Don Alberto Carrara, parroco, ora Delegato vescovile per la pastorale della cultura e delle comunicazioni sociali nella diocesi di Bergamo, offre qui una ricca sequenza di considerazioni sui problemi pastorali suscitati dal cambiamento che il nostro tempo sta imprimendo al cristianesimo parrocchiale. La riflessione cerca infatti di mettere a fuoco che cosa sta cambiando in una Chiesa che da maggioranza diviene minoranza, considerato che questo trapasso non è solo questione di numeri e di frequenze, ma anche di idee, di modi di pensare, di modi di fare pastorale. Il cambiamento interroga infatti gli elementi portanti del cattolicesimo post-tridentino, anzitutto la figura del parroco, poi il ruolo dei laici, il numero e la destinazione di celebrazioni, strutture e luoghi di culto. Si delinea quindi una situazione nuova della comunità cristiana sia nella società nella quale si colloca sia al suo interno. Affrontarla è anzitutto una questione di sguardo, che sa scorgere la benevolenza divina per l’oggi: «In effetti – invita a considerare don Carrara – nei “giorni dell’onnipotenza” il Regno si riteneva coincidesse con la Chiesa, per cui la grandezza e la forza di questa si pensava fossero la necessaria, indispensabile epifania di quello. Nei tempi della minorità della Chiesa, il Regno ci precede sempre, è sempre più grande di tutte le nostre Chiese e della Chiesa».
È sotto gli occhi di tutti la difficoltà che gli uomini del nostro tempo incontrano nel mantener fede a quelle scelte che, proprio perché irrevocabili, si rivelano capaci di strutturare l’identità personale. A questa pervasiva fragilità non sfuggono religiosi e consacrati, nonostante siano attentamente seguiti nei lunghi anni della formazione. Don Aristide Fumagalli, docente di Teologia morale presso il Seminario arcivescovile e la Facoltà teologica di Milano, si interroga a fondo sulle cause di questa precarietà esistenziale, avanzando l’ipotesi di una carenza insita nei percorsi formativi attuali: precisamente di una disattenzione al profilo più propriamente morale, sottovalutato a vantaggio di quelli – pur legittimi – spirituale e psicologico. L’esito sarebbe la troppo debole strutturazione della volontà; infatti, «se alla psicologia spetta di indagare le condizioni di esercizio della libertà e alla spiritualità di illustrare le condizioni per esercitare cristianamente la libertà, alla morale compete propriamente di considerare le strutture e i dinamismi che consentono alla libertà di interagire con la natura e la grazia». Secondo l’Autore una maggior attenzione al profilo morale sarebbe oggi particolarmente auspicabile per arginare l’incidenza endemica ed epocale dell’accidia, nelle insidiose forme che essa prende nella società odierna.
Pubblichiamo qui la seconda parte del contributo che mons. Luca Bressan (membro della redazione e docente di Teologia pastorale alla Facoltà teologica di Milano) dedica al tema della ‘nuova evangelizzazione’. Dopo aver illustrato nella prima parte (3/2014, pp. 207-214) la lettura che Benedetto XVI ha dato del concetto, l’articolo mostra come esso sia stato assunto e rilanciato originalmente da Francesco nella Evangelii Gaudium. L’esortazione viene ripresa attorno a tre nuclei: la domanda di riforma della Chiesa; il giudizio sul mondo e la cultura odierni; gli strumenti per l’annuncio cristiano oggi. Con le sue sottolineature originali la Evangelium Gaudium colloca la Chiesa «in quell’ottica evangelizzatrice che il Concilio Vaticano II le aveva assegnato come strumento dal quale desumere l’atteggiamento di cui necessitava, la forma da assumere per continuare a essere mezzo efficace di santificazione anche nel mondo attuale».
A poco più di vent’anni dalla morte, la testimonianza di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e a lungo Presidente nazionale di Pax Christi, è molto viva nel popolo di Dio e in molti di coloro che, anche con diverse sensibilità culturali, lottano per la difesa dei poveri e per la pace. Ne offre una presentazione precisa e appassionata mons. Luigi Renna, Rettore del Seminario regionale pugliese La Molfetta, nella convinzione che, a cinquant’anni dal Vaticano II, la figura presbiterale di don Tonino risponda a quel modello di pastore per il nostro tempo delineato dai documenti conciliari e recentemente riproposto con intensità da papa Francesco nella Evangelii gaudium. Le caratteristiche del suo ministero, pensato ‘in uscita’ verso i bisogni del povero, la sua particolare attenzione per la predicazione, ancora oggi efficace per profondità e ‘sonorità’ della parola, l’opzione preferenziale per i poveri, delineano la figura di un «pastore fatto popolo», definizione usata dallo stesso don Tonino per sintetizzare la testimonianza di vescovo e di martire di Oscar Arnulfo Romero al quale ispirava la sua azione.
Con questo studio don Gaetano Di Palma, presbitero della diocesi di Napoli, docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione S. Tommaso d’Aquino, analizza la figura di Pietro nell’originale lettura dell’opera lucana. Le fonti particolari del terzo vangelo ne sottolineano soprattutto la figura di ‘missionario’, impegnato affinché gli uomini siano sottratti alle tenebre della lontananza da Dio, e di guida nel rafforzare i fratelli, consolidandoli nella fede. Il risalto dato alla figura di Pietro da Luca e dagli altri evangelisti non sembra essere motivato dal solo rispetto del punto di vista storico, ma anche da ciò che poteva significare dal punto di vista teologico per la vita della comunità primitiva. Il discorso della successione, quindi, «non andrebbe fondato sulla filologia del testo biblico, ma sulla sua pragmatica […] si parla di Pietro riferendosi alla funzione che rappresenta e a coloro che dopo di lui la assumono».
L’Istituto Toniolo, Ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha avviato nel 2012 un’indagine nazionale sulla condizione giovanile coinvolgendo un ampio numero di giovani dai 18 ai 29 anni. I primi risultati della ricerca sono stati pubblicati al termine dello scorso anno e permettono di comporre un approfondito e articolato ritratto della generazione dei giovani che hanno compiuto 18 anni nel nuovo millennio, una fascia di età cruciale per comprendere l’evoluzione della società e della Chiesa italiana nel breve/medio periodo. Paola Bignardi, membro del consiglio di Amministrazione dell’Istituto Toniolo e già presidente dell’Azione Cattolica Italiana, illustra qui i principali tratti distintivi di questa generazione, mettendo in evidenza l’importanza per chi ha responsabilità educative di conoscere il mondo giovanile oltre gli stereotipi con cui spesso lo si interpreta: «Anche nella relazione con i giovani, soprattutto quando è intessuta di responsabilità educativa, il conoscere induce a interrogarsi, a cercare nuove risposte, soprattutto ad affinare la capacità di ascolto e il desiderio di approfondire ciò che si è compreso, a mettere in campo nuove progettualità. Conoscere non ci lascia come prima, qualunque sia la responsabilità che abbiamo, come genitori, docenti, pastori, educatori».
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.