Le formule di largo uso che condensano il tradizionale linguaggio della
fede non sono più comprensibili dalla stragrande maggioranza dei nostri
contemporanei, non trovano più posto nella nostra immagine del mondo
e devono essere pertanto tradotte e comprese in un modo nuovo.
A partire da questa persuasione, Marco Tibaldi, docente di Introduzione
al mistero cristiano e Antropologia teologica presso l’ISSR di Bologna,
presenta qui, all’interno di una cornice fondativa, alcune esperienze ed
esempi concreti di utilizzo di ‘nuovi’ linguaggi per la comunicazione della
fede: quelli propri dell’arte sacra, del cinema e della multimedialità, fi no
alla comicità. Questi tentativi sono accomunati non tanto dal riprendere
l’uno o l’altro aspetto della dottrina cattolica, quanto dal ripensare l’insieme
delle categorie con cui è stata formulata; a tal fi ne, afferma l’Autore,
è sempre più necessaria «una sorta di nuova teosemiotica, intendendo
con questo termine proprio la rifl essione a tutto tondo sui segni con cui
noi parliamo di Dio, per meglio comprendere i segni con cui Dio ci ha
parlato e ci parla tuttora».
I vangeli parlano poco di Giuseppe, «padre» di Gesù. Lo studio di
Luciano Manicardi, monaco di Bose, scava nelle parole del racconto
di Matteo per individuare i tratti della singolare paternità di Giuseppe
che, priva del momento generativo in senso biologico, si sostanzia
invece nell’accompagnamento, nel servizio e nella prossimità al fi glio,
«quel cammino educativo che normalmente è ben più problematico
dell’atto di rendere incinta la donna». Precisamente nella decisione
di accogliere Maria e suo fi glio si comprende l’essere «giusto» di
Giuseppe, che in questo processo di discernimento non solo si pone
in sintonia con le paradossali logiche secondo cui Dio ha guidato
la storia della salvezza, ma realizza quella giustizia della fede che ha
molto da dire sulla paternità. Essa infatti si nutre di un volere giusto,
sa portare su di sé la sofferenza dell’altro, è prassi d’accoglienza, è
profezia e coraggio che sa integrare anche le dimensioni inconsce
della persona. Inaspettatamente forse, la lettura di Manicardi riesce a
sbalzare una ricca fenomenologia della paternità di Giuseppe, caratterizzata
da un’evidente dimensione di universalità: egli è «il padre
che sa vivere la paternità perché spoglia la paternità di ciò che di
violento, aggressivo, ma anche di paura e di autodifesa vi può essere
nell’esercizio della paternità».
Perché preparare diaconi per le nostre Chiese diocesane? Più precisamente,
per fare che? Queste le domande che guidano l’articolato
saggio di Alphonse Borras, professore all’Università Cattolica di
Lovanio, tanto più urgenti in questo momento della vita ecclesiale,
in cui la recezione del diaconato permanente rischia di essere ipotecata
dalla penuria dei preti. Lo studio affronta analiticamente le
ragioni dell’originalità del diaconato permanente, articolando rifl essione
teologica e analisi delle concrete forme di questo ministero,
offrendo uno sguardo equilibrato e completo delle complesse
problematiche ecclesiologiche che possono favorire o viceversa
svuotare di senso il diaconato permanente. Borras sottolinea con
particolare cura gli aspetti legati alla gestione canonica, all’accompagnamento
e all’inserimento ecclesiale di queste fi gure: «Perché è
proprio sul piano dell’agire – essendo il ministero essenzialmente
un fare, un agire: quello relativo all’edifi cazione della Chiesa e all’annuncio
del Vangelo – che si gioca la novità del diaconato». Il senso
del suo ripristino si misura infatti sulla coerenza della sua effettiva
messa in opera sul campo della pastorale delle Chiese locali.
Il pomeriggio del 31 maggio, il Congresso teologico-pastorale del VII
Incontro Mondiale delle Famiglie si è articolato in diverse sessioni,
svoltesi in alcune località lombarde. Nelle strutture della Nostra
Famiglia di Bosisio Parini (LC), luogo d’eccellenza nella cura dell’handicap,
si è approfondito il tema Famiglia e handicap. Pubblichiamo
qui l’intensa e ricca rifl essione di S.E. mons. Franco Giulio Brambilla,
vescovo di Novara e animatore dell’associazione Una famiglia di famiglie,
proposta in quell’occasione, che ha riletto le specifi che problematiche
delle famiglie con un fi glio disabile. Alle prese con una
povertà interminabile, queste famiglie, ancor più delle altre, necessitano
di un contesto sociale ed ecclesiale amico e solidale. In particolar
modo la famiglia con la persona disabile (bimbo, adolescente,
giovane adulto, anziano) necessita di stare in profonda relazione con
altre famiglie con fi gli cosiddetti normali. L’esperienza di tanti anni di
movimento di famiglie con fi gli/adulti disabili insieme a famiglie di fi gli
normodotati, racconta che tutto questo è un grande patrimonio di
umanità per tutti, per gli uni e per gli altri. Anzi è un ‘piccolo laboratorio’
di vita cristiana ed ecclesiale e persino di vita civile e sociale.
Ha poco più di un anno, ma è già di respiro internazionale, il Cortile
dei Gentili, la struttura vaticana nata da una intuizione profetica
di Benedetto XVI, il 21 dicembre 2009, e diretta dal cardinale
Gianfranco Ravasi, presidente del Pontifi cio Consiglio della Cultura.
Padre Laurent Mazas, che ne è Direttore esecutivo, presenta le principali
tappe fi nora toccate, la favorevole accoglienza che l’iniziativa
sta incontrando e, segnatamente, il clima di profondo rispetto e
ascolto che caratterizza il confronto fra credenti e non credenti, segno
che la ricerca del vero e del bene appartiene a tutti gli uomini di
buona volontà. La via scelta, quella dell’interculturalità e del dialogo,
è il motivo per cui il Cortile si confi gura come un prezioso spazio
aperto dove passano le voci, dove ci si confronta tra diversi, senza
pretendere conversioni o inversioni di cammini spirituali.
1° dicembre presentazione in anteprima del primo volume della collana "Credito Cooperativo. Innovazione, identità, tradizione" a cura di Elena Beccalli.