Un vero maestro non indica mai se stesso

Un vero maestro non indica mai se stesso

06.10.2021
Biografia della Luce
Biografia della Luce
autori: Pablo d'Ors
formato: Libro
prezzo:
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Dopo il successo internazionale di Biografia del silenzio, il sacerdote e scrittore spagnolo Pablo d'Ors, in un periodo di tenebra, ha scritto Biografia della luceuna nuova biografia che ci trasporta in un vero e proprio cammino di luce; un cammino sulle tracce della vita di Gesù per scoprire il profondo bisogno di luce che c’è in ognuno di noi; noi, essere umani, che siamo esseri di luce.
Di seguito un breve estratto dal capitolo
81:
Io sono la Porta (sfoglia l'indice del volume).

di Pablo d'Ors

Trovare un grande amore è probabilmente la cosa migliore che possa offrirci la vita. Non già perché in questo modo troviamo una persona che ci vuole bene e a cui voler bene, ma perché grazie a quella persona amata scopriamo la porta per amare tutto. Questo è il punto: non possiamo amare tutto (che è ciò che desideriamo) se non amando qualcosa o qualcuno profondamente. L’essere amato non è la casa, ma una porta per entrare in casa.

La porta, come simbolo, ci parla della possibilità di accedere al mondo spirituale
. Ma ci pone anche di fronte alla necessità di una scelta fra passare dall’altra parte o rimanere fuori. Per ciò stesso, ogni ricerca spirituale si articola a partire da una serie di riti di passaggio. Ogni ricerca spirituale è necessariamente un percorso, un processo. A poco a poco iniziamo a sapere quanto vicino o lontano sia questo regno. In realtà, Egli e il suo regno sono sempre vicini: non possono, né vogliono, allontanarsi. Parlare di distanza o di vicinanza in questo caso è come parlare di coscienza o incoscienza. La pratica meditativa aiuta a conoscere e ad assaporare la Sua vicinanza, a scoprire la Sua misteriosa assenza come una buona notizia. Egli è alla porta, ovvero sulla soglia fra l’attenzione e la distrazione. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap 3,20). Sono frasi incoraggianti, che stimolano la ricerca. Ma nella Scrittura ve ne sono anche – e molte – di minacciose e persino di terribili. Le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!. Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco (Mt 25,10-12; Lc 13,25). E così la porta, anche se ci pesa, è anche un simbolo di selezione (posto che non tutti sono – siamo – degni di entrarvi). Infatti, Gesù avverte che questa anelata porta è stretta, poiché esige conversione per poter essere attraversata (Mt 7,13-14; Lc 13,24).

Nel cristianesimo, questa porta stretta è il battesimo. Quando Gesù viene battezzato nelle acque del Giordano, le porte del cielo gli si aprono – come racconta l’evangelista – affinché in questo modo sia l’umanità intera ad avere accesso allo Spirito (Lc 3,22). Meditiamo per cercare questa porta santa che possa condurci a ciò che è vivo. Meditiamo per renderci conto che abbiamo e siamo quel che cerchiamo. Che la porta… siamo noi!

Trascorriamo la vita – tutta, a volte – in cerca di una porta che ci conduca alla felicità: la porta del risveglio o dell’illuminazione; la porta della parola e dei sacramenti; la porta dell’arte, quella dei figli… Non importa molto quale nome le daremo. C’è chi trova questa porta dopo averla cercata a lungo o persino chi la trova senza cercarla troppo. È arrivato per loro l’istante della gioia? No, non ancora, dato che abitualmente, una volta giunti davanti a questa porta, la troviamo chiusa. All’inizio bussiamo con le nocche, con delicatezza ed educazione. In seguito, la colpiamo con forza, dopo aver ripetutamente constatato di essere ignorati. Il nostro scoramento ci porta persino a pensare di buttare giù la porta, di scassinare la serratura… Perché aprirla non sembra essere umanamente possibile. Non lo è, infatti. E ci disperiamo.

Alla fine, arresi davanti all’evidenza, ci sediamo di fronte a questa porta e cominciamo a guardarla, anche se di per sé non desta il minimo interesse. Registriamo allora nel nostro cuore i sentimenti più svariati: rabbia, noia, speranza, rassegnazione…
C’è solo un modo di far aprire questa porta (o, almeno, così è stata aperta a me): sederti di fronte a essa e decidere che non ti muoverai di lì per il resto dei tuoi giorni, qualunque cosa accada. La porta si apre quando accetti di rimanervi davanti anche se non si apre.

Quando varchi la soglia (la soglia della contemplazione), scopri qualcosa di sorprendente: ciò che si trova dall’altra parte… è uguale a ciò che si trova da questa! Non è cambiato nulla, sei tu a essere cambiato. Sei passato dal pensare al percepire, dal fare all’essere. Fai cose, ma potresti non farle e sarebbe lo stesso. Questo, tuttavia, fa sì che tutto sia diverso.

Quando sei dall’altra parte scopri che c’erano molte porte, moltissime, e che avresti potuto entrare da una qualunque di esse. C’è la porta della religione, per esempio, ma anche quella dell’amore verso il partner, la porta della filosofia, quella dell’esercizio fisico, della malattia, dell’aiuto ai poveri…

In realtà, tutto, senza eccezioni, è una porta, un’occasione, cioè, per il risveglio: un viaggio, il sapore di un frutto, il sorriso di un bambino, una nottataccia… quando scopri che tutto è una porta, ciò che in verità stai scoprendo è che non c’è alcuna porta.
Che eri già dentro!

 

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