La crisi dell’editoria cattolica, in specie quella teologica, e l’annunciata chiusura di prestigiose riviste segnalano un dato che merita considerazione: nella Chiesa si legge sempre di meno. Mons. Giacomo Canobbio, docente di Teologia sistematica alla Facoltà teologica di Milano, riflette qui sull’importanza della lettura nella vita presbiterale, cercando di comprendere come lo spirito dei tempi e le mutate condizioni di esercizio del ministero inducano a ridurre i tempi distesi necessari a una proficua pratica di lettura e meditazione. L’intervento auspica vivamente qualificati tempi di formazione nella vita del prete. L’autore sostiene la necessità di non arrendersi alla semplificazione delle argomentazioni e al linguaggio evocativo e di facile effetto, non perché i preti debbano diventare tutti intellettuali, «bensì intelligenti, cioè persone che pensano, si interrogano, ricercano» e difendono con caparbietà le occasioni di ritiro in sé: «Avere cura di sé non è negazione di passione apostolica; è piuttosto riattingere il significato di quanto si sta facendo dedicando tempo a qualcosa che sollevi lo spirito e non soltanto mediante il riposo fisico e mentale, bensì mediante l’apprendimento di stili di esistenza che solo dai grandi spiriti si può ottenere».
Il prossimo 8 dicembre si aprirà il Giubileo straordinario, indetto da papa Francesco per favorire nei credenti «un vero incontro con la Misericordia di Dio». Il tema, centrale nel magistero papale, viene identificato come sintesi del messaggio evangelico e tratto più qualificante del messaggio di Gesù. Giuseppe Angelini, noto teologo e docente di Teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, prende in esame la complessità delle risonanze che la misericordia genera nell’odierno quadro civile, povero di riferimenti culturali capaci di dare figura a una realistica pratica di quella virtù. Oggi infatti sembra prevalere una percezione emotiva della misericordia, ben diversa da quella intesa dalla rivelazione biblica. Il penetrante studio di mons. Angelini mette in guardia da questo potenziale fraintendimento e sostiene la necessità di andare oltre il profilo emotivo della misericordia per coglierne la dimensione morale e virtuosa: essa è «un modo di volere, e non soltanto un modo di sentire».
L’intervento del card. Marc Ouellet – prefetto della Congregazione per i vescovi – si sofferma su un aspetto del dibattuto tema dell’accesso all’Eucaristia per i divorziati risposati. L’argomento, come noto, è tra i principali oggetti di discernimento da parte del Sinodo sulla famiglia, in corso mentre questo fascicolo va in stampa. La valorizzazione della comunione spirituale, afferma il card. Ouellet, da un lato consente di tener fermo il legame tra alleanza coniugale indissolubile e significato nuziale della comunione eucaristica, dall’altro verrebbe incontro al caso di «molte persone che conservano nel loro cuore un desiderio intenso dei sacramenti espresso dalla loro partecipazione attiva alla vita della comunità. È importante accompagnarle e far loro scoprire il valore positivo della loro unione a Dio e della loro testimonianza sacramentale, imperfetta ma autentica».
Il cammino della Chiesa italiana, che nel suo appuntamento di metà decennio si ritrova a Firenze per riflettere sul nuovo umanesimo (9-13 novembre 2015), sollecita a interrogarci su quale ‘spirito umanistico’ soffi nel nostro tempo. Oggi infatti il significato di umanesimo non appare più scontato, univoco e condiviso, soprattutto guardando allo scenario europeo. Se è importante riflettere su come nell’ambito italiano – ecclesiale, sociale e culturale – si affronta la prospettiva di un nuovo umanesimo incentrato su Gesù Cristo, non meno rilevante è considerare tale questione nel contesto europeo. L’articolo di mons. Claudio Giuliodori (Assistente generale dell’Università Cattolica) si proietta su un orizzonte più ampio e forse, per molti versi, non meno pregnante, se si considerano le sfide radicali con cui ci stiamo misurando oggi e con cui dovremo sempre più confrontarci in futuro. Il testo cerca, in primo luogo, di capire come la questione dell’umanesimo si configuri oggi nel contesto europeo. In un secondo momento l’Autore offre alcuni spunti per vedere come tale orizzonte europeo possa arricchire la riflessione che si sta sviluppando attorno al Convegno ecclesiale di Firenze, sebbene i lavori siano orientati più che a un’analisi dei contenuti dell’umanesimo a un confronto di taglio esperienziale.
