ABCDEFG: l’alfabeto della brand bravery
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autori: | Annalisa Galardi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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In un momento in cui i brand sempre più spesso mettono in campo azioni coraggiose prendendo posizione rispetto a questioni controverse d’impatto sociale e politico e percorrendo inedite strategie creative, il tema della “brand bravery” incontra un sempre maggior interesse. Ma cosa significa per un brand essere “brave”? Ce lo spiega in questo articolo Annalisa Galardi, autrice del manuale Comunicazione d'impresa.
di Annalisa Galardi
La brand bravery
Il «Journal of Product & Brand Management» 30/8 (2021), riporta un’interessante ricerca di Kokil Jain et al., che muove da un’approfondita analisi della letteratura psicologica, di marketing e comunicazione per definire il costrutto della “brand bravery” e sviluppare una scala per la sua misurazione.
In sintesi, risultano essere brave brand quelli che sono altruisti, impegnati per il benessere di tutti i loro stakeholders, audaci e intrepidi, abbastanza sicuri da ammettere criticità ed errori, determinati a sostenere le proprie convinzioni fondamentali, capaci di assumersi rischi e di affrontare con resilienza le situazioni di incertezza e difficoltà.
L’alfabeto del coraggio dei brand
L’alfabeto del coraggio dei brand riassume le principali caratteristiche identificate dallo studio di Kokil Jain et al. (2021).
Un brand coraggioso si caratterizza per:
A = Altruism
È un brand che pensa a un bene più grande rispetto al proprio. È una dimensione di prosocialità che fa pensare a casi come Lego che ha optato per un futuro a misura di bambino sostituendo la plastica caratteristica dei suoi mattoncini con una plastica vegetale derivata dalla canna da zucchero secondo gli standard della Bioplastic Feedstock Alliance (BFA).
B = Boldness
È un brand che non si conforma gli standard della sua categoria e ragiona liberamente rispetto al “si è sempre fatto così”. Ne è un esempio Netflix, che con tenacia ha cambiato la nostra modalità di fruizione televisiva.
C = Courage
È un brand che non ha paura di dichiarare i suoi difetti e ammettere i suoi errori. Ne è stato un esempio KFC alle prese con la crisi dovuta alla momentanea assenza del pollo (suo principale prodotto): lasciando la strada più consueta delle scuse formali, il brand ha scelto un’operazione autoironica ad alto rischio: il logo KFC è stato anagrammato in Fck, come contrazione di “fuck”…
D = Determination
È un brand che prende posizione su questioni controverse senza lasciarsi inibire. Ne è un esempio Starbucks che ha promesso di assumere 10.000 rifugiati in cinque anni in risposta all’ordine esecutivo di Trump che vietava l’accesso ai rifugiati negli USA.
E = Endurance
È un brand resiliente, capace di resistere ai momenti più difficili e anche di reinventarsi. Ne è un esempio Nokia, con la sua storia di grandi trasformazioni, tra successi e battute d’arresto. Dopo esser passata dalla cellulosa, alla gomma, all’elettronica e alla telefonia, oggi si orienta verso nuovi business (infrastrutture, brevetti e licenze…).
F = Fearless
È un brand che non ha paura di avventurarsi in territori inesplorati, correre rischi e innovare. Qualche volta inventando qualcosa che non c’era, com’è stato il caso di Apple col lancio di un iPhone provo di jack per le cuffie; qualche volta rilanciando un precedente successo, come è stato per Adidas con le sneakers “Superstar”.
G = Grittiness
È un brand ribelle, talmente sicuro di sé da sfidare gli stereotipi esistenti. Ne è un esempio Dove col suo impegno ormai decennale rispetto alla bellezza autentica.In un contesto sfidante come quello in cui viviamo, essere un brave brand è cruciale per poter costruire solide relazioni con consumatori sempre più belief-driven, alla ricerca di un allineamento valoriale con le marche che scelgono, acquistano, difendono.
Motivo in più per approcciare il tema da un punto di vista strategico!
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