Questa intensa riflessione di Enzo Bianchi, priore della comunità di
Bose, affronta un tema costitutivo della vita del prete: il suo rapporto
con la Parola di Dio.Ascoltatore della Parola, suo servo, il presbitero
si lascia raggiungere, penetrare, misurare da essa in una relazione vitale
che è anzitutto accogliente e obbediente. Questo fondamento è
irrinunciabile al ministero della predicazione se vuole essere annuncio
autentico e fedele della verità cristiana. In questo modo il presbitero
vive la sua vocazione di ‘uomo spirituale’, consapevole che una predicazione
animata da passione, capace di esprimere fede, amore e speranza,
non è al riparo da fatiche e difficoltà. Perché la semina della Parola
nel presbitero possa dare frutto, occorre lottare con le armi della
preghiera e dell’assiduità nell’ascolto, tenendo come quotidiano punto
di riferimento la parola di Gesù: «Non di solo pane vive l’uomo,ma
di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio».
La bella meditazione di S.E. mons. Franco Giulio Brambilla,Vescovo ausiliare
e preside della Facoltà teologica di Milano, riproduce la relazione
d’apertura alla recente Settimana di spiritualità dell’Ufficio Cei
per la Famiglia su La famiglia cuore della vocazione. Chiamati e custoditi
dall’amore. La riflessione, che commenta il brano lucano della presentazione
di Gesù al tempio, si snoda in un continuo e fecondo intrecciarsi
del piano antropologico-pedagogico e di quello biblico-spirituale,
mostrando come, per Gesù e per tutti i figli, il nascere alla
vocazione della propria vita sia inscindibile dal nascere, in una famiglia,
alla libertà del proprio essere persona libera e adulta; e come, per i
genitori, la vocazione dei figli rivelerà anche qualcosa dell’amore di uomo
e donna, «che non si può possedere solo nei gesti dell’affetto reciproco,
dello scambio corporeo, del sogno comune, ma si può soltanto
ricevere lasciando partire i figli, per ritrovarli uomini nuovi».
Come è noto, la CEI ha indicato l’‘educazione’ – «vera emergenza
della nostra epoca» – quale tema per gli Orientamenti pastorali del
prossimo decennio 2010-2020. I lettori avranno constatato che a
questo tema, complesso e relativamente poco frequentato dalla
teologia, la Rivista sta dedicando una serie di contributi di approfondimento.
Lo studio di mons. Giuseppe Angelini (docente di
Teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale,
da sempre attento alle tematiche in questione, come testimoniano
le sue numerose pubblicazioni in materia) analizza lo stato attuale
della ‘questione educazione’ (nella Chiesa e nella società civile) chiarificando
i profili teorici che, in maniera quasi sempre implicita, soggiacciono
all’azione educativa. Si tratta di un contributo ricco e originale,
che sottolinea quanto sia importante una riflessione adeguata
perché possa essere svolto efficacemente quel compito educativo
che oggi agli occhi dei padri e delle madri appare molto laborioso.
Continua la riflessione che la rivista sta dedicando alla questione dei
ministeri, ordinati e non, dentro la Chiesa. Come abbiamo visto nell’articolo
del prof. Routhier pubblicato sul numero di giugno, parlare
oggi di ministeri chiede la costruzione di un discorso complesso.
Da un lato occorre infatti tenere conto di tutto il lavoro di recezione
del magistero del Vaticano II per quanto riguarda la Chiesa, la
sua identità, la sua missione, la sua manifestazione in comunità cristiane
variegate e differenti l’una dall’altra. D’altro lato occorre però
imparare a osservare con attenzione la pratica ecclesiale e i profondi
cambiamenti che sta conoscendo, cambiamenti che suscitano riflessioni
teologiche e chiedono di essere riletti e ricompresi alla luce
della Tradizione. In questo quadro si inserisce la riflessione del
prof. Alphonse Borras, canonista e vicario generale della diocesi di
Liegi. Già conosciuto dai lettori della Rivista, con la sua lucidità aiuta
a leggere con strumenti teologici appropriati la questione ministeriale,
così come si va configurando nella Chiesa oggi. Pensata non
a partire dall’esperienza della Chiesa italiana, questa riflessione fornisce
però molti strumenti utili a comprenderla.
Lo studio di don Bruno Bignami, vicerettore del seminario vescovile
di Cremona, ricorda, a cinquant’anni dalla morte, la figura forte e
profetica di don Primo Mazzolari. L’angolo di lettura attraverso cui
il prete di Bozzolo viene rievocato è quello della parrocchia, un tema
fra i meno noti della sua riflessione, ma ugualmente centrale e di
indubbio rilevo. Infatti, l’amore per la Chiesa, che traspare come valore
centrale dell’esistenza di don Primo, si esplicita nel suo infaticabile
e creativo lavoro in parrocchia. L’articolo presenta l’evoluzione
del pensiero di Mazzolari sulla parrocchia e ne sottolinea la
sorprendente attualità, soprattutto nella visione della comunità cristiana
come casa ospitale per tutti.