Nel mio intervento discuto alcuni punti del bel lavoro di C. Brillante a proposito del percorso seguito da Agamennone nell'ultima parte del suo ritorno da Troia, come è narrato nell'Odissea. L'arrivo di Agamennone a C. Malea è un "incidente di percorso" del poeta, conseguente a una interferenza fra tradizioni diverse. Agamennone arriva al C. Malea perché Menelao ci era arrivato poco prima. Naturalmente il "prima" si riferisce alla particolare performance che sta alla base della registrazione scritta del nostro testo.
A careful analysis of Od. 4, 512-537 shows that its author implies the following narrative of Agamemnon's Nostos. Agamemnon is coming back home from Troy through Sparta, becouse he fears to land at the Argolic coast, where is the feud and stronghold of Thyestias Aegisthus, his traditional enemy. But, at Cape Maleas, a storm throws him just into Argolic Gulf and onto the seaside he would avoid. However, he escapes the tempest and arrives at his fatherland, but in the wrong place. Save from the waves, he falls into a deadly ambush in Aigisthus' palast, which is near the sea, on the road to Argos or Mycenae.
Agamemnon’s nostos in the Odyssey is part of the interrelated web of nostoi of the Achaeans, split up right from the beginning. These nostoi presuppose traditional versions where the Achaeans started together from Troy, came into a joint storm and met, in consequence, their different fates. From this intertextual perspective, the details of Agamemnon’s nostos point at what Agamemnon did not experience (contrary to traditional versions) and how his conflict with Aegisthus is seen in a new, Odyssean, light.
Two methods can be used to corroborate Brillante’s findings. The first, in fact used by Brillante himself, is the expansion of the context of Od. 4.512-522 as a way of explaining its apparent anomaly. The other method (well known, like the first, from hermeneutics), implied by him en passant, assumes that part of the meaning of the explicandum had to be created by the audience. The word ἐσχατίη, in particular, can be understood in this way.
Il nostro testo dell'Odissea non presuppone né una sovranità di Agamennone a Sparta né una diarchia degli Atridi a Sparta stessa, ad Argo o ad Amicle. L'eccentricità delle preregrinazioni di Agamennone e dei suoi uomini quali sono rievocate in Od. 4, 514-20 si può spiegare come un incidente orale provocato dall'interferenza con il nostos di Menelao descritto in Od. 3, 286-88.
Viene discussa la ricostruzione proposta da C. Brillante nello stesso numero della rivista a proposito del racconto del nostos di Agamennone contenuto in Hom. Od. 4.512-522. Una maggiore attenzione ad alcuni aspetti narratologici e ai complessi rapporti che nei poemi omerici si instraurano tra narrazione principale e miti 'secondari' permette di guardare da un'angolazione diversa i problemi posti dal passo e di spiegare alcune sue particolarità.
Dubito della strategia aedica consapevolmente ambigua, al punto da suggerire due versioni diverse, l'una esplicitata l'altra soltanto accennata, la cui comprensione sarebbe affidata al ricevente. L'auralità non mi sembra consentirlo. La deviazione del viaggio di Agamennone a Capo Malea è a mio avviso analoga a quella degli incidenti occorsi a Menelao e a Odisseo, rientra dunque in un topos interno al poema. Quanto al cenno alle terre di Egisto, l'episodio potrebbe essere interpretato come 'fatto mancato', if not situation non espressa in modo canonico: Agamennone avrebbe già lì incontrato il proprio destino se il vento non lo avesse deviato e portato a casa, a Micene.
Uno degli aspetti più rilevanti messi in luce dall’articolo di Brillante, relativamente all’insieme dei passi dell’Odissea in esso discussi, è rappresentato dal fatto che i due Atridi governano in una sorta di diarchia sullo stesso territorio o su regni contigui, sebbene la localizzazione di questo territorio non risulti chiaramente e univocamente identificata: è possibile che in questo ci sia un riferimento allusivo a uno dei fondamenti istituzionali del kosmos politico spartano, nell’ambito di una sezione del poema omerico, quella costituita dai libri III e IV, che potrebbe risentire di tradizioni locali di area laconica e orientarsi in particolar modo verso un pubblico spartano.
After praising Brillante’s learning and refined implementation of the oral-formulaic theory the paper states two points of criticism: Brillante’s efforts to localize Aegisthus’ abode do not solve the interpretational problems of the Homeric passage, and his reading of the phrase agrou ep’ eschatien does not properly consider its connotations. Instead, the oddities of the passage are seen as traces of the dictation process, and it is sketched how the original audience may have reacted to the narrative.
