Un «onorevole esilio». L’atteggiamento dei vescovi piemontesi dell’arcidiocesi di Arborea nel XVIII secolo
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Nel 1720, quando assunsero il controllo della Sardegna, i Savoia avviarono una
politica di sistematica occupazione dei posti di governo assegnati in gran parte ai loro
sudditi di Terraferma. Ciò si verifi cò anche nelle nomine vescovili, attraverso le quali
la corte di Torino cercò di consolidare il nuovo ordine venutosi a creare nell’isola.
Anche l’arcidiocesi di Oristano seguì questa logica e, a partire dalla metà del XVIII
secolo, tutti i suoi arcivescovi furono reclutati nelle fi la del clero subalpino o savoiardo.
Dalla maggior parte di questi presuli, nati e cresciuti in ambienti geografi camente
e culturalmente assai lontani da quelli nei quali furono inviati a svolgere l’uffi cio
episcopale, la guida della Chiesa di Oristano venne vissuta come un “esilio”, sia pur
“onorevole”, loro imposto dalla politica sabauda.
In 1720, when the House of Savoy assumed the control of Sardinia, it started a politics of systematic occupation of the places of government that granted most of the charges to their subjects from Piedmont. This also happened with reference to the Episcopal appointments, through which the court of Turin tried to consolidate the new order developed into the island. Also the archdiocese of Oristano followed this logic and, from the half of the XVIII century, all of its archbishops were recruited in the subalpine or Savoyard clergy. The greatest part of these prelates, born and grown in environments geographically and culturally really distant from those in which they had to carry out their Episcopal service, lived the guide of the Church of Oristano as an “exile”, even though “honorable”; an exile that was imposed on them by the Sabaudian politics. |
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