Venuto meno il clamore della vicenda Welby, il contributo che segue propone una pacata considerazione del complesso di problemi legato al morire nell’odierno contesto di forte medicalizzazione. Ne è autore il gesuita Carlo Casalone, vicedirettore di «Aggiornamenti Sociali». La riflessione è centrata sul tema del ‘testamento biologico’, considerato come punto prospettico per valutare le principali questioni relative alla ‘fine della vita’. Presentiamo questo studio quale utile strumento per capire la complessità e la delicatezza di questioni nuove, che richiedono anzitutto la disponibilità a istruire pazientemente il giudizio e quindi l’impegno alla comprensione e al discernimento.
‘Dialogo’ oggi non è parola dal significato univoco, suscitando risonanze assai diverse: taluni vi vedono un pericoloso cedimento nei confronti dell’identità cristiana, altri un’esigenza imprescindibile anche a costo di relativizzare la verità. L’articolo che segue propone un sorta di ‘grammatica’ cristiana del dialogo, facendosi ispirare dalla Parola di Dio. Gli ambiti in cui viene sviluppata sono tre: il dialogo dentro la Chiesa (fra i diversi carismi e le diverse culture), quello tra le religioni, e il dialogo con l’umanità. In conclusione del contributo, l’Autore si diffonde sulle condizioni del dialogo, offrendo alcuni spunti sullo stile della sua pratica.
L’articolo di Goffredo Boselli, monaco di Bose, muove dal principio che «la prima e fondamentale scuola di liturgia è la liturgia stessa». Per il prete ciò ha un significato specifico in riferimento sia alla sua vita spirituale sia all’esercizio del ministero. Per un presbitero l’essere plasmato dalla liturgia non è cosa scontata o facile, perché richiede disponibilità a entrare nel suo spirito e cordiale applicazione alla preghiera della Chiesa. L’Autore non intende offrire uno studio esaustivo sulla formazione liturgica dei ministri ordinati, ma proporre spunti e sollevare interrogativi per un approfondimento e un confronto sul tema. In particolare, la riflessione verte su tre luoghi formativi privilegiati: la preghiera liturgica, la presidenza, la mistagogia.
La serie di contributi che la Rivista sta dedicando alla recezione del Concilio Vaticano II si arricchisce qui della riflessione di don Francesco Scanziani (docente di Antropologia teologica e di Mariologia al seminario di Venegono) a proposito del rapporto tra Chiesa e mondo. L’articolo, dopo aver illustrato sinteticamente la tematica nella Gaudium et Spes, ne descrive sinteticamente la ripresa nelle commemorazioni dell’assise conciliare, nel magistero pontifico e nella linea della Cei. La panoramica conferma la piena attualità del rapporto Chiesa-mondo così come il Concilio l’aveva delineato. Certo, la sintesi evidenzia anche i cambiamenti di paradigma intercorsi negli ultimi quarant’anni: dal dialogo, all’evangelizzazione, alla testimonianza. Dentro questi passaggi e alle fatiche che essi comportano, sottolinea don Scanziani, si deve tener fede alla prospettiva ispiratrice del Concilio, efficacemente espressa con le parole di Paolo VI: «Non si salva il mondo dal di fuori; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio, occorre condividere se si vuole essere ascoltati e compresi».
La ‘questione antropologica’ è diventata una categoria di riferimento per intendere la sfida culturale che in questi tempi sempre più interpella la Chiesa. Il termine riguarda gli interrogativi intorno all’uomo, alla sua identità, al suo rapporto con la natura e, in modo oggi molto problematico, all’incidenza delle scienze e della tecnologia sull’umano nelle sue diverse forme. Mons. Gianni Ambrosio (Assistente generale dell’Università Cattolica e docente di Sociologia della religione alla Facoltà teologica di Milano) illustra la tematica rifacendosi alle autorevoli indicazioni programmatiche emerse al Convegno di Verona, e sottolineando in un secondo momento l’urgenza di declinare la questione antropologica a livello pastorale. Il clima di assuefazione, se non di resa, al potere tecnico-scientifico nella cultura odierna va contrastato in nome di una visione dell’uomo propria non solo della tradizione cristiana, ma anche della tradizione umanistica europea. In questa prospettiva, «una convincente testimonianza dei cardini dell’esperienza umana è la strada maestra per la comprensione della dignità dell’essere umano [...] Alla luce della Rivelazione i cristiani sono chiamati a illuminare e a far valere l’esperienza umana elementare». A tale esperienza la pastorale deve continuamente rifarsi per poter testimoniare il Vangelo in modo vero ed efficace.
L’articolo di padre Semeraro, monaco benedettino di Dumenza (VA), rielabora una conversazione tenuta al clero giovane della diocesi di Como.Viene messa a tema la diversità e insieme la relazione tra la spiritualità monastica e quella del presbitero secolare. Oggi la tradizione monastica attrae in forme diverse preti e laici. In che modo mantenere le specificità degli uni e degli altri nel rapporto reciproco? A quali condizioni si dà un riferimento appropriato alla esperienza monastica, che eviti derive estetizzanti o fughe dalle responsabilità? La riflessione proposta dall’Autore sottolinea come il monachesimo può contribuire a quella coltivazione della vita interiore che è indispensabile per la qualità evangelica del ministero pastorale.
Sabato 16 dicembre presentazione di "Le fiabe non raccontano favole" di Silvano Petrosino a Verona: diventare donna attraverso Cappuccetto Rosso, Biancaneve e Cenerentola.
Un estratto dal libro "Si destano gli angeli" di Tomáš Halík, per confortare, incoraggiare e ispirare “chi è ancora in cerca di altro” in questi tempi difficili.
Il magazzino Vita e Pensiero resterà chiuso per le festività dal 24 dicembre. Prima della chiusura sarà possibile spedire i volumi ordinati entro la mattina del 19 dicembre. Le spedizioni riprenderanno regolarmente l'8 gennaio 2024. Puoi acquistare e scaricare articoli digitali e ebook in ogni momento, anche durante la chiusura. BUONE FESTE!