L'articolo propone una definizione del vanto nell'epica arcaica dalla prospettiva della composizione tematica (orale e tradizionale). È un motivo specifico del confronto tra due eroi, in particolare del duello come struttura narrativa articolata (Monomachia). Si identificano le occorrenze nell'epica arcaica, i marcatori formulari introduttivi e conclusivi, la collocazione nella sequenza narrativa e la connessione argomentativa con gli altri motivi, i destinatari. Si accenna brevemente alle diverse tipologie e alle funzioni del vanto, tra le quali rilevante appare quella di prima pubblicazione della vittoria.
L'indagine sull'aikia nell'epica arcaica come motivo compositivo passa attraverso la particolare prospettiva del vanto che conclude il tema del duello. Sono le stesse parole degli eroi a definire le forme e i significati dell'azione di infierire sul corpo dell'avversario caduto al termine del duello. Nel sistema dei valori eroici che si ispirano al kleos sono descritte le funzioni tematiche di questo motivo e le importanti tensioni narrative che da esso si generano nella composizione del racconto epico.
Il mondo fittizio della tragedia si trova nel punto di convergenza tra il mondo dell’epica e quello dell’Atene contemporanea. Benché gli Ateniesi provassero una profonda ostilità verso l’autocrazia nella vita reale, la risposta del pubblico al personaggio del re è condizionata da aspetti della rappresentazione, non dal ricordo (e dal timore) della tirannide. Il sistema politico (ri)creato nella tragedia non è statico ma cambia da poeta a poeta e da opera ad opera, come parte di un costante processo di (ri)negoziazione, non di un’evoluzione lineare. Lo stesso vale per altri aspetti del mondo politico e sociale della tragedia.
Il passaggio dalla concezione positiva della habrosyne a quella negativa della tryphe è da leggere in parallelo all'evoluzione dell'immagine dei Lidii, che, dopo la conquista persiana, da modello di eleganza diventano per i Greci sinonimo di decadenza e potenziali corruttori degli Ioni d'Asia. Nel delinearsi di un'opposizione tra mondo dorico e ionico nel V secolo, la tryphe gioca un ruolo rilevante nella caratterizzazione dei rapporti che esigenze propagandistiche di segno opposto istituiscono tra Lidii, Ioni e Ateniesi.
Lo scopo di questo lavoro è lo studio delle citazioni di Callimaco negli scholia a Pindaro, Nem. II, e l’analisi del discorso metapoetico in Callimaco fr. 26,5-8 Pfeiffer ( = 30 Massimilla), il cui oggetto è la collezione degli Aitia, secondo la rappresentazioni che egli può aver avuto dell’attività rapsodica.
All’antiquario cretese Sosicrate (II sec. a.C.), fonte indiretta di Diodoro V 64-80 e Strabone X 4, può essere attribuita una dura critica a Callimaco, reo di ignorare la geografia cretese e di violare la dignità di Britomartis; nei restanti frammenti sosicratei resta traccia di entrambi gli atteggiamenti. In appendice: interpretazioni antiche e moderne di Arat. Phae. 33.
Lo scopo di questo lavoro è di dimostrare, seppure prendendo in esame una limitata porzione di testo, l’Hypothesis di Didimo al suo commentario a Giobbe, come Didimo costruisca la sua esegesi in base ad un ben preciso metodo ermeneutico, e come l’esegesi sia usata come modo persuasivo d’espressione, che può essere diretto simultaneamente a diversi tipi di pubblico. Si sostiene che, per quanto concerne la persuasione, l’esegesi allegorica in generale e specialmente quella di Didimo era particolarmente adeguata a raggiungere il pubblico più variegato ed ampio possibile. L’argomento è sostenuto a partire dal materiale papirologico in nostro possesso.
L'articolo prende in esame la storia della metafora erotica della tempesta. L'indagine, partendo dall'analisi dei testi della poesia arcaica, continua con le testimoniamze ellenistiche. In particolare si esaminano: il fr. 2 (Lomiento) di Cercida e gli epigrammi XII 156, 157,167 dell'Antologia Palatina. Lo studio continua con i testi del romanzo ellenistico per poi passare al riutilizzo del topos nel romanzo bizantino.
Dietro le pieghe di Prop. II 34, 1-8 si annida una lunga lignée poetica vertente sulla figura di Eros distruttore, compresa fra Ps.Theogn. 1231-1234 e Ap. Rhod. IV 445-449 da un lato, Soph. Ant. 793-794 e Eur. Hipp. 541-542 dall’altro, ben distante dalle figurazioni del dio disegnate nel Simposio platonico. Viceversa, in Ov. Fast. IV 91-114 a Venere si riconosce un ruolo civilizzatore a metà strada fra tono serio e tono frivolo in segnata antitesi col passo properziano predetto.
Nella sua descrizione dei Quirinalia e delle Feriae stultorum in Fast. II 475-532, Ovidio seleziona e dà forma al suo materiale allo scopo di collegare i resoconti di due diverse feste; di conseguenza, sia ad una lettura sequenziale sia ad un confronto in parallelo la seconda narrazione complica la nostra reazione alla prima. L’inadeguatezza dell’antica agricoltura sembra derivare dalle ingiunzioni di un Romolo da poco deificato, la cui ascesa al cielo è collocata in modo stridente a fianco della deificazione di un forno. Ovidio ha più controllo sul suo materiale di quanto voglia far credere.
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.