Copywriters e promptwriters. Scrittura e creatività al tempo dell'AI - Intervista ad Alessandro Omini
![]() Comunicazione d'impresa
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autori: | Annalisa Galardi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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di Annalisa Galardi
Si parla tanto dell’impatto dei nuovi modelli di linguaggio sulle professioni della comunicazione per le imprese. Cosa ne pensi?
Nell’intera community della comunicazione, le applicazioni testuali di OpenAI (ChatGPT su tutte) sono IL tema del momento. La platea si è già divisa tra conservatori e innovatori, tra copywriters e promptwriters, ma certamente tutti concordano su un punto: si tratta di un modello di linguaggio destinato a impattare pesantemente sulle professioni legate alla scrittura e sui relativi mercati di riferimento.
Mentre in altre occasioni abbiamo assistito a un’infatuazione per l’ultima novità tecnologica purchessia, mi pare che in questo caso siamo davanti a qualcosa di più serio che un semplice hype. Lo strumento in sé funziona (a parte la pressoché costante inaccessibilità del sito), e i risultati in termini di contenuti e stile sono tutt’altro che disdicevoli.
Una scrittura corretta, un prodotto più che accettabile in termini sintattici e grammaticali, ma soprattutto la rapidità dell’esecuzione e la capacità di introdurre apprezzabili variazioni, sono elementi che fanno riflettere rispetto al futuro della professione. Serviranno ancora junior copy o social media manager che sfornino DEM o piani editoriali, quando si potrà automatizzare la gran parte del lavoro routinario?
Si stanno già delineando nuove specializzazioni (il prompwriter, appunto). Certamente assisteremo a un mutamento di scenario: la speranza è che, di fronte a un miglioramento del livello medio, mercato e committenti non si accontentino di un prodotto testuale standard, ma abbiano ancora desiderio di osare. Per ricercare quelle punte, quei fattori di differenziazione di cui i brand hanno assolutamente bisogno per emergere dall’affollamento.
Quali strumenti ritieni particolarmente interessanti, da approfondire? E come?
Come di fronte a ogni strumento che promette una replica del comportamento umano, c’è una parte irresistibile di torture test. Ovvero, il desiderio di mettere alla prova – anche con un filo di sadismo – il software, per scoprire come e quanto sia in grado di emulare esempi di riferimento. Racconti nello stile dell’autore X, calembour verbali alla maniera di Y, incipit di libri classici riletti in chiave attuale, fino ai testi per i brani vincenti di Sanremo 2024: Mogol 4.0.
Ma altrettanto stimolante è l’esplorazione di ciò che non c’è, creando prompt che riescano a mettere in cortocircuito mondi diversi, universi eterogenei, stimoli paradossali. Sia a livello testuale che a livello visivo, attraverso tools come Midjourney e Dall-E.
Per ora è soprattutto un gioco surrealista, per provare a esplorare i limiti dell’AI (e i propri). Come lanciare un sasso in un mare di dati, agitare le acque e vedere le onde di ritorno. Qualcuno però sta già cominciando a usarla come generatore su larga scala di idee e di insight. Un po’ come succedeva tempo fa, con quelle piattaforme che promettevano ai clienti centinaia di campagne tra cui scegliere, a spese di legioni di aspiranti creativi messi in gara. Allora si trattava di macelleria sociale applicata ai neuroni: qui almeno nessun chip viene maltrattato (o meglio, fino a che i server non decideranno di scioperare).
Che consiglio daresti a un giovane che studia Comunicazione d’impresa per affrontare un mondo del lavoro in così rapida trasformazione?
Rimanere curiosi e aperti alle opportunità che la tecnologia ci offre, ma nel contempo focalizzare tutte quelle skill che ci permettono di mantenere una posizione di guida rispetto a software, tool e algoritmi. E quindi gli direi:
- Crea connessioni imprevedibili.
- Rifiuta l’omologazione: il pensiero medio, le idee sicure, le espressioni che tutti impiegano.
- Fai delle contaminazioni una ragione di vita.
- Osa. Rischia. Trasforma il corretto in unexpected.
- Scegli la via meno battuta. Alimenta il coraggio delle idee.
- Passa dal “perché?” al “perché no?”.
- Abbraccia la follia, l’energia messa in circolo, l’eros.
- Sposa la cultura dell’errore: perché solo provando e sbagliando riusciamo a crescere.
- E soprattutto, coltiva ciò che più di ogni altro fattore ci rende diversi da una macchina: l’empatia verso le persone.
Quindi, impegnati per conoscere a fondo il destinatario del tuo messaggio: che sia un tuo cliente, il tuo collega o i tuoi follower. Entra in relazione con la sua visione del mondo, i suoi desideri, le sue fragilità, i suoi bisogni.
Perché alla fine si scrive sempre per qualcuno.
Per approfondire >> Comunicazione d'impresa
*Alessandro Omini (https://www.linkedin.com/in/alessandroomini/) è un direttore creativo, copywriter e communication strategist con oltre 30 anni di esperienza in strutture italiane e internazionali. Ha lavorato per brand di ogni dimensione e categoria merceologica, sia in ambito B2C che B2B, dirigendo team multispecialistici. Oggi attraverso collabora con aziende e agenzie su progetti di comunicazione e pitch, offrendo creatività e pensiero strategico a 360°.
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