Il cinema italiano tra altà fedeltà e stereofonia
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Scopo di questo saggio è quello di definire il rapporto tra cinema e musica in Italia nei suoi aspetti legati specificamente alla riproduzione del sonoro, a partire dalla ricostruzione dell’assetto base della nostra industria cinematografica nell’immediato dopoguerra, dapprima sulla base del modello dell’alta fedeltà, successivamente attraverso il lancio della stereofonia in sala nel 1953 e infine con la diffusione di quest’ultima tecnologia, alla fine del decennio, nelle case e negli spazi pubblici dedicati all’intrattenimento. Si vedrà allora come nel settore della riproduzione sonora il cinema abbia conosciuto forme moderne di organizzazione, legate non semplicemente alla vecchia impresa familiare, o a figure autoreferenziali come i grandi produttori di Cinecittà; e come, dal punto di vista dei consumi, il lancio della stereofonia abbia spostato l’interesse dell’utente dalla tecnologia e dal contenuto sonoro al proprio spazio di vita, facendo emergere comportamenti di consumo ancora molto differenziati socialmente ma che assieme – è un momento di forti contraddizioni – iniziano a definirsi come stili esperienziali.
The purpose of this paper is to define the relationship between cinema and music in Italy, in its aspects specifically related to the reproduction of sound, starting from the reconstruction of the basic structure of our film industry in the immediate Postwar period, initially based on the high-fidelity model; then through the launch of the stereo sound in the cinemas in 1953; and, finally, to the spreading of this new technology, at the end of the decade, in the homes and public spaces dedicated to entertainment. We will see, then, how in the field of sound reproduction, cinema knew modern forms of organization, not simply related to the old family business, or to self-referential figures such as the big producers of Cinecittà; and how, in terms of consumption, the launch of stereo has shifted the interest of the user from the technology and sound content to his living space, bringing out consumption patterns still very different socially, but that together – in a time of strong contradictions – begin to define themselves as experiential styles. |
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