Torniamo sul tema del prossimo Sinodo generale dei vescovi con un originale e interessante studio di don Sergio Massironi, sacerdote della diocesi di Milano, che aiuta a meglio comprendere il profilo antropologico dei giovani contemporanei, interpretato in relazione agli effetti del cambiamento d’epoca che tanto incidono sulla loro percezione di se stessi e della realtà. La riflessione segue un metodo di discernimento legato all’icona biblica dell’entrata di Gesù a Gerusalemme e si mantiene volutamente su un registro di continue aperture e suggestioni, finalizzato più a dilatare gli orizzonti di comprensione che a stringere su conclusioni pastoralmente utilizzabili. L’esercizio si rivela di grande interesse e aiuta a meglio intuire come oggi le nuove generazioni vivano alcuni importanti nodi esistenziali quali la singolarità coltivata, la complessità accolta, la libertà stimata, i legami interpersonali anteposti alle ragioni istituzionali: legature antropologiche in relazione alle quali anche oggi l’evangelo può essere annunciato, compreso e assunto esistenzialmente.
Don Mario Antonelli, docente di Teologia fondamentale presso il Seminario della diocesi di Milano, propone qui la seconda parte del suo saggio sulla figura del prete nell’insegnamento di papa Francesco. Dopo aver tratteggiato nella prima parte dello studio gli aspetti fondanti della teologia presbiterale, approfondisce qui alcuni tratti caratterizzanti il concreto profilo ministeriale del prete. Dall’analisi dei testi papali prende forma un ritratto spirituale del prete, sintetizzabile con le concrete cifre antropologiche dello sguardo, del cuore e dell’ascolto. Così «la figura di prete che il papa ritrae nel suo essere “in tensione” non si dissolve in una improbabile stilizzazione teorica né va a incentivare volontarismi del tutto sconvenienti alla complessità del ministero sacerdotale». Un ritratto che invita il prete a «lavorare secondo la pazienza di Dio, amando la storia, rifuggendo l’ossessione di risultati immediati e preoccupandosi di attivare dinamiche, non di occupare spazi».
Il tema della riforma della Chiesa è stato riportato con forza all’attualità dall’azione di papa Francesco. Si tratta di un dinamismo connaturale alla stessa istituzione ecclesiastica, segno della sua costante ricerca di fedeltà alla propria origine e alla propria missione. Il saggio di Philippe Chenaux, storico di origine elvetica e titolare della cattedra di Storia della Chiesa moderna e contemporanea presso la Pontificia Università Lateranense, presenta la particolare sensibilità con la quale Paolo VI ha interpretato la necessità di rinnovamento della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II in particolare attraverso la riforma della liturgia e della Curia romana. Attraverso di essa si è avviata una «traduzione istituzionale dell’idea conciliare di una Chiesa in dialogo con il mondo e al servizio dell’uomo».
Al termine delle celebrazioni del quinto centenario della Riforma, che ne ha ripreso e approfondito in molte direzioni il significato, si propone l’interrogativo su che cosa resti oggi e che cosa debba restare del pensiero di Martin Lutero e della visione che ha ispirato il suo progetto di riforma. Don Angelo Maffeis, docente di Storia della teologia moderna alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, propone qui un accurato bilancio sulla base di un duplice presupposto interpretativo: anzitutto «la consapevolezza della complessità del fenomeno storico ed ecclesiale della Riforma sconsiglia giudizi manichei»; in secondo luogo occorre «apprezzare l’intenzione positiva della Riforma prima di metterne in luce i limiti». Così collocati, superando un’interpretazione polemica della Riforma, i temi e le esigenze che stavano a cuore a Lutero appaiono proposti «con la forza e la radicalità che, secondo il giudizio dei Riformatori, la situazione ecclesiale richiedeva. Ma sono segnati al tempo stesso da una polemica che, non di rado, ha dato alla posizione della Riforma un tratto unilaterale e le ha impedito di recepire istanze di segno opposto non prive di legittimità».
A poco meno di due anni dalla pubblicazione di Amoris Laetitia, testo ricco di istanze pastorali e spirituali innovative, è sembrato utile proporre ai lettori una recensione dei diversi modi con cui il documento è stato recepito nel nostro Paese. Abbiamo chiesto di tracciarne un quadro a don Paolo Gentili che, in qualità di Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale familiare della Conferenza Episcopale Italiana, dispone di un osservatorio privilegiato su quanto è stato realizzato nelle diocesi italiane. La sua nota mette in luce un movimento pastoralmente variegato e ricco, segno di un’accoglienza positiva e creativa dell’Esortazione, in cordiale corrispondenza al desiderio di Francesco di ridisegnare una Chiesa sempre più aperta e attenta alle concrete difficoltà che oggi incontra il desiderio di costruire un amore duraturo e fecondo.