Un’appassionata meditazione di mons. PierAngelo Sequeri dà avvio
alla serie di contributi che la Rivista ha programmato per l’Anno sacerdotale
indetto da Benedetto XVI. Il punto fondante di questa riflessione
sul senso dell’essere prete nella nostra epoca è l’attenzione
per la Chiesa che concretamente c’è. Questa presa diretta con
la realtà è l’antidoto all’insorgere nel presbitero dell’insoddisfazione
per la comunità che Dio gli ha affidato. Il prete, piuttosto, è un uomo
che, per amore del Signore, consegna la propria vita alla cura obbediente
della Chiesa reale e della sua missione, trovando qui la propria
letizia. Secondo il medesimo spirito, il ministero cristiano nei
confronti di tutti i non-discepoli è chiamato ad accogliere radicalmente
la vita quotidiana come il terreno della nostra rivelazione di
Dio. Su questo sfondo, e oltre ogni retorica, Sequeri rilegge il nucleo
spirituale della figura sacerdotale secondo la categoria del cuore:
«Nel punto di contatto tra il ministero apostolico e la condizione
umana, un uomo, consacrato nel nome del Signore all’azzardo del loro
legame più alto, mette il cuore. È lui stesso il legame. L’immagine
che deve dominare su tutto, e in tutto, rimane detta in quelle semplici
parole: ricomposizione e misericordia. Riconciliazione con Dio,
mediante il ministero della fede, reciprocità fra gli umani, mediante
il ministero di agape».
In un momento nel quale è vivo all’interno della Chiesa italiana il dibattito
sul rinnovamento degli itinerari catechetici, pubblichiamo
un’interessante riflessione sulle dinamiche della trasmissione della fede.
Ne è autore il pastoralista belga Henri Derroitte, docente all’Università
Cattolica di Lovanio e direttore del Centro e della rivista
«Lumen Vitae» di Bruxelles. L’articolo focalizza l’attenzione sul ruolo
della famiglia, sollevando con franchezza e oltre i luoghi comuni le
questioni di fondo che la riguardano: a quale figura di famiglia la Chiesa
può realisticamente rivolgersi chiedendole di essere attiva nella
catechesi? Quali modelli è in grado di trasmettere la famiglia odierna?
A quali condizioni essa può realmente trasmettere qualcosa, e
quindi anche un’educazione religiosa? Il saggio si chiude suggerendo
un’ipotesi di lavoro, articolata in cinque punti che concretamente offrono
dei riferimenti strategici nell’articolazione di nuovi interventi
pastorali.
Don Roberto Vignolo, docente di Esegesi e Teologia biblica alla Facoltà
teologica di Milano, propone in queste pagine una suggestiva
meditazione a partire dal capitolo 40 del libro di Isaia. Dio consola
il suo popolo in esilio promettendogli l’inimmaginabile: un cammino
attraverso il deserto per fare ritorno in patria, sperimentando così
la vicinanza del Signore. Il tema viene svolto nella prospettiva spirituale
dell’Avvento, tempo nel quale va tenuta desta la coscienza del
Dio con noi. La consolazione ha come fondamento solido il farsi
carne della Parola, il suo discendere nella fragilità della nostra condizione
umana. Nulla può sottrarsi alla luce dell’affetto che Dio ha
per noi e alla speranza che esso dischiude.
La riflessione di don Marco Pozza, giovane prete della diocesi di Padova
e appassionato maratoneta (se ne può consultare il sito
www.sullastradadiemmaus.it), invita a riscoprire il valore educativo
della pratica sportiva, che mostra indubbie analogie con l’educazione
alla fede: si tratta di un’educazione che corre per certi versi parallela,
«almeno quando l’obiettivo è quello di preparare le disposizioni
interiori, le fondamenta sulle quali poi poggiare e realizzare il
progetto architettato. La dimensione sportiva spartisce con l’atto di
fede quell’ordine del cuore che è necessario tanto per fare di un
buon ragazzo un possibile campione quanto per fare di un giovane
fedele un possibile santo». L’ordine del cuore evocato in queste pagine
è il terreno propizio alla ricomposizione di interiorità disperse
e frammentate, come spesso sono quelle dei giovani oggi, e per rendere
possibile anche a loro l’ascolto dell’Eterno che chiama.
Compressa fra la più seducente demonologia e il pregiudizio di credenza
popolare, l’angelologia è stata a lungo dimenticata come se
fosse un capitolo irrilevante della dogmatica. Don Carlo Porro, docente
di Teologia dogmatica presso il Seminario vescovile di Como,
reagisce a tali riduzioni presentando un breve compendio della dottrina
sugli angeli, allo scopo di illustrarne il rilievo per la fede cristiana.
In particolare l’autore, sottolineando che l’angelologia ha come
suo fondamento necessario la cristologia, riconosce che essa
riveste un’importanza secondaria nella gerarchia delle verità cristiane.
Tuttavia la devozione agli angeli trova legittimazione in una rilettura
soggettiva di tale gerarchia, che ravvisa nelle presenze angeliche
un ruolo nell’economia salvifica.
L’articolo di Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia presso l’Università di Milano Bicocca, ripropone in modo originale l’eredità di don Lorenzo Milani, individuando alcune parole-chiave dei suoi scritti e della sua opera (denuncia, politica, parola, etica, profezia), ed esplicitando l’attualità della sua filosofia pedagogica: ne emerge un percorso incisivo e denso di provocazioni, che mira a favorire nel lavoro educativo la formazione di una coscienza critica nei confronti delle ingiustizie e delle brutture della società odierna.
1° dicembre presentazione in anteprima del primo volume della collana "Credito Cooperativo. Innovazione, identità, tradizione" a cura di Elena Beccalli.