Il problema scolastico nel De Marchi giornalista
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De Marchi giornalista: un titolo che può suonare riassuntivo, anche se forse sarebbe più opportuno una espressione più sfumata, che consideri i rapporti tra De Marchi e il giornalismo e, più in generale, il rapporto tra De Marchi e i giornali. A essere obiettivi, non mi pare, infatti, che si possa a tutti gli effetti parlare di un De Marchi giornalista tout-court, in quanto le sue collaborazioni avevano piuttosto caratteristiche specifiche per i vari singoli momenti e occasioni, e i giornali, nei soli momenti di rapporto più stretto, costituivano semmai uno strumento da lui piegato a una dimensione più educativa che informativa. Perché una prima considerazione porta a ritenere che, per lo scrittore milanese, il giornale è soprattutto uno ‘strumento’. Di comunicazione. Per le proprie opere narrative, certo, che non per nulla hanno sempre una prima edizione sulle pagine di un periodico, quotidiano o altro che sia. E per le proprie idee. Giungendo sino, per quest’ultimo aspetto, alla decisione estrema di creare uno strumento apposito come il periodico La Buona Parola, che significativamente prende vita proprio a ridosso di quelle che, in un articolo del 5 luglio 1898 su «La Vita Internazionale », Le forze conservatrici, ricorda come «le tre giornate dolorose di Milano». Informazioni aggiuntiveQuesto testo fa parte del volume ...Il resto vi sarà dato in aggiunta. Studi in onore di Renata Lollo. È possibile acquistare gli altri capitoli da questa pagina.
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