Poesia e verità
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Il suadente titolo goethiano, che in realtà appartiene a un’opera di riflessione autobiografica retrospettiva del poeta tedesco suggerisce di formulare qualche osservazione su entità diverse e a volte addirittura inconciliabili: res dissociabiles secondo il detto tacitiano. La creazione umana con o senza il divino furore – il poeta ekphron fuori di senno perché entheos invasato da un dio nello Ione platonico – di fronte alla verità che, almeno nel mondo occidentale forgiato in primis dal pensiero greco, è altro da una pura forma di fictio. Nel mondo greco arcaico, il poeta grazie alla memoria, la dea Mnemosine, sfida il silenzio di mille secoli, celebra virtù destinate a non morire, ma non è un indovino, un veggente, non ha prescienza del vero. Le amabili muse gli concedono l’arte, ma il dono della profezia è sovrumano, viene da Apollo, anche se l’etimo di questo dio terribile vale distruttore, come recita Cassandra nel suo lamento di schiava. Singolare poi il detto omerico «Molto mentono gli aedi». A cominciare dall’epoca di Pisistrato, Omero fu proposto tuttavia come il più grande dei poeti, in quanto ricchissimo di sapienza, di sofia, ma il concetto di aletheia come chiarimento, annullamento della dimenticanza, svelamento, non gli appartiene né il suo epos adduce alla verità. La sovrumana ricchezza, anche nella sua dolorosa contraddittorietà, dell’esperienza di Odisseo, l’uomo dall’ingegno versatile, polytropos, coniuga la voglia della scientia mundi, affetti ed esperienza; ma tutto nasce dal divieto del dio marino, che allontana da Itaca colui che molto deve sopportare. Informazioni aggiuntiveQuesto testo fa parte del volume ...Il resto vi sarà dato in aggiunta. Studi in onore di Renata Lollo. È possibile acquistare gli altri capitoli da questa pagina.
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