Con l’intervista a mons. Gianfranco Ravasi, notissimo biblista e presidente del Pontificium Consilium de Cultura, proseguiamo il colloquio con alcuni dei protagonisti della stagione di ‘rinascita biblica’ seguita al Concilio Vaticano II. Le domande vertono soprattutto sul grande tema del rapporto fra Bibbia e cultura attuale. Le considerazioni di mons. Ravasi invitano a cogliere senza timori il kairos offerto dalla congiuntura culturale odierna, che offre inaspettate vicinanze con il codice linguistico biblico, rendendo così più facilmente avvicinabile l’uomo d’oggi, anche il non credente. La Bibbia si presta quindi, oggi forse più di ieri, a divenire uno straordinario veicolo missionario, capace di intercettare le eterne domande di senso dell’uomo, di provocarlo a una reazione, di liberarlo dalla condizione di vagabondaggio inconcludente alla quale sembra essere condannato dalla frenesia del modello di vita occidentale, ormai da tempo orfano di una grande narrazione che offra un senso.
La bella riflessione che qui pubblichiamo è stata recentemente proposta
dall’Autore, don Davide d’Alessio (docente di Teologia fondamentale
al Seminario di Venegono), ai giovani che hanno frequentato
gli incontri di Cultura e Spiritualità presso il seminario di Seveso
(diocesi di Milano). Il testo, pur mantenendo lo stile discorsivo dell’esposizione,
analizza con profondità e freschezza d’approccio il
tema dell’ascolto, esaminandone i diversi livelli, da quello fenomenologico
a quello biblico, teologico e spirituale. Per questo, le pagine
che seguono potranno certo essere utili a un pubblico di giovani,
ma anche a quanti volessero riscoprire l’attualità permanente di
un tema cristiano fondamentalissimo, poiché «l’ascolto è il luogo in
cui nasce la fede come libero affidamento alla verità che riconosciamo
nella risonanza, che lo Spirito suscita, tra la Parola nella parola
del testimone e la voce del maestro interiore che abita in noi».
L’articolo qui pubblicato propone di rileggere lo specifico della teologia
cristiana e dello stesso cristianesimo alla luce della categoria di
umiltà. Ne è autore Roberto Repole, presbitero della diocesi di
Torino e docente di Ecclesiologia alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale
(sezione di Torino). Alla rigida alternativa tra il ‘pensiero
forte’ della tradizione moderna e il postmoderno, ma non meno
totalizzante, ‘pensiero debole’, l’Autore oppone la possibilità di un’altra
via, quella di un pensiero umile: capace di mettersi in ascolto della
Rivelazione senza catturarla, per riscoprire, da qui, che Dio e la
Chiesa stessi non sono né forti né deboli, ma – appunto – umili.
Seguendo un’intuizione di Guardini, don Repole invita a considerare
come l’umiltà contrassegni tutta l’economia salvifica e quindi sia
punto di riferimento per la vita della Chiesa e per lo stile di presenza
del mondo da parte del cristiano: «L’umiltà si sposa molto bene
con una identità chiara e con una grande forza […]. In fondo, ancora
una volta, Gesù appare come Colui che, essendo stato “mite e
umile di cuore” (Mt 11,29), può esprimerlo al meglio: perché ha
manifestato che cosa significhi un’identità chiara, proprio nella sua
pro-esistenza; e ha manifestato la sua grande forza proprio nella sua
capacità di integrare anche il più piccolo, anche l’ultimo».
Il breve ciclo dedicato da don Guido Benzi (biblista della diocesi di
Rimini) alle parabole si chiude con un’analisi del cap. 13 di Matteo
con le sue quattro parabole che parlano del Regno e degli atteggiamenti
richiesti dall’urgenza della sua venuta: testi apparentemente
simili, ma che celano una grande varietà di sfaccettature narrative,
ciascuna delle quali introduce alla comprensione del ‘mistero del
Regno’. L’Autore opera un’approfondita lettura dei testi mostrando
la loro capacità di interpellare alla decisione anche il lettore odierno:
«Le parabole predicate da Gesù e riscritte dalla comunità ecclesiale
continuano il loro scopo performante, ponendo continuamente
i discepoli di fronte all’enigma del regno e del suo sviluppo.
L’“occasione unica” in qualche modo si ripete per ciascun uomo o
donna che si accosta all’annuncio del medesimo vangelo continuamente
operato dalla Chiesa».
L’articolo di Luciano Manicardi, monaco di Bose, è un vero e proprio
elogio del libro. Giocando sull’assonanza libro/libero l’Autore
mostra, anche attraverso suggestivi riferimenti letterari, come la lettura
del libri favorisca lo sviluppo della libertà, nei suoi diversi aspetti.
Queste pagine fatto riflettere soprattutto se consideriamo come
nel nostro Paese – e in particolare presso le giovani generazioni –
sia sempre più marcata una tendenza di disaffezione al libro, spia di
una preoccupante involuzione antropologica e civile.