Carceri invisibili. Il giornalismo carcerario italiano tra informazione e formazione
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Online, cartacei, informativi, narrativi, provocatori, di denuncia: sono solo alcune caratteristiche dei giornali dal e sul carcere italiano. Non viaggiano nei canali tradizionali, come le edicole, e vengono distribuiti con tirature piuttosto basse, con una media di 12.000 copie per numero. Raggiungono soprattutto gli “addetti ai lavori”, che a vari livelli si occupano delle istituzioni carcerarie, ma hanno generalmente difficoltà a entrare in contatto con il lettore comune, sebbene sia esso il vero target da raggiungere. I giornali carcerari non sono vincolati a un editore noto che li spinge a impostare stile di scrittura e selezione dei contenuti secondo le logiche del marketing e delle vendite: sono fonti indipendenti. Nascono per svolgere funzioni di controinformazione, con l'obiettivo di smentire i media mainstream, che troppo spesso tendono a penalizzare la veridicità delle notizie, a tutto vantaggio della loro spettacolarizzazione. Svolgono inoltre funzioni di informazione alternativa, facendosi promotori di nuove forme culturali. L'innovazione culturale risiede soprattutto nella modalità di utilizzo dello strumento, che ha certamente fini di protesta politica, ma anche di educazione, di formazione e di sostegno ai detenuti. Strumenti di educazione e di distrazione, questi giornali ospitano spesso forme di scrittura creativa, come poesie e racconti, ibridando linguaggi specificamente letterari con il linguaggio della cronaca e dell'editoriale. Per tutte queste ragioni i giornali carcerari possono essere considerati veri e propri esempi di media non mainstream: mezzi di comunicazione dal basso che penetrano circuiti profondamente diversi da quelli tradizionali. Per la loro eterogeneità e varietà, i media non mainstream sono un oggetto di difficile definizione, attorno a cui è tuttora aperto un ampio dibattito. |
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