Don Maurizio Gronchi (sacerdote pisano, docente di Cristologia presso la Pontificia Università Urbaniana e consultore della Congregazione per la dottrina della fede) affronta in modo insieme garbato e diretto un tema che molto ha a che fare con la problematica della presenza delle donne nella Chiesa. La riflessione evita intenzionalmente i rischi di astrattezza di un approccio immediatamente teorico o spirituale; propone invece alcune considerazioni tratte dall’osservazione dell’esercizio quotidiano del ministero, poiché è proprio lì che il sacerdote entra in relazione reale con le figure femminili. A procedere da questa impostazione, gli esempi e le generalizzazioni proposte dall’autore fungono semplicemente da indicatori di direzione, finalizzati a provocare un pensiero, invitare a un miglior discernimento, suggerire questioni da approfondire: «Qui non s’intende proclamare alcun vangelo della relazione prete-donna, ma soltanto identificare un terreno da dissodare e coltivare, per meglio lasciar fiorire la bellezza del dono della reciprocità antropologica inscritta nella creazione, che qui assume particolare colorazione».
Non sono poche le diocesi in cui si sono tentati esperimenti interessanti per provare a ridisegnare l’itinerario dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e l’accompagnamento catechistico a esso legato. Tuttavia possiamo parlare di un vero e proprio ‘rompicapo’ perché ogni modifica all’attuale prassi comporta la revisione di un motivo teologico che ha contribuito alla sua strutturazione, motivo in sé valido. L’articolo di don Manuel Belli (insegnante di Teologia dei Sacramenti presso la Scuola di teologia del Seminario di Bergamo), muovendo dalla situazione italiana, non intende proporre nuovi esperimenti pastorali, ma analizza la questione delle variabili che sono in gioco, provando a enunciare una prospettiva di ricerca. La complicatezza della situazione è dovuta al fatto che la modalità con cui oggi nella stragrande maggioranza delle Chiese italiane si vive l’iniziazione cristiana ha delle buone ragioni, e ogni tentativo di revisione ha anch’esso delle buone ragioni: ma, nonostante tutto sia mosso da ‘buone ragioni’, è difficile far convivere le varianti in gioco, tanto che optare per una comporta l’esclusione dell’altra.
Il testo di Luciano Manicardi, monaco della comunità ecumenica di Bose, introduce al celebre brano lucano del Nunc dimittis nella modalità di una intensa meditazione più che in quella di uno studio esegetico. La breve pericope evangelica è fatta oggetto di una penetrante lettura, che mette in risalto i delicati tratti spirituali di Simeone, uomo anziano e prossimo alla morte, ma anche uomo che ringrazia, benedice e prega, riconoscendo la presenza salvifica di Dio in un bambino nato da poco. Simeone diviene così l’emblema del «kalógheros, l’anziano “bello”, scavato e plasmato da una vita di obbedienza, di fede», figura riconciliata con la morte, che sa pregare davanti a essa, non spinto dall’angoscia, bensì dalla riconoscenza di chi ha saputo cogliere la gratuità del dono e la fedeltà di Dio, conservando la freschezza di saperlo vedere nella semplicità di un bambino. La figura di Simeone propone così molti motivi di riflessione sui modi del ben invecchiare, suggerendo i tratti di una saggia spiritualità dell’età anziana.
Ricorre quest’anno il quinto centenario della nascita di san Filippo Neri, figura di straordinaria importanza nel panorama della spiritualità e dell’apostolato sacerdotale del XVI secolo. L’interessante studio di Francesco Bustaffa (studioso del Cinque-Seicento romano e, in particolare, dell’ambiente filippino) procede oltre le semplificazioni dell’agiografia popolare, anche recenti, proponendo un attendibile profilo biografico del santo e, soprattutto, ricostruendo la fi sionomia dell’Oratorio nei suoi diversi aspetti spirituali, formativi e pastorali. Il suo influsso si è esteso nei secoli successivi trovando grandi estimatori, tra cui Rosmini, Newman, Gaudì, Guardini. In questa rievocazione è possibile cogliere anche un ideale umano e sacerdotale, riconoscibile come tipicamente ‘filippino’, di indubbia e provocatoria modernità.
Le recenti stragi terroristiche di matrice islamica e le massicce persecuzioni subite dai cristiani in Medio Oriente (ma non solo) hanno suscitato nella nostra opinione pubblica serio allarme e preoccupate domande a proposito dell’islam e del suo rapporto con la violenza. Abbiamo chiesto a Riccardo Redaelli (ordinario di Geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano) di delineare l’attuale quadro geopolitico del Medio Oriente, il cui assetto è stato profondamente destabilizzato in seguito all’invasione americana dell’Iraq prima e dalle cosiddette primavere arabe poi, fino all’affermazione dell’ISIS. All’interno di questa cornice è possibile comprendere con maggior cognizione di causa quanto sta succedendo nel mondo islamico e, più in particolare, quanto pesi il fattore politico sulle questioni più propriamente religiose.
La prossima apertura di Expo 2015 (su Nutrire il pianeta, energia per la vita), ma anche il successo televisivo dei numerosi talent show dedicati alla cucina, sono l’occasione per riprendere la peculiare visione che la fede cristiana ha del cibo. Non a caso la stessa Santa Sede sarà presente a Milano con un proprio padiglione per offrire ai visitatori uno spazio di riflessione, ispirato dal detto di Gesù: «Non di solo pane vive l’uomo…». Proprio da queste parole prende avvio il contributo di Silvano Petrosino, docente di Filosofi a morale presso l’Università Cattolica di Milano, proponendo una riflessione antropologica che evita la giustapposizione fra ‘pane’ e ‘Parola di Dio’, per evidenziare l’intrinseco significato spirituale ed etico che il cibarsi ha per gli uomini: «Non si tratta di opporre il pane allo spirito, ma di riconoscere e vivere il pane come segno dello spirito. Da questo punto di vista la carità è forse la forma più aperta di apertura, forse essa è il solo luogo all’interno del quale lo stesso pane, nel movimento che lo porta verso la bocca dell’altro, si trova trasformato in spirito».
Sabato 16 dicembre presentazione di "Le fiabe non raccontano favole" di Silvano Petrosino a Verona: diventare donna attraverso Cappuccetto Rosso, Biancaneve e Cenerentola.
Mercoledì 6 dicembre a Pesaro presentazione di "Dalla metafisica all'ermeneutica" a cura di Piergiorgio Grassi, volume dedicato al filosofo della religione Italo Mancini.