L’articolo di A. Join-Lambert, Verso parrocchie ‘liquide’? Nuovi sentieri di un cristianesimo ‘per tutti’, apparso sul numero di marzo della Rivista e rilanciato da una pagina di «Avvenire» del 27 maggio, ha toccato un argomento di grande rilevanza per chi vive il ministero in un contesto urbano ed è alle prese con le problematiche ecclesiali poste in luce da quelle riflessioni. Don Augusto Bonora, sacerdote milanese e parroco ‘di periferia’, provocato dalle tesi di quell’intervento sul futuro della parrocchia, interloquisce con esse, apprezzandone i guadagni, ma proponendo anche dei correttivi alla luce di una ripresa del magistero pastorale degli ultimi tre vescovi milanesi, caratterizzato dal riferimento ai diversi modelli della Chiesa apostolica. Pubblichiamo volentieri questo suo dialogo-approfondimento con il testo di A. Join-Lambert che anzitutto richiama in modo chiaro la vocazione originaria della rivista: essere uno strumento di formazione dentro la Chiesa italiana, attraverso il dibattito e la riflessione condivisa. Tutti gli articoli pubblicati sono un invito al pensiero, uno stimolo all’approfondimento, all’immersione nella realtà, per leggerla oltre la superficie, in modo libero. In secondo luogo, la riflessione di don Augusto consente di fare passi avanti nella messa a fuoco delle trasformazioni dello strumento che più di ogni altro ha contribuito (e contribuisce ancora) a costruire il volto del cattolicesimo italiano: la parrocchia. La rivista si è dedicata nel corso dei decenni al monitoraggio e allo studio di questi cambiamenti. Vediamo perciò nelle rifl essioni di don Augusto l’invito ad allargare il numero delle vociche intendono assumersi il compito di osservare, studiare e raccontare la trasformazione in atto. Il prof. Join-Lambert, teologo pratico, si è mostrato molto interessato al dibattito che si apre, convinto che solo facendo marciare il più possibile unite osservazione e riflessione si possono cogliere veramente le trasformazioni che stanno toccando in modo radicale le forme istituite del cristianesimo nel mondo occidentale. Le riflessioni di Join-Lambert e di don Bonora ci confermano che è la Chiesa cattolica nel suo insieme a essere impegnata in un forte lavoro di trasformazione della propria presenza tra la gente e dentro la società: le Chiese più giovani lavorano per dare contenuto a parrocchie spesso molto vaste ed estese, animandole con lo strumento che, a seconda dei contesti, assume il me di ‘comunità ecclesiali di base’ oppure di ‘piccole comunità cristiane’, con lo scopo dichiarato di favorire la costruzione di luoghi di vita cristiana capaci di sostenere meglio la fede di chi ne fa parte e di irradiare con la loro testimonianza lo spazio sociale. Le nostre Chiese con radici più antiche lavorano alla revisione dei loro reticoli parrocchiali, gestiti con sempre maggior fatica a seguito della diminuzione del clero e della pratica cristiana. L’intenzione dichiarata è di evitare che simili operazioni si trasformino in procedure amministrative e burocratiche e abbiano un effetto indotto non voluto: che le Chiese locali alla fine si chiudano su loro stesse, troppo occupate da problemi di carattere gestionale. Ci si attende ancora molto dalla parrocchia, e da una sua riconfigurazione: restare la più capillare porta d’ingresso alla fede cristiana e all’esperienza ecclesiale; diventare centri di irradiazione e di testimonianza dell’esperienza cristiana, sentinelle capaci di ascoltare le persone e i loro bisogni, luoghi in cui poter nutrire e rafforzare la propria fede. Pur ormai in contesti di minoranza (come il nord Europa) o di forte trasformazione culturale oltre che sociale (come a Milano), la Chiesa non può perdere la sua capacità di restare accanto alla vita quotidiana delle persone, per annunciare da quel luogo il messaggio vivificante del Vangelo. La Chiesa ha bisogno anche oggi, dentro la varietà delle sue figure, di non perdere il volto di Chiesa ‘domestica, popolare’. Lasciamo che sia la riflessione di don Augusto ad accendere le nostre domande.