Professore, ce la facciamo?
![]() L’economia tra il venerdì e il sabato
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autori: | Leonardo Becchetti |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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L’economia tra il venerdì è il sabato è il nuovo libro di Leonardo Becchetti, docente di Economia politica ed editorialista di Avvenire, che prende il titolo dall’assunto secondo cui i destini dell’economia si decidono nel fine settimana, tra il venerdì e il sabato appunto, quando i mercati sono chiusi e i supermercati aperti. Di seguito un estratto della prefazione scritta in pieno lockdown, nel marzo 2020.
di Leonardo Becchetti
«Professore, ce la facciamo?».
Capita spesso di incontrare persone che magari ti riconoscono, ti guardano sorridendo con fare un po’ complice e ti fanno la fatidica domanda. Ma ce la facciamo a fare cosa?
Per molti il tema è il PIL, la crescita, l’occupazione, ma dietro gli indicatori di benessere materiale, quando andiamo a scavare, ci sono poi aspirazioni più profonde, legate alla ricchezza di senso del vivere, alla soddisfazione di vita, alla felicità. Le insidie sul percorso sono moltissime, perché la macchina del sistema economico globale è lanciata a velocità folle, con le gomme un po’ sgonfie e con i freni usurati, e si rischia continuamente di finire fuori strada. Ora è il timore di non riuscire a uscire dalla pandemia globale del Coronavirus, uno shock nuovo e inatteso che ci ha messo in ginocchio e ha rivelato la fragilità della macchina. Poi l’ansia si sposta sul tema del riscaldamento climatico e dell’inquinamento che in silenzio producono molti più danni e morti del virus di stagione. E, sullo sfondo, la crisi demografica e il problema della qualità del lavoro in un modello schiacciato sul benessere del consumatore e sul profitto dell’impresa che inevitabilmente mette nell’angolo la dignità del lavoratore a bassa qualifica. Sono squilibri figli della race to the bottom, la corsa al ribasso delle imprese massimizzatrici di profitto che competono a livello globale alla ricerca di luoghi dove produrre pagando meno costo del lavoro, meno costi di tutela ambientale e meno tasse.
«Professore, ce la facciamo?». La lezione della pandemia globale è che tutto è interdipendente e collegato. La pandemia è iniziata colpendo in modo durissimo due aree del pianeta (la regione di Hubei in Cina e la Lombardia in Italia) caratterizzate da forte sviluppo economico e interscambio di persone e merci, da condizioni simili di temperatura, umidità, distanti dal mare e con una concentrazione di polveri sottili (Pm2.5). I risultati empirici di un nostro lavoro su dati giornalieri delle province italiane mostrano che le polveri hanno aumentato significativamente contagi, decessi e rischio di mortalità nelle province a più alto inquinamento. Sono coerenti con risultati analoghi di colleghi di Harvard sulle contee degli Stati Uniti. E con la scienza medica che da sempre afferma che le polveri rendono meno efficienti i nostri polmoni favorendo esiti negativi e infiammatori delle malattie respiratorie.
L’insegnamento per il mondo che verrà è che dobbiamo assolutamente costruire un modello di sviluppo fondato sulla transizione ecologica, più resiliente agli shock che derivano dall’aver alterato le condizioni di equilibrio del pianeta esponendo l’umanità a rischi sempre più gravi. L’esempio dello smart work è da questo punto di vista molto interessante e rappresenta una direzione per le politiche future. L’epidemia ci ha costretto a una formidabile e forzata esercitazione di lavoro in remoto. Abbiamo sviluppato in tantissimi settori (scuola, università, servizi, pubblica amministrazione) l’abilità di lavorare online, un’abilità che non dobbiamo assolutamente perdere. Lo smart work consentirà infatti anche in futuro di prendere “tre piccioni con una fava”: meno inquinamento, più resilienza di fronte a shock pandemici, maggiore capacità di conciliare lavoro e relazioni che ci rende enormemente più ricchi di tempo ed elimina molti costi di “commuting” che sono notoriamente un fattore che riduce soddisfazione e senso di vita.
L’imperativo per il futuro, se non vogliamo andare a sbattere di nuovo e se vogliamo ridurre i danni di nuovi shock, è costruire politiche economiche “resilienti”. Possiamo farlo premiando fiscalmente gli investimenti delle imprese che rinnovano processi produttivi aumentando la sostenibilità ambientale e puntando, con ancora più decisione, sull’efficientamento energetico degli edifici perché il 57% delle polveri sottili dipende dal modo in cui riscaldiamo le nostre case. Dietro la domanda c’è un inevitabile riflesso condizionato, che finisce per ridurre le nostre possibilità di successo. È infatti quasi istintivo pensare che chi deve risolvere il problema è lo Stato, il governo o addirittura, con una sintesi delle sintesi, l’uomo solo al comando, il deus ex machina, il leader della provvidenza che verrà a togliere le castagne dal fuoco.
Come ricordava spesso Zygmunt Bauman, è illusorio pensare che i leader politici da soli possano risolvere i problemi di società complesse come quelle in cui viviamo. Se vogliamo veramente farcela, dobbiamo fare una rivoluzione che è innanzitutto mentale prima che dei comportamenti. E capire che i problemi non si risolvono a due mani (quella invisibile del mercato e quella visibile delle istituzioni benevolenti che hanno messo a fuoco il problema e vogliono massimizzare la nostra felicità), ma a quattro mani. La terza mano è quella della cittadinanza attiva, le nostre scelte di consumo e di risparmio responsabile, il nostro senso civico e i nostri stili di vita. La quarta mano è quella delle imprese “socialmente responsabili”, guidate da imprenditori più ambiziosi che non guardano solo al profitto ma anche all’impatto sociale e ambientale delle loro decisioni. […]
Se imparassimo a coordinare i nostri sforzi e le nostre scelte potremmo da domani cambiare il mondo “votando col portafoglio”. Ovvero premiando con la nostra scelta di prodotti e servizi quelle imprese leader nella capacità di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro, la tutela dell’ambiente e la nostra salute. Certo, ci sono tanti punti deboli del nostro Paese, e anche di questi parleremo diffusamente in questo libro, ma queste criticità non dipendono direttamente dalle nostre scelte di mercato. Le inefficienze della burocrazia, i tempi della giustizia, l’evasione, la debolezza della nostra classe politica. Anche su questo fronte l’approccio a quattro mani è quello vincente. […]
È bello vedere oggi nei “venerdì del futuro” tanti giovani (e con loro molti adulti) scendere in piazza per chiedere un mondo migliore. Il sogno è che quei giovani e quegli adulti capiscano che il cambiamento richiesto è nelle loro mani e dipende dalle loro scelte di consumo e di risparmio del sabato. In questo libro raccontiamo dei tanti piccoli e meno piccoli promettenti segni di futuro che vanno in questa direzione. Con la speranza che tutto ciò aumenti consapevolezza, coraggio, informazione e capacità di coordinamento per realizzare il cambiamento che vogliamo.
«Professore, ce la facciamo?».
Non è una ruota della fortuna, non ci sono destini già scritti o ineluttabili. Dipende tutto da noi.
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