La riflessione di mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza e membro
della Direzione della Rivista, introduce in modo ampio e articolato
alla lettura dell’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate. In
questa prima parte dell’articolo, l’autore illustra perché l’enciclica
costituisce un grande, impegnativo e fiducioso annuncio, quello della
dottrina sociale della Chiesa come servizio alla verità che libera,
avendo la centralità dell’uomo quale principio cardine essenziale. In
questa prospettiva mons. Ambrosio evidenzia alcune linee portanti
della Caritas in veritate: la carità come forza propulsiva dello sviluppo
umano, la logica del dono, una visione equilibrata del progresso
tecnologico, il bene comune come criterio orientativo per l’azione.
La seconda parte dell’articolo, la cui pubblicazione è prevista per il
numero di febbraio 2010, si soffermerà sulla continuità e sull’evoluzione
della dottrina sociale della Chiesa nell’Enciclica.
L’approccio del cristiano ‘comune’ ai temi escatologici è fortemente
cambiato negli anni recenti. Ciò vale in modo particolare per la dottrina
dell’inferno, che ha risentito del più generale mutamento della visione
di Dio, ora percepito più secondo la cifra della misericordia che
della giustizia implacabile. Pensiamo sia quindi particolarmente utile
offrire la possibilità di una seria ripresa teologica del tema, che dissolva
l’ombra di scetticismo che lo vela, riducendolo a sopravvivenza
di una sorpassata mentalità mitica o a retaggio di una religione della
paura. Il contributo di mons. Giacomo Canobbio (docente di Teologia
sistematica alla Facoltà teologica di Milano) si propone questo obiettivo
anzitutto collocando la problematica nel quadro della sensibilità
odierna, per poi rileggere il dato tradizionale con l’ausilio dei grandi
teologi contemporanei che ne hanno favorito la ricomprensione. Capire
che i «novissimi sono veramente l’aldilà dell’al di qua», ovvero il
compimento del modo con il quale l’uomo determina la sua esistenza
in rapporto al Dio della salvezza, è la premessa per comprendere
il senso più profondo della dottrina dell’inferno: «Mantenere la responsabilità
dell’uomo nella determinazione del suo destino ultimo, il
quale non può venire “imposto” all’uomo se egli non vuole».
Lo scorso giugno si è tenuto in Calabria, a Cotronei (KR), il convegno
«Insieme verso le nozze. La preparazione al matrimonio cristiano
», organizzato dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia
della CEI. Momento particolarmente significativo dei lavori è stata la
presentazione dell’indagine conoscitiva nazionale sulle modalità con
le quali le comunità cristiane preparano le giovani coppie al sacramento
del matrimonio.Antonella Pennati, docente di religione e collaboratrice
del Centro Internazionale Studi Famiglia, l’agenzia milanese
che ha curato la ricerca, presenta qui i risultati dell’indagine,
proponendo insieme alcuni interrogativi pastorali che scaturiscono
dal nuovo quadro. L’indagine segnala infatti, accanto al confortante
dato relativo al grande impegno profuso dalle Chiese in questo ambito,
elementi di forte novità nei soggetti che richiedono il matrimonio
(età più matura, presenza sempre più rilevante di coppie conviventi
o con figli). Elementi che propongono alla Chiesa italiana la
necessità di verificare la rispondenza degli attuali strumenti e metodi
pastorali alla mutata realtà giovanile. Lo studio, unendo l’agilità
della presentazione alla completezza dei dati statistici, si propone
quale strumento per pensare la pertinenza delle proposte rivolte al
proprio territorio, soprattutto in merito alla loro capacità di incontrare
gli interrogativi e i bisogni formativi di chi oggi chiede il matrimonio
cristiano.
Torniamo sull’argomento educativo affrontando il tema dell’oratorio
che, in numerose diocesi italiane, rappresenta ormai da secoli il
segno della cura ecclesiale per la formazione delle nuove generazioni.
Don Luca Ramello, giovane presbitero della diocesi di Torino,
presenta qui una riflessione molto articolata che, di fronte alle difficoltà
attuali dell’oratorio, prende avvio proprio dalla domanda su
cosa esso sia e sulla sua possibilità di trovare un senso oggi: essere
ancora «segno che orienta e rende propizia la rivelazione della presenza
di Dio nel dono di una gioia feriale». L’oratorio necessita anzitutto,
secondo don Ramello, di una rinnovata attenzione teologico-
pastorale che ne rilanci la ricca complessità, sintetizzata nel
saggio attraverso sei polarità strategiche. Luogo feriale della prossimità,
l’oratorio può ancora rappresentare «una via privilegiata e feconda
per l’incontro della comunità ecclesiale con le giovani generazioni
», soprattutto se ripensato nella sua qualità di ‘luogo’ della
comunità, capace di attirare giovani e non solo bambini, frequentato
da autorevoli figure di educatori portatrici di progetti e contenuti
formativi.
La riscoperta conciliare della dignità della condizione laicale e il congiunturale
calo numerico delle vocazioni presbiterali ha spinto alcune
diocesi a immaginare la parrocchia secondo forme nuove. Pubblichiamo
qui l’interessante racconto dell’esperienza, non isolata, di
una coppia di sposi che da ormai vent’anni è felicemente responsabile
di una parrocchia della diocesi di Firenze. La sperimentazione,
avviata dal card. Piovanelli a seguito del 34° Sinodo della Chiesa fiorentina,
rappresenta una modalità per mantenere in vita anche le
piccole parrocchie, che ormai non potrebbero più vedere la presenza
stabile di un sacerdote.Comunità dove i laici fanno tutto quello
che è loro possibile fare – catechesi, carità, preparazione della liturgia,
ecc. – , nelle quali il prete che presiede l’eucaristia domenicale
viene percepito come figura preziosa e indispensabile per la crescita
della comunità.
Le giovanni donne sempre più lontane, i giovani in solitaria ricerca, il dovere degli adulti di mettersi in ascolto: Paola Bignardi racconta il libro-inchiesta "Dio, dove sei?".