlo, con mia moglie. È stato un magnifico reincontro.
Cosa sarebbe accaduto se, anziché continuare il mio cammino con il mio ‘amico giapponese’ per quattro decenni, avessi potuto, appena arrivato in Francia, ordinarlo premendo semplicemente un tasto del computer?
Miguel Benasayag
Quando ero un giovane adolescente a Buenos Aires, durante una delle molteplici dittature che si sono succedute nel Paese, c’era un cinema che si arrabattava a proiettare, nonostante la forte censura, film d’arte e d’essai. Un giorno assistetti alla proiezione di un’opera dell’avanguardia giapponese esistenzialista, una trilogia che durava più o meno dodici ore. Quella trilogia, intitolata La condizione dell’uomo (almeno così era stato tradotto il titolo), raccontava la storia di un uomo che nella sua vita attraversa tre situazioni molto diverse tra loro. In un primo momento, lavorando come tecnico, ha a che fare con dei prigionieri cinesi; successivamente, impegnato come combattente, deve affrontare quella nuova situazione; infine, viene fatto lui stesso prigioniero. In ogni situazione, il personaggio cercava di non agire in modo meccanico – seguendo l’etichetta, il ruolo assegnato –, ma di assumere la situazione, di prenderne coscienza. Si può qui riconoscere la tematica esistenzialista: un secondino non è un secondino, non più di quanto un combattente sia un combattente e così via. Nessuna situazione può ridursi all’enunciazione delle parti che la compongono, il tutto si ridefinisce ogni volta nella, attraverso e per la situazione in cui e attraverso cui le persone esistono. Sentivo di avere molte cose da dire, nelle pause avrei voluto discuterne con gli altri spettatori, ma nessuno prestava attenzione a un adolescente di 14 anni. Avevo in ogni caso la fortissima sensazione che quel film, al di là di qualunque identificazione psicologica con il personaggio, delineasse ciò che certamente mi sarebbe toccato di vivere nella mia stessa vita.
Il tempo è trascorso, anch’io sono stato un combattente, un prigioniero, un esule. Arrivando in Francia, ho cercato quel film che mi aveva accompagnato come un amico, come un punto di riferimento in tutti gli anni di lotta, di prigione, di tortura. Nessuno lo conosceva, e tutti mi parlavano di Malraux – era d’obbligo, visto il titolo. Mi ci sono voluti quarant’anni per mettere le mani sul dvd del film e poter infine rivederlo, con mia moglie. È stato un magnifico reincontro.
Cosa sarebbe accaduto se, anziché continuare il mio cammino con il mio ‘amico giapponese’ per quattro decenni, avessi potuto, appena arrivato in Francia, ordinarlo premendo semplicemente un tasto del computer?
Miguel Benasayag
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