Nel novembre scorso si è tenuto a Roma, presso il Pontifi cio Consiglio della Famiglia, un convegno su «Ho ricevuto, ho trasmesso». La crisi dell’alleanza tra le generazioni. Il tema è di importanza cruciale. Infatti, per la prima volta nella storia dell’Occidente si sta verifi cando una sorta di cesura tra le generazioni, un’interruzione del passaggio del ‘testimone’ da una generazione all’altra. Che cosa passano i genitori ai fi gli? Ma la domanda è più radicale ancora: i genitori passano qualcosa ai figli? Il fenomeno è avvertito acutamente nelle famiglie, che incontrano la difficoltà, a tratti soverchiante, anche solo a trasmettere l’umano. Si tratta di un fenomeno molto complesso, pervasivo e di lungo termine. La cosa non è di poco conto, perché tocca una (forse la) struttura antropologica fondamentale. Ma se è a rischio il passaggio tra le generazioni, lo è anche la trasmissione della fede, che viene come a perdere il terreno sotto i piedi, la condizione stessa della traditio. La relazione di mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, tocca esattamente questo aspetto della questione. La rifl essione si sviluppa attorno a due nodi decisivi: il signifi cato del generare l’umano come spazio per trasmettere la fede; il comandamento di Dio che intima di onorare il padre e la madre come garanzia per il desiderio dell’uomo. Gli atti del convegno (a cui hanno partecipato, oltre a mons. V. Paglia, anche F. Botturi, M. Magatti, P. Sequeri, M. Recalcati e L. Scaraffi a) saranno pubblicati in aprile da Vita e Pensiero.
Il testo del prof. Silvio Ferrari che qui pubblichiamo riproduce l’intervento pronunciato durante il convegno fi losofi co-teologico su Religioni, libertà e potere che si è tenuto lo scorso ottobre, presso l’Aula Magna della sede milanese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel quadro delle celebrazioni dell’Anno costantiniano. Il contributo affronta con grande chiarezza l’interrogativo se l’attuale concezione della laicità dello Stato, di origine seicentesca, sia in grado di reggere alle nuove sfi de poste da una società sempre più multietnica, segnata dalla crescita sia della diversità religiosa sia della visibilità delle religioni nello spazio pubblico: «Questi due processi – afferma l’Autore, ordinario di Diritto canonico presso l’Università Statale di Milano e presso L’Università di Lovanio – stanno modifi cando in profondità il panorama religioso del Vecchio Continente, e i tradizionali strumenti di regolazione dei rapporti tra Stati e religioni appaiono sempre meno in grado di rispondere a queste trasformazioni». È dunque necessario trovare nuove soluzioni che integrino le istanze della società civile, dello Stato laico e della libertà di religione e di convinzione.
La distanza temporale che ci separa dal Vaticano II permette un confronto più sereno con la movimentata vicenda che ne ha accompagnato la recezione e, conseguentemente, segnato l’attuazione. Don Francesco Saverio Venuto, docente di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale (Sezione di Torino), propone qui una precisa e articolata recensione dei primi vent’anni del post-Concilio, distinguendo in essi tre sotto-periodi, sulla base dell’emergere delle posizioni ermeneutiche più rilevanti nel dibattito storico-teologico sul signifi cato del Vaticano II. L’intelligente lavoro di rilettura della vicenda storica prepara la seconda parte dello studio, dove emergono le principali categorie o mediazioni concettuali impiegate nella lettura del Concilio, tutte dipendenti dall’attribuzione del carattere di ‘evento’ discriminante nella vita della Chiesa cattolica: tradizione-progresso; aggiornamento-riforma-rivoluzione; continuità-disconinuità.
Donatella Scaiola, docente presso la Pontifi cia Università Urbaniana, ritorna con questo saggio sul tema del potere rileggendo i capitoli di Gdc 6-9 del libro dei Giudici, dedicati alla vicenda di Abimélec, snodo fondamentale nel cammino che porterà Israele a darsi un re per essere come tutte le altre nazioni. L’episodio infatti segna una svolta nel racconto biblico, mostrando la tragedia del popolo di Dio e dei suoi governanti non scelti dal Signore. La presentazione di questo intreccio si rivela interessante e sorprendentemente attuale, invitando il lettore a considerare l’ambiguità intrinseca al potere: il re infatti può offrire sicurezza e stabilità al suo popolo, ma anche disorientamento e distruzione.
Don Stefano Guarinelli è prete della diocesi di Milano, teologo spirituale e psicoterapeuta, già noto per numerose e qualifi cate pubblicazioni. Il suo ultimo lavoro, Il prete immaturo (EDB, Bologna 2013), origina da una raccolta di meditazioni proposte a seminaristi e preti e, più generalmente, dall’esperienza di più di quindici anni dedicati all’ascolto e all’accompagnamento in ambito sacerdotale e non solo. L’itinerario disegnato nel libro guida con singolare delicatezza dentro le pieghe e le piaghe del vissuto. Il testo è presentato da don Enrico Parolari, confratello e collega dell’Autore, che mette in evidenza la caratteristica che contraddistingue il saggio: «L’aspetto originale e raro del libro che presentiamo sta soprattutto nell’intreccio tra la Scrittura e la psicodinamica, tra il racconto evangelico e il racconto della vita. È un intreccio che si ritrova nella vita e nella Scrittura: “la logica della rivelazione cristiana, infatti, sembra andare a collocarsi precisamente nel punto di contatto tra i processi psichici e quelli spirituali”».
Pubblicata la tesi di Caoduro, sul ruolo della diplomazia sportiva tra Stati Uniti e Cina, vincitrice della sezione Vita e Pensiero del Premio Gemelli.