Viene qui riportato il testo della relazione che mons. Franco Giulio Brambilla (docente di Cristologia e di Antropologia Teologica alla Facoltà teologica di Milano e membro della redazione) ha tenuto a Roma nel febbraio scorso al Seminario della Cei per il Comitato Nazionale di Preparazione al Convegno di Verona. Il contributo colloca il Convegno stesso nel solco di quelli precedenti e più in generale nel quadro della recezione che il Concilio ha conosciuto nella Chiesa italiana. Su tale sfondo di continuità l’Autore individua la novità di Verona nell’aspetto escatologico del Vangelo, rappresentato dalla speranza. La testimonianza laicale della speranza che si radica nell’esperienza vitale del Risorto, è vista come condizione per dare un contributo originale alla costruzione della città e del mondo attuale. Sta qui «l’esercizio del Cristianesimo» che l’Autore addita quale obiettivo pratico del Convegno e del cammino successivo.
L’iniziazione cristiana continua a essere un tema di grande attualità per la Chiesa italiana, impegnata in molte diocesi a un lavoro di revisione e di rilancio. Un significativo contributo al riguardo è qui proposto da Gilles Routhier, docente di teologia all’Université Laval, Quebec, e all’Institut Catholique de Paris. La prospettiva di lettura e di analisi si mostra interessante e densa di prospettive per il nostro contesto ecclesiale: ci è chiesto di immaginare un’azione pastorale che non sia frutto di un lavoro di pura e semplice archeologia (il ripristino di un catecumenato che già alle sue origini si è mostrato al plurale e con varie sfaccettature), ma il risultato di un vero e proprio esercizio di teologia pratica: la traduzione della memoria cristiana dentro le strutture culturali odierne, che usiamo per dire la nostra identità e la nostra storia. I concetti di «formazione permanente» e di «città educativa» possono così diventare il modo di dire oggi l’intenzione originaria che sta dietro al sorgere dell’istituto del catecumenato nelle Chiese antiche.
Don Roberto Vignolo (docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà teologica di Milano) propone in quest’articolo un’originale lettura del passo lucano sui due Ladroni. I due personaggi certo possono essere intesi, come normalmente avviene, quali figure contrapposte, negativa e positiva. Ma possono essere ripensate anche come «un’unica figura complessa che consente di costruire un cammino di fede completo, attraverso due diverse reazioni all’incontro con il Cristo crocifisso: prima imprecando nella ribellione, ma infine invocandolo nella conversione». A noi lettori viene così offerta la possibilità di un realistico cammino di fede che conduce fino alla sorprendente risposta di Gesù, che dona subito la salvezza.
Alla fine di aprile verrà proclamato beato a Milano, secondo le nuove disposizioni, don Luigi Monza, straordinaria figura presbiterale della Chiesa ambrosiana, vissuto nella prima metà del secolo scorso. Ne offre un sapido ritratto don Davide Caldirola (prete della diocesi milanese), che sottolinea i tratti distintivi della figura del Beato: disponibilità ad accogliere il progetto di Dio attraverso le imprevedibili e sempre incompiute circostanze della vita; assunzione della fatica e dello ‘svantaggio’ come elementi di un itinerario di santità; cura delle relazioni come legge dell’agire. Queste disposizioni di don Monza hanno avuto nella carità il luogo sorgivo e la forza di una realizzazione feconda, quella del «bene fatto bene» che ha contraddistinto l’opera delle Piccole Apostole della Carità, l’Istituto da lui fondato pochi anni prima di morire.
La vita di Gesù a Nazareth è motivo che ha ispirato suggestivi aspetti della recente tradizione spirituale cristiana. In questa nota chiara e sintetica don Carlo Porro (docente di Teologia dogmatica presso lo Studio teologico del Seminario di Como) riprende il tema anzitutto riferendosi ai dati neotestamentari e della tradizione e, in seconda battuta, alla ricostruzione dell’ambiente in cui Gesù è cresciuto. L’autore conclude la sua ricostruzione rimarcando la rilevanza ‘spirituale’ del nascondimento di Nazareth: «Per insignificante che sia, la vita di un uomo non è mai di poco valore agli occhi di Dio. La potenza di Dio si manifesta nella quotidianità, nelle scelte perdenti, nell’operosità silenziosa e perfino nell’apparente inutilità della vita».
Lo studio un tempo era componente rilevante della vita di un prete, e non solo nella formazione seminaristica. Così non è più, non solo perché nella immediatezza della cultura odierna esso gode di scarsa considerazione, ma anche perché il ministero pastorale è assorbito da una molteplicità di incombenze pratiche. Eppure lo studio è importante nella vita spirituale. Infatti richiede e favorisce alcune disposizioni essenziali per un cristiano: apertura all’alterità, disponibilità a farsi interrogare, umiltà e paziente ricerca della verità delle cose. Ce ne parla in questa breve nota don Antonino Franco, docente di teologia fondamentale alla Facoltà teologica di Sicilia (Studio teologico S. Paolo di Catania) e direttore spirituale del seminario di Acireale.
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.