This contribution aims at reinforcing Brillante’s proposal, by analyzing in detail the Homeric mentions of Agamemnon’s return. The author adds some new remarks in support of Brillante’s explanation.
Starting from the formula ἔπεα πτερόεντα and the controversy caused by Milman Parry's paper on "the traditional metaphor in Homer" (1933), we will show how this formula became a touchstone in the debate over "Oral Poetry".
In association with the verbal form –προσηύδα- or a variant, the formula is used as a pragmatic sign of the opening of a direct discourse. The opposite seems to be ἄπτερος μῦθος, "a mute word". The metaphor was neither used nor intended, but comparative evidence shows that the words were assimilated to an arrow.
Other Homeric metaphors can be found to express emotions and describe psychological conditions: the heart is said to be made of iron, bronze, or stone. Surprisingly, the most "recent" material -iron- appears in the majority of the examples, although it is rather seldom used for "real" objects of the world. We will try to justify our findings based on the "stratigraphy" of the Homeric text.
This paper considers the surprising assertion of Pollux IV 111 that Euripides and Sophocles employed parabasis in their tragedies. It proposes that, rather than having committed a simple error, Pollux is referring to passages such as the second stasimon of Euripides Heracles in which some ancient audiences and critics heard the poet’s own voice.
This contribution discusses all passages in Pindar’s victory odes where the speaker uses the first person plural. The use of this form is often justified by the context. Therefore the first person plural cannot be replaced by the singular without changing the meaning of the statement; on the other hand we can not deduce the mode of performance from the use of this form. However, we could adduce the mode of performance for explanation, where the use of the plural is not justified by the context.
Il fr. ep. adesp. 2 Powell riporta un episodio della vicenda mitica di Diomedes non molto noto: esso rappresenta la prima testimonianza dell’esistenza di un figlio dell’eroe nato prima della guerra di Troia (vv. 46-51, 75-78). I fatti narrati sembrano potersi collocare nel momento in cui Agamemnon invase l’Argolide, approfittando del fatto che i guerrieri argivi avevano accompagnato Diomedes nella spedizione in Etolia (vv. 51-58, cfr. Ephor. FGrHist 70 F 123a). Queste considerazioni giustificano in parte la presenza di Diomedes nella suddivisione del territorio argivo, illustrata nel catalogo delle navi iliadico (2.556-68).
Nello scolio erodianeo a Iliade II 383, secondo il testo tràdito, un anonimo accentava parossitonicamente esseîtai: ciò avviene secondo l'uso dell'accentazione “dorica”, di cui lo scolio è da considerarsi un testimone. È da rigettare l'integrazione di Lehrs (accettata da Erbse) paroxyntéon, in quanto è ignara della accentazione “dorica” (siamo nel 1848) e proietta forzosamente una tesi esposta altrove (Dione apud Eraclide di Mileto fr. 55 Cohn).
Nell’articolo vengono presi in esame due passi del Satyricon di Petronio.
Nella prima parte viene analizzato l’espressione haec ut infra fiduciam posui (cfr. Sat. 100,2) e, dopo un esame delle principali interpretazioni date al nesso infra fiduciam, si propone di correggere infra in intra suggerito dal margine della Tornesiana e il confronto con un analogo uso di intra in un passo di Orazio.
Nella seconda parte viene analizzata l’espressione curiosa Felicitas usata da Petronio in relazione allo stile di Orazio: vengono in primo lugo presentate le varie interpretazioni avanzate per spiegare questa iuctura e viene suggeritoli confronto con quanto Seneca il Vecchio scrive a proposito dell’oratore Severo Cassio (cfr. Sen. Il Vecchio, Con. 3,3-5).
Il modello della gara delle quadrighe nel carme 23 di Sidonio Apollinare è quella del sesto libro della Tebaide di Stazio, ma questo passo tradizionalmente epico è adattato a un contesto nugatorio. La peculiarità del poema è infatti la discrepanza tra il contenuto celebrativo e il metro, l’endecasillabo faleceo. Questo saggio studia la riscrittura dell’episodio staziano a livello stilistico e la sua risemantizzazione al fine di lodare la prudenza dell’auriga Consenzio che lo condurrà alla scelta della vita contemplativa.
Sabato 16 dicembre presentazione di "Le fiabe non raccontano favole" di Silvano Petrosino a Verona: diventare donna attraverso Cappuccetto Rosso, Biancaneve e Cenerentola.
Mercoledì 6 dicembre a Pesaro presentazione di "Dalla metafisica all'ermeneutica" a cura di Piergiorgio Grassi, volume dedicato al filosofo della religione Italo Mancini.