È una meditazione di ampio respiro quella che Luciano Manicardi, monaco di Bose, propone in quest’articolo, ultimo di una serie che la Rivista ha dedicato al tema della speranza in vista del Convegno di Verona. La riflessione prende le mosse dall’odierna atmosfera culturale, priva di interesse per il futuro e incline a una sorta di paralizzante depressione diffusa. Ma è proprio in una congiuntura storica così oscura e difficile che può essere generata una speranza audace: è il paradosso del cristianesimo che vede negli inferi il ‘luogo’ dove nasce il nuovo di Dio. La speranza cristiana ha un occhio che in qualche modo vede l’invisibile, anche e soprattutto nel buio della disperazione. L’articolo si sofferma poi con originale sottolineatura sul profilo ecclesiale della speranza, rimarcando come la configurazione concreta dei rapporti ecclesiali non deve essere segnata da diffidenza e paura, ma dalla fiduciosa disposizione al dialogo e da uno sguardo coraggioso su di sé alla luce del Vangelo, «cose che si richiedono a un convegno ecclesiale, perché non sia semplicemente “sulla” speranza, ma sia esso stesso un segno di speranza».
È di imminente pubblicazione nei «Quaderni dell’Istituto Paolo VI» di Brescia la raccolta dei testi e dei discorsi che papa Montini dedicò al Concilio Vaticano II. Pubblichiamo qui l’Introduzione di Marco Vergottini, docente di Introduzione alla studio della teologia presso la Facoltà teologica di Milano. Ne emerge la figura di un pontefice totalmente dedito all’attuazione del Concilio, impegnato a farne valere la normatività, oltre le resistenze di chi il Vaticano II non lo volle accettare – ostacolando il rinnovamento conciliare per un improbabile ritorno al passato – e di coloro che misero in discussione istituzioni, pratiche e insegnamenti della tradizione ecclesiastica, considerati superati. L’orientamento di Paolo VI fu piuttosto quello di dare avvio a un lungo processo di realizzazione dello scopo del Concilio: «Ridestare, riformare, ringiovanire la Chiesa; illuminare la sua coscienza, rinvigorire le sue forze, purificare i suoi difetti, corroborare le sue strutture, allargare i suoi confini, ricomporre la sua unità, disporla a nuove difese e a nuovi contatti col mondo, rimetterla a contatto con le sue fonti». Parole pienamente attuali anche a molti anni di distanza.
La ricorrenza dei cinquant’anni dell’enciclica "Fidei donum" è occasione per ripensare il ruolo missionario della Chiesa locale. In particolare la Chiesa italiana ha progettato una serie di convegni che stanno coinvolgendo i suoi sacerdoti "Fidei donum" di Africa, America latina e Asia, in attività o già rientrati, e laici missionari. Le domande e le riflessioni emerse in occasione di tali incontri consentono a don Amedeo Cristino, coordinatore dei Corsi di formazione del CUM di Verona, di fare il punto sulla riflessione che sta maturando in merito al futuro della collaborazione fra le Chiese giovani e quelle di antica istituzione e, in particolare, sulle problematiche legate a una migliore valorizzazione ecclesiale dell’esperienza di scambio di sacerdoti e operatori pastorali fra Chiese sorelle.
L’articolo di Cesare Bissoli (docente presso l’Istituto di Catechetica dell’Università Pontificia Salesiana di Roma) illustra sinteticamente il profilo, il senso e il corretto uso del "Compendio del catechismo della Chiesa Cattolica". Il Compendio ribadisce autorevolmente l’oggettività della fede cristiana, la sua intrinseca esigenza veritativa da esso espressa attraverso la forma ‘pedagogica’ di domanda e risposta, avvalendosi anche della presenza di immagini tratte dal patrimonio iconografico cristiano. Il Compendio, sottolinea l’Autore, va pertinentemente collocato all’interno della più generale formazione alla fede, ricca di tonalità anche ulteriori rispetto a quella intellettuale. Il contributo infine offre qualche spunto pratico di uso pastorale del Compendio.
«Per poter essere cristiani bisogna esercitarsi perché le parole non scivolino sulla superficie, non soffochino nell’indifferenza e si perdano tra le chiacchiere», afferma p.Antonio Spadaro, gesuita della «Civiltà Cattolica», che in questa pagine restituisce nitidamente la riflessione di Karl Rahner sulla parola poetica. In essa, somma espressione della parola umana, si rende presente il mistero silenzioso della vita. Chi sa percepire il valore denso della parola poetica ha una buona disposizione ad ascoltare la Parola di Dio. E viceversa, quando un uomo sa ascoltare le parole del vangelo e della Scrittura tutta, apprezza la parola originaria della poesia e la sua capacità di evocare il senso delle cose.
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.