L’intensa riflessione di José Tolentino Mendonça, poeta e biblista portoghese, vice-rettore dell’Università Cattolica di Lisbona, propone un’interpretazione suggestiva della notissima parabola lucana e del tema della misericordia. Alla base della sua lettura sta un’originale visione del linguaggio delle parabole: forme di comunicazione – specchi – capaci di operare cambiamenti, dare scosse, instaurare crisi dell’immagine di sé. Questa angolatura interpretativa permette di cogliere nel testo di Luca una provocazione nei confronti del lettore, innescando un confronto con la dimensione di eccesso propria della misericordia. Risalta così il messaggio della parabola, che proclama la misericordia come «l’arte necessaria a salvare la vita», «cammino che tutti dobbiamo apprendere», senza timore di evitare l’eccesso, anche quando ciò comporta dire dei ‘sì’ non scontati, che dischiudono il cammino di una vita nuova.
Obiettivo di questo articolo è mostrare come la malattia fisica o psichica e la disabilità non sono un problema ‘marginale’ nella prassi sacramentale ‘ordinaria’ bensì una salutare provocazione verso l’intera comunità per una comprensione più profonda dei sacramenti. La riflessione di don Manuel Belli, docente di Teologia dei Sacramenti presso la Scuola di teologia del Seminario di Bergamo, raccoglie senza infingimenti gli interrogativi che gli uomini e le donne che vivono il proprio essere persona nella forma della disabilità sollevano nei confronti delle prassi pastorali e liturgiche delle comunità cristiane. La loro presenza porta infatti a mettere in questione una tradizione celebrativa che da un lato privilegia la dimensione intellettuale rimuovendo di fatto la centralità della dimensione rituale, dall’altro è attenta soprattutto alle condizioni di validità del sacramento, dimentica dell’importanza di quanto ‘è più che necessario’ per la ricchezza della celebrazione. Insomma, «la disabilità provoca lo stile celebrativo della comunità, e una comunità che non sa celebrare a misura di disabile, forse non è in grado di celebrare veramente, perché veramente non si è compreso che “intelligenza” deve necessariamente essere detto al plurale. Modulare l’intelligenza dell’uomo sul puro aspetto contenutistico non è che una riduzione».
Quando a un sacerdote si seccano le lacrime, c’è da preoccuparsi. Le lacrime infatti sono segno di vera umanità, espressione di forza piuttosto che di debolezza, condivisione dei ‘sentimenti di Cristo Gesù’. La loro assenza è sintomo di quella durezza del cuore che sempre costituisce un rischio reale per l’uomo religioso. Il contributo di don Luca Saraceno, parroco della diocesi di Siracusa, già rettore del locale santuario della Madonna delle Lacrime, propone attraverso l’immagine e l’esperienza delle lacrime un’approfondita riflessione di spiritualità sacerdotale. Lungi dal relegare la questione alla sfera emotiva, l’autore interpreta il pianto del presbitero come «dimensione necessaria per il buon funzionamento del dono immeritatamente ricevuto», segno di quell’identità relazionale del prete che papa Bergoglio ha tratteggiato con cura nel suo discorso alla 69a Assemblea Generale della CEI quale carattere essenziale della sua vocazione.
A poco più di un anno dalla sua promulgazione, torniamo sulla Lettera enciclica Laudato si’ rileggendola alla luce della categoria dell’abitare. Don Bruno Bignami, sacerdote della diocesi di Cremona e docente di Teologia morale presso lo Studio Teologico Interdiocesano e l’ISSR di Crema-Cremona-Lodi-Vigevano, mette a confronto i modi oggi dominanti di vivere nella ‘casa comune’ del mondo con il principio dell’ecologia integrale proposto nel cap. IV dell’enciclica. Papa Francesco invita a pensare le diversità come connesse tra loro, ad abitare il mondo tenendo conto della fraternità come criterio etico delle scelte individuali. La riflessione dell’enciclica traccia così la via verso una società conviviale e capace di generatività. Non si tratta di astratte indicazioni di metodo. Piuttosto, secondo l’autore, «la Chiesa grazie a Laudato si’ si è già dotata di un sensore speciale in grado di riconoscere gruppi, persone, cooperative, movimenti sociali capaci di costruire valida alternativa al modello consumistico», disponendola così ad attivare processi, ad aprire cantieri che sperimentino un nuovo modo di abitare la casa comune .
Don Alberto Carrara, parroco e già delegato vescovile per la cultura e gli strumenti di comunicazione sociale della diocesi di Bergamo, parla in questo breve saggio letterario della relazione amorosa, proponendo un interessante contrappunto fra visione romantica e visione ‘realistica’, agapica, dell’amore. Mentre la prima vive (e muore) del carattere infelice e irrealizzabile dell’amore, la vicenda dei due promessi sposi «non è una fuga fuori dalla storia, ma un tentativo di viverla sensatamente, con i suoi mali e la fede che li raddolcisce». La nota offre così un esempio pastoralmente utile per illustrare la differenza tra il mito dell’amore romantico, a cui si alimenta la retorica dominante, e la concezione cristiana dell’amore .
